Morto alla stazione di Napoli
«Dieci minuti per salvarlo
ritardi e comportamenti gravi»

Morto alla stazione di Napoli «Dieci minuti per salvarlo ritardi e comportamenti gravi»
di Maria Pirro
Domenica 27 Agosto 2017, 09:21 - Ultimo agg. 9 Ottobre, 09:26
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«Un comportamento gravissimo e