Prime verità sulla morte di Paciolla
in Colombia: ma l'autopsia non basta

Prime verità sulla morte di Paciolla in Colombia: ma l'autopsia non basta
di Maria Pirro
Domenica 22 Novembre 2020, 09:47 - Ultimo agg. 23 Novembre, 10:20
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Indica l'ora esatta della morte. La causa. Esamina le ferite procurate dal lenzuolo stretto al collo. I tagli sui polsi. Spiega com'è andata, nella notte tra il 14 e il 15 luglio, attraverso una nuova ricostruzione dei fatti, che presenta dettagli prima mai scoperti o taciuti, e pone con forza altri interrogativi. Perché l'autopsia eseguita a Roma non condivide, almeno per certi aspetti, le indagini fatte oltreoceano e rileva anche quello che manca e va ricercato per arrivare alla verità: i buchi nel sopralluogo nella casa, e negli accertamenti medico-legali, non così accurati, eseguiti sul corpo di Mario Paciolla in Colombia. Lì dove il corpo del ragazzo napoletano di 33 anni, cooperante delle Nazioni Unite, è stato trovato impiccato. Una messinscena o qualcuno - qualcosa - potrebbe averlo spinto?
L'autopsia, sintetizzata in un documento che martedì scorso è stato depositato in Procura, può rispondere, in parte, alle domande degli inquirenti. E lo fa partendo dagli elementi repertati, tra cui un coltello - e non repertati - all'interno dell'appartamento su due piani a San Vincente del Caguan, descrivendo una proprietà isolata, senza segni di violazione, o meglio chiusa, quando è stato dato l'allarme; è precisato tutto, nelle 300 pagine. Dando conferma di ciò che è accaduto intorno alle 2, ma risale alle 22.45 del 14 luglio l'ultima connessione su WhatsApp resa nota dalla sua amica giornalista, Claudia Julieta Duque, e alle 10 del 15 luglio la notizia è sui social.

 



Tanto resta da chiarire. E non basta, dunque, l'autopsia e il lavoro rigoroso portato avanti nel silenzio per tre mesi. Nella relazione, c'è qualche certezza ma è anche precisato che, almeno per certi aspetti, non si condividono le indagini realizzate oltreoceano, richiamando precisi protocolli internazionali come riferimento, che avrebbero permesso di raccogliere altri dati importanti. Durante il sopralluogo, non più ripetibile. E, andando oltre, disponendo esami più specifici, realizzati al Policlinico Umberto I, come la tac per valutare l'entità delle ferite. Aprendo così nuovi capitoli di indagine.
Resta il limite che studiare un corpo, già al centro dell'inchiesta a Bogotà, ovviamente, non è come intervenire la prima volta. Così come non lo è analizzare elementi che si consumano, tessuti e liquido biologico, a distanza di una decina di giorni: e, dai colleghi sudamericani, è ancora atteso l'invio di alcuni risultati. Un esempio per capire. La quantità di sangue, che si vede nelle foto scattate nella camera, è esclusivamente di Mario?

Le analisi necroscopiche, e non solo, rimandano ad altri approfondimenti, di tipo tecnico, già avviati da parte del pool di magistrati della Capitale, che richiedono la collaborazione delle autorità di Bogotà. Di certo, questa morte è più difficile da definire di altre avvenute in circostanze ugualmente misteriose, e il pensiero va subito a Giulio Regeni, di cui si è occupato lo stesso medico legale, Vittorio Fineschi (che ha eseguito pure l'autopsia per Pino Daniele), e lo stesso avvocato, Alessandra Ballerini, nominata dai familiari, insieme con il legale Emanuela Motta. Ma resta energica l'azione del procuratore capo Michele Prestipino, che ha voluto creare un pool dedicato al caso Paciolla: composto da tre magistrati, guidati dal sostituto procuratore Lucia Lotti, che hanno acquisito un enorme quantità di materiale.
Atti e testimonianze.

Come quella dell'ex fidanzata del giovane, che ha riferito l'angoscia e il sospetto di essere spiato. O quella di Christian Thompson, il contractor incaricato della sicurezza nella missione Onu, che ha trovato il cadavere. Non l'unico funzionario ascoltato. L'interazione è oramai quotidiana, in videoconferenza con le autorità sudamericane, che hanno aperto un fascicolo di indagine per «morte violenta», senza neppure lì poter escludere nulla, anche con l'autopsia eseguita in Colombia, che rileva una possibile compatibilità con il suicidio ma non si tratta di un verdetto. E la precisazione dice che, anche lì, il caso non è da considerarsi archiviato.



Preoccupato, esausto. Impegnato nel monitoraggio degli accordi di pace tra il governo colombiano e le forze armate rivoluzionarie, e quindi in situazioni già di per sé delicate. Stando a quanto riportato dal quotidiano «El Espectador», il 33enne assieme ai suoi colleghi aveva documentato anche un bombardamento in cui morirono sette ragazzini tra i 12 e i 17 anni reclutati dagli ex guerriglieri. Questo nell'estate 2019. E l'intera vicenda era già finita al centro di dossier e polemiche, culminati con un attacco diretto al ministro della Difesa, Guillermo Botero, nel novembre successivo costretto a dimettersi. Così la tragedia di Paciolla torna pure ad accendere lo scontro politico.
Il 33enne avrebbe dovuto tornare nella sua città con il biglietto aereo da poco acquistato e inserito agli atti del fascicolo. «Giustizia per Mario Paciolla», è il messaggio ripetuto in questi quattro mesi dai genitori, che non credono affatto all'ipotesi del suicidio, e fatto proprio dagli amici del Rione Alto e del resto del mondo. E la verità è invocata anche dal ministro degli Esteri, Luigi di Maio, da oltre 30 parlamentari. In testa Gennaro Migliore, Sandro Ruotolo, Erasmo Palazzotto, Paolo Siani, che hanno sottolineato il legame con la sua Napoli e anche come Paciolla sia stato un cittadino del mondo. Difficile prevedere, perché è coinvolto un altro Paese, e anche le Nazioni Unite (che hanno aperto una loro indagine), tempi, riscontri. Ma sviluppi sono attesi.
 

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