Ospedali, i cantieri infiniti
nel Piemonte senza medici

Ospedali, i cantieri infiniti nel Piemonte senza medici
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 12 Agosto 2020, 09:17 - Ultimo agg. 14:11
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«Scusate il ritardo» dice il cartello all'ingresso. Lo ha voluto il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, quando un mese fa, dopo un'attesa di 24 anni dai primi finanziamenti, è finalmente entrato in funzione l'ospedale sulla collina di Verduno in provincia di Cuneo. Un capitolo di attese, speranze, interruzioni, con la spinta decisiva di una fondazione privata chiamata «Nuovo ospedale Alba-Bra» voluta 12 anni fa da professionisti e imprenditori di Alba, la patria del tartufo e di molte aziende vinicole.

IL PROGETTO
Verduno è nelle Langhe, patria dei racconti di Pavese e Fenoglio, i comuni di Alba e Bra avevano un piccolo ospedale ciascuno. Due strutture insufficienti che ora la Regione ha messo all'asta al costo iniziale di poco più di 21 milioni. È il 1994, dopo l'alluvione nelle Langhe, che si pensa a un solo grande ospedale. Un progetto di nove piani con tre bracci, approvato nel 2005. È in alto, perchè a valle si temevano le alluvioni, in una zona che nel piano regolatore veniva però indicata come «non edificabile, salvo opere di interesse pubblico non diversamente ubicabili».

Si pensa in grande, con un ospedale da 550 posti letto. I costi previsti erano di 114 milioni più Iva, ma la Regione mette le mani avanti: può stanziare solo 97 milioni e per questo si trova la formula del cofinanziamento privato del 15 per cento, di cui si sarebbero fatti carico le imprese incaricate di realizzare la struttura.
La prima pietra dell'ospedale viene messa nel 2006. Due anni dopo nasce la Fondazione privata, oggi presieduta da Bruno Ceretto, imprenditore del vino ad Alba. Lo scopo della Fondazione è «contribuire a rendere il nuovo ospedale pubblico un esempio di eccellenza». La Fondazione ha 58 soci e raccoglie donazioni. Ma il cantiere dell'ospedale, nel mezzo di vigne, casali, castelli e noccioleti, si blocca nel 2011, lasciando un massiccio scheletro di cemento armato e strutture in vetro e metallo. La sospensione dura due anni, bloccata da debiti con le imprese che la Regione Piemonte, allora presieduta da Roberta Cota, non salda. Per rimediare, vengono stanziati all'inizio solo 16 milioni e mezzo. Pochi. E ne arrivano altri 8 nel 2012, con l'annuncio entusiasta del nuovo presidente della Regione. Enzo Ghigo: «L'ospedale verrà aperto nel 2016».

I DUBBI
Molti erano stati i dubbi sulla scelta dell'area, ma lo studio Aymeric Zublena di Parigi, che aveva vinto la gara per la progettazione, cercò di scioglierli tutti. Il suo progetto diventa esecutivo nel 2004. L'anno dopo, arriva l'assegnazione dell'appalto alla Mrg Verduno, gruppo Maire Tecnimont spa di Roma, con sede operativa a MIlano, che si impegna a cofinanziare il progetto con 15 milioni e affida l'esecuzione a un'associazione temporanea di imprese, di cui fanno parte la Matarrese di Bari, la Sermeca e la Olicar di Bra. In cambio del cofinanziamento, che lieviterà a 17 milioni e mezzo, la Maire Tecnimont avrà la gestione dei 500 metri quadrati di spazi commerciali interni, uniti alla manutenzione e alle forniture di servizi stimati del costo di 180 milioni in 20 anni. Gli ostacoli non sono pochi, a cominciare dal terreno franoso. Per evitare problemi sono necessari 900 pali in cemento larghi 1,80 metri e profondi 30, più una diga di cemento armato lunga 260 metri. Il tutto costa 15 milioni, che contribuiscono a far saltare il banco delle previsioni iniziali. Le imprese chiedono 60 milioni in più, ne vengono riconosciuti 12 ma il costo dell'opera lievita a 156 milioni includendo gli espropri. Risultato: fallisce l'impresa Olicar e rischia la Matarrese. Ma con il contributo dei fondi raccolti dalla Fondazione Nuovo ospedale, che ha finora raggiunto 23 milioni e 764.985mila euro, con poco più di 17 milioni già spesi, i lavori riprendono nel 2015. Commentò il direttore generale della Fondazione, Luciano Scalise: «Siamo il solo esempio di onlus privata che sostiene un ospedale pubblico». I soci sono benefattori appartenenti all'imprenditoria e al mondo delle professioni cuneense: oltre alla famiglia Ceretto, anche Franco Miroglio industriale tessile, o Oscar Farinetti della catena Eataly e Unieuro.

