Pax quirinalizia già finita tra Aventino, scazzottate e chi si sgola: «Dittatura»

Pax quirinalizia già finita tra Aventino, scazzottate e chi si sgola: «Dittatura»
di Mario Ajello
Sabato 14 Febbraio 2015, 08:30 - Ultimo agg. 08:31
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​ROMA - L’immagine del vendoliano Giorgio Airaudo che salta sui banchi per andarsi a tuffare lì dove la rissa è più rissa, e il grand guignol neo-costituzionale è più pulp e insieme più dark visto che siamo nel cuore della notte a Montecitorio, resterà negli annali dell’Italia unita.



Ma non nella sezione iconografica grandi statisti (dove ci sono Cavour o De Gasperi) e neppure in quella che annovera la scena di culto nella quale si vede Giancarlo Pajetta, il «ragazzo rosso», che sradica un tavolinetto e lo lancia in faccia agli avversari. «Da allora - commenta su un divanetto del Transatlantico il saggio e pacioso Beppe Fioroni - i tavolinetti li hanno inchiodati in maniera che non si possono più staccare. Sennò, stavolta ne sarebbero volati a decine». Airaudo non è Pajetta: a ognuno il suo livello e poi lo storico esponente del Pci faceva baruffa con i democristiani e i fascisti e non risse tra «compagni» come queste di queste ore tra deputati di Sel e del Pd. E l’Aventino più pazzo del mondo, quello contro Renzi che «vuole farsi una nuova Costituzione su misura» e guidato da Brunetta ma in compagnia di grillini e Fratelli d’Italia e insieme ai vendolisti e ai leghisti a braccetto con gli ex M5S e tutti fuori dall’aula contro il «dittatore di Pontassieve», non sembra proprio parente stretto di quello celebre del 1924. E non solo perchè Matteo non è Benito ma neppure perchè Giovanni Amendola in quell’occasione non proclamò alla maniera di Brunetta ieri sera: «Faremo vedere al premier i sorci verdi!». E in parole così, oltre che negli atti muscolosi che le accompagnano, c’è il riassunto di una svolta repentina: dalla pax quirinalizia di pochi giorni fa all’esplosione delle inimicizie politiche e alla guerra civile simulata.





KATANGA

Avrebbe fatto vedere le stelle al katanga milanese Daniele Farina, deputato di Sel ed ex centro sociale Leoncavallo, il pugno sferrato dal dem laziale Minnucci, se quel colpo da boxeur fosse arrivato a destinazione. In quel caso però, l’infermeria di Montecitorio non si sarebbe fatta trovare sguarnita: la dotazione di borse del ghiaccio è stata triplicata nel pronto soccorso interno al Palazzo, di voltaren ce n’è in abbondanza (un tubetto da spremere sulla pelle ferita di qualcuno per ogni emendamento che passa o che non passa?) e comunque i due contusi dell’altra notte sono stati rimessi in piedi. Uno è Gianni Melilla, di Sel, che nel ring ha rimediato una botta alla mano e gli si è gonfiata. Un’altra, stesso gruppo e stessi «aggressoriiiii!» (gridano i vendolisti ai dem da cui si sono sentiti «violentati»), è Donatella Duranti: contusione alla spalla, braccio al collo e pomata anti-dolorifica. E la notte prima dell’Aventino di ieri è stata così faticosa che per sfogare la fatica si è fatto un po’ di wrestling d’aula - la commissione dei 75, ai tempi della Costituente si scambiava citazioni dotte di Calamandrei - e occhio all’accusa del sellerista Scotto: «Quando poi è arrivato alle due del mattino Renzi nell’emiciclo, abbiamo capito subito che era qui per incoraggiare i suoi. Come l’allenatore di una squadra di calcio». O di rugby?



