Roma, il clochard che usa le sue mance per verniciare il cavalcavia: «Così aiuto la comunità»

Ion Popescu, romeno senza fissa dimora, a 54 anni si è dato da fare per aiutare la collettività e sistemare quello che è un bene di tutti

Popescu, romeno senza fissa dimora
Popescu, romeno senza fissa dimora
di Mirko Polisano
Giovedì 12 Gennaio 2023, 10:00
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«Un lavoro? Grazie, ma prima devo finire di dipingere questo ponte». Risponde così Ion Popescu, romeno senza fissa dimora che a 54 anni si è dato da fare per aiutare la collettività e sistemare quello che è un bene di tutti. Una storia che tocca le corde dell'anima e che arriva da Ostia, quartiere sul mare di Roma che sa donare alle cronache anche il bello di una comunità che non vuole e non merita di essere raccontata per il brutto della malavita. Ion è uno degli eroi di questa favola metropolitana. Per tutti è Giovanni, così è stato ribattezzato dagli abitanti del quartiere, che lo hanno adottato da quando si è rimboccato le maniche per dare decoro al cavalcavia della stazione Lido Centro che era in uno stato di abbandono e degrado.

«Ho cominciato a lavare le scale - racconta con un pizzico di soddisfazione in un italiano pronunciato con il suo accento dell'est-Europa - e la gente mi lasciava qualche mancia, io con quei soldi compravo i detersivi e tutto è iniziato a profumare.

Poi, ho visto che la cosa funzionava e che se facevi qualcosa di buono e qualcosa per gli altri, alla fine il bene ti sarebbe ritornato. Ma mai mi sarei aspettato così tanto affetto. Questo ponte era tutto arrugginito e ho così ho deciso di riverniciarlo. Con i soldi delle offerte ho preferito non comprare cibo per me, ma barattoli di acquaragia, pennelli e colori. Più avanzavo con il lavoro, più la gente mi lasciava soldi per il materiale e io ora spero di finirlo questo ponte». 

I lavori avanzano e un lato del cavalcavia è quasi terminato. Resta un'altra metà. Ma Ion è fiducioso. Riesce a donare perfino un sorriso ai pendolari della Roma-Lido che attraversano quel ponte per andare a prendere il treno, prima di imbattersi in ritardi, corse saltate e ritardi quotidiani. «Sono qui tutte le mattine, la gente mi vuole bene. C'è anche chi mi ha offerto un lavoro, ma al momento ho rifiutato, prima devo finire questo ponte. Se non lo faccio io chi lo fa?». Il Municipio? Neanche a parlarne. Se non fosse stato per l'opera di volontariato di Ion, l'ultimo intervento da parte dell'amministrazione risale al 2006, eccezion fatta per un'azione di messa in sicurezza dopo alcuni crolli avvenuti lo scorso anno. «Ion o, come lo chiamiamo noi cittadini del quartiere, Giovanni - dice Gianluca Poscente, residente della zona - ha fatto un regalo alla città. Paradossale che una persona che dorme in un camper faccia con l'aiuto di cittadini quello che in decenni nessuna amministrazione, di tutti i colori politici, ha mai fatto. Ora servirebbe mettere sui gradini di travertino delle strisce antiscivolo perché quando piove quel ponte è molto pericoloso per chi scende le scale e scivolando rischia di farsi male. Spero che almeno questo il Comune lo faccia». «Per questo mi sono dato da fare - continua Ion - e molti apprezzano quello che faccio. Una signora mi ha chiesto di poter lavorare presso il suo stabilimento e sistemarle le cabine, alcune danneggiate dal maltempo, altre distrutte dall'erosione. Ma le ho detto di aspettare, non è tempo ancora di lavorare il legno e poi io devo finire il ponte! Anche altre persone mi hanno offerto piccoli impieghi: c'è chi mi ha chiesto di ridipingere le mura di casa, chi vuole che mi metta a sistemargli le ringhiere dei balconi. Ma a tutti dico la stessa cosa». 

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Una passione quella di Ion che gli ha permesso di incontrare tante belle persone: «Mi chiamano Giovanni - prosegue - e a me va bene così. Sto in Italia dal 2004 e mi sento italiano anche io». Una storia particolare la sua. Arrivato a Roma da Craiova per sostenere la sua numerosa famiglia con quattro figli: «Due ora sono in Inghilterra - racconta un po' emozionato - uno in Germania e un altro vive qui a Roma. Io vivo in camper, ho perso il lavoro dopo un infortunio e ora mi arrangio. Vado alla Caritas a mangiare, non spendo i soldi delle mance e delle offerte, preferisco usarli per comprare le vernici che non costano poco. Con la crisi sono aumentate anche queste». La pausa per lui è quasi finita: «Scusate devo rimettermi al lavoro - si congeda con un sorriso - e non posso perdere tempo perché poi mi chiedono sempre: ma quando finisci?». E cosa rispondi? «Signori, io ho solo due mani», ride.

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