Pedopornografia, le chat WhatsApp dell'orrore: bimbi adescati durante il lockdown, anche torture su bimbi di 6 mesi

Pedopornografia, le chat WhatsApp dell'orrore: bimbi adescati durante il lockdown da "insospettabili"
Pedopornografia, le chat WhatsApp dell'orrore: bimbi adescati durante il lockdown da "insospettabili"
Mercoledì 16 Dicembre 2020, 09:05 - Ultimo agg. 20:38
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C'erano anche affermati professionisti, consulenti universitari, pensionati e impiegati nella maxioperazione anti-pedopornografia che ha visto impegnatioltre 300 uomini della polizia Postale che hanno eseguito perquisizioni e arresti, in flagranza, in 53 province e 18 regioni. Insomma insospettabili scovati dagli agenti che hanno lavorato per diversi mesi sotto copertura su Telegram e WhatsApp, arrivando così a smantellare 16 associazioni criminali ed identificato oltre 140 gruppi pedopornografici. Sono 432 le persone coinvolte in tutto il mondo: 81 sono italiani. Due italiani coinvolti dell'operazione promuovevano e gestivano gruppi pedopornografici, organizzandone l'attività e reclutando nuovi sodali provenienti da ogni parte del mondo. Quella della Postale di oggi è la più imponente operazione di Polizia degli ultimi anni contro la pedopornografia online. 

Anche video con «torture» su bimbi di appena 6 mesi. È questo il materiale dell'orrore, definito «tossico» dagli inquirenti. Una delle persone arrestate in flagranza, tra ieri e oggi, quasi 20 in totale, deteneva 30.800 file con immagini raccapriccianti.

L'arrestato è un impiegato 60enne. Nell'inchiesta della polizia postale, coordinata dagli aggiunti Fusco e Mannella e dai pm Tarzia e Barilli, sono state eseguite una sessantina perquisizioni. Centinaia di migliaia i file scambiati nelle chat.

Il sospetto di investigatori e inquirenti è che gran parte dei filmati e delle immagini scambiate nelle chat di Telegram e WhatsApp dai vari gruppi di pedofili sia stata prodotta in Paesi africani, asiatici come le Filippine, o in Sud America. Con le perquisizioni, i sequestri e gli arresti in flagranza eseguiti tra ieri e oggi in tutta Italia (quattro nel capoluogo lombardo) sono state trovate anche nuove chat e nuove immagini dell'orrore e, dunque, le indagini si moltiplicheranno nel tempo coinvolgendo anche altri soggetti. Al centro dell'inchiesta le accuse di associazione per delinquere, detenzione, diffusione e cessione di materiale pedopornografico. Una ventina di arresti sono stati eseguiti anche all'estero tra Sud America, Asia ed Europa (anche in Spagna c'è stato un blitz). Nei gruppi di scambio dei video c'erano professori universitari, ragazzi, operai, impiegati, persone di tutte le estrazioni sociali.

«Sono coinvolti affermati professionisti, operai, studenti, consulenti universitari, pensionati, impiegati privati e pubblici, tra cui un vigile urbano» hanno detto dalla Procura. È in questo variegato elenco la portata dell'operazione coordinata dalla procura di Milano e condotta dalla Polizia Postale di Milano e del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale di Roma. «La più grande degli degli ultimi anni», sottolineano gli investigatori, che si sono avvalsi anche di agenti sotto copertura infiltrati per due anni nelle chat dei pedofili. Dei 159 gruppi individuati dagli investigatori della Postale, gli investigatori, diretti dai procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella, hanno individuato 432 utenti attivi su gruppi e canali Telegram e WhatsApp «finalizzati alla condivisione di foto e video pedopornografici ritraenti vere e proprie violenze sessuali su minori, a volte anche neonati». Sedici erano «delle vere e proprie associazioni per delinquere, al cui interno era possibile distinguere promotori, organizzatori e partecipi, con ruoli e compiti ben definiti». In ogni «stanza» c'erano regole ben precise per limitare dal massimo l'esposizione e il possibile tracciamento da parte delle forze dell'ordine. Appena c'era il sentore di un pericolo, l'utente veniva espulso dal gruppo.

Il 35% degli 81 italiani indagati dalla Postale milanese si concentra tra Lombardia e Campania. Tra questi ci sono un 71enne napoletano di professione ottico e con collaborazioni universitarie, e un 20enne veneziano disoccupato. I due sono ritenuti i promotori e gestori dei gruppi, attraverso i quali reclutavano altri complici da ogni parte del mondo. Questo carattere di transnazionalità accomuna tutti i gruppi scoperti dagli agenti infiltrati. Sono infatti 351 gli utenti stranieri coinvolti nell'indagine, ognuno pedinato online fino all'individuazione. 

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Oltre allo scambio di video e immagini di violenze su bambini, in alcuni casi i presunti pedofili individuati nel maxi blitz anti-pedopornografia, che ha fatto emergere una rete criminale in tutto il mondo, avrebbero offerto anche la possibilità di arrivare ad avere «contatti diretti» con minori vittime di abusi. Dalle indagini è venuto a galla che in alcuni occasioni, nel corso degli scambi delle immagini sugli abusi, sulle chat individuate si parlava pure della possibilità di avere contatti diretti con i minori vittime delle violenze sessuali. Inquirenti e investigatori, nell'inchiesta con al centro il reato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico che ha portato a 15 arresti in flagranza a seguito dell'esecuzione di decreti di sequestri e perquisizioni, stanno approfondendo proprio i filoni relativi agli abusi filmati e poi fatti girare sui gruppi della rete criminale. E sono in contatto con le autorità di diversi Paesi, anche perché l'indagine sarebbe partita da una segnalazione arrivata dagli Usa. Il procuratore aggiunto Mannella ha voluto sottolineare come in questo periodo di emergenza sanitaria legata al Covid e in particolare durante i lockdown i bambini si ritrovano davanti ai pc «e sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti». 

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