Alla fine, tra tira e molla, rischi di smottamento e recupero di fondi, all'ospedale viene dichiarata a settembre la conclusione dei lavori. La consegna dell'opera avviene alla Regione due mesi dopo, con l'annuncio dell'apertura per il 2020. Sono passati 26 anni dai primi annunci del progetto e le proteste di ambientalisti e geologi sui pericoli del terreno franoso non si sono mai interrotte. Dice Orlando Costagli, il geologo incaricato di certificare la solidità dell'area: «Mi rifiutai, non potevo cambiare le carte dell'Autorità di bacino che segnano la zona in dissesto». Undici piani, più di 100mila metri quadri, posti letto ridimensionati a 350 rispetto ai 550 previsti all'inizio, il cuore dell'ospedale nei reparti al piano terra. L'inaugurazione informale si tiene l'undici maggio di quest'anno, poi l'apertura il mese scorso, dopo 26 anni e una spesa totale di 200 milioni.

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VALLE BELBO
Per un ospedale aperto dopo 26 anni ce ne è un altro che in Piemonte aspetta da tredici anni. È l'ospedale di Valle Belbo nel comune di Nizza Monferrato in provincia di Asti. I costi iniziali previsti erano di 49 milioni e 300mila euro, scesi poi nel 2009 a 39 milioni e 700mila euro. È in quello stesso anno che vengono aggiudicati i lavori alla Ruscalla spa, che va avanti fino al 2015 quando il contratto viene sciolto dalla Asl di Asti in maniera unilaterale e inizia un contenzioso con la Regione. Il tema è sempre lo stesso: i pagamenti in ritardo e le difficoltà della ditta ad andare avanti, con il rischio fallimento. E due anni fa, l'ospedale di Valle Belbo risultava inserito nell'elenco «opere incompiute», tanto da spingere la Regione a stanziare dieci milioni per la ripresa dei lavori. Un anno dopo, il cantiere riapre con una previsione di spesa di 28 milioni e data di consegna per il 2022. Sono undici anni in più rispetto alla data che era stata prevista quando il progetto era stato avviato. Per ripartire, la Asl di Asti si accorda con la Ruscalla, la risarcisce con due milioni e mezzo per i ritardi e le riaffida il cantiere. Il nuovo annuncio, quello più recente, parla di conclusione dei lavori possibile per gli inizi del 2023. Impegni che il sindaco di Nizza Monferrato, Simone Nosenzo, e il commissario della Asl di Asti, Giovanni Messori Ioli, si sono sentiti di sottoscrivere.

Ma il vero quesito, ancora irrisolto, riguarda le funzioni e la grandezza dell'ospedale che, nato come opera ambiziosa, si è perso per strada. Le nuove proposte sembrano eliminare le sale operatorie, sostituite da ambulatori chirurgici. «È in ballo il futuro sanitario della Valle Belbo» dice il sindaco Nosenzo. Lo scheletro in cemento armato dell'ospedale è pronto dal 2014 e i costi finali ora stimati parlano di 43,5 milioni di euro. Una struttura moderna che dovrebbe sostituire il vecchio Santo Spirito di Nizza Monferrato, che venne realizzato in un ex convento del 600. A sud di Asti non esistono altre strutture sanitarie. Dice ancora il sindaco: «Abbiamo un ospedale vecchio, con problemi strutturali, il nuovo va realizzato in fretta». E gli fa eco il presidente della provincia di Asti, Paolo Lanfranco: «Dovremmo prendere l'esempio dai tempi del ponte di Genova.

Il territorio astigiano ha bisogno di due presidi ospedalieri, una nella città di Asti e l'altro nell'area a sud». Hanno scritto una lettera di sollecito alla Regione. Tredici anni di attesa, interruzioni, ripensamenti sembrano davvero troppi per un ospedale annunciato.

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