LA PAX

Di fatto, ieri all’ora di cena, a risse finite ma ad Aventino in corso, in un angolo del Transatlantico Bersani e Vendola si appartano. Cercano di ricomporre la guerra civile dei cazzotti («Avete ragione voi, ma abbiamo ragione anche noi») e insieme hanno dovuto constatare che Italia Bene Comune, la coalizione che fecero per le elezioni 2013, si è squagliata nel voltaren. C’è rissa, ma verbale, anche tra coloro che insieme hanno allestito l’Aventino. «Noi con i berlusconiani nella stessa sala non ci stiamo», annunciano i grillini. «Mescolarci con i leghisti e con i fascisti di Fratelli d’Italia? No pasaran!», è il grido di battaglia dei vendolisti che si sentono Podemos e l’Aventino a spicchi è un pluri-Aventino o multi-Aventino di fronte al quale Matteo reagisce con un’alzata di spalle. Capitan Brunetta però si accontenta di questo: «Renzi è riuscito a riunire Forza Italia», esulta il condottiero della Corazzata Sorci Verdi dopo la riunione del suo gruppo in cui il Patto del Nazareno è stato affossato all’unanimità al grido (gridato meno forte dai verdiniani umiliati e offesi): «Sbulloniamo il bullo Renzi».



E poi dal centro del Transatlantico partono in assetto di guerra, per il loro Aventino, quattro panzer azzurri nelle fattezze di Deborah Bergamini, Mara Carfagna, Michaela Biancofiore e Pina Castiello. Mentre intorno a loro e intorno a tutti romba il suono dell’appello a Mattarella: «Il nuovo presidente salvi la democrazia!». Ma tra gli azzurri combat c’è qualcuno che ammette sottovoce giù in cortile: «Fino alla settimana scorsa, in epoca nazarena, avremmo denunciato i metodi anti-democratici dell’opposizione aventiniana che non lavora per dare all’Italia la riforma costituzionale che questo Paese attende da oltre mezzo secolo». Ma adesso Nazareno se n’è ghiuto e soli c’ha lasciati.



EROGENIA

E questa fase nuova deve avere qualcosa anche di erogeno, se ha ragione una deputata di Sel, la Ventricelli, scampata per miracolo a una ginocchiata e accorsa a rialzare da terra la collega Elisa Simoni (cugina di Renzi) travolta dalla rissa, la quale spiega a tutti l’eccitazione in corso: «Agli uomini è salito il testosterone a mille». E da Cesano Boscone, da dove ordina l’Aventino azzurro, Berlusconi ci mette del suo: «Non ci piegheremo mai di fronte alle minacce di un dittatorello». Tosano? «No, sudamericano!», corregge Capezzone. Un caudillo che nega anche il sonno agli eletti. Ma qualcuno di loro, gli aventiniani, dopo tanta veglia, possono finalmente riposarsi sul colle delle loro coscienze ed è andato dunque a buon fine l’appello dell’azzurra Laura Ravetto prima del grande strappo: «Renzi non può trattarci come carne da macello. Ci faccia dormire un po’». Adesso si può. Ma non per i democrat. Che in massima parte sono critici nei confronti della muscolosità del metodo Matteo ma non lo dicono come vorrebbero, non hanno il coraggio di ammetterlo davvero (a parte Bersani e pochi altri) e Brunetta, tra un sorcio verde e l’altro, spiega così la situazione degli avversari: «Nel classico libro intitolato ”Sociobiologia”, lo studioso E.O. Wilson spiega che quando una comunità non sa il capobranco com’è fatto davvero quale cultura nuova porta e sulla base di quali forze, allora lo segue perchè ne ha tremenda paura». Però nei corridoi e negli anfratti del Palazzo, è facile imbattersi di quelli del Pd continuamente impegnati in conciliaboli, più o meno segreti e ruotanti su un punto: come fermare gli ardori di Matteo, come addomesticare la belva che vuole divorare tutto e tutti? Pubblicamente però sono tutti allineati, anche se con qualche flebile perplessità: «E purtuttavia si potrebbe....». Ma figuriamoci, Renzi è Renzi e procede come un caterpillar. La presidentessa Boldrini è in evidente difficoltà e non fa che appellarsi alla riapertura di un tavolo di trattativa tra i partiti, ma non è aria. Ma almeno i grillini che l’hanno chiamata «serva» non ci sono più. E hanno pure conquistato il weekend libero («Yes, weekend», per parafrasare il celebre motto di Obama) e lasciano Montecitorio trascinando i trolley del ritorno in famiglia, per chi ce l’ha, o dello sbarco in qualche centro di meditazione trascendentale dove riflettere sull’ininfluenza del noi.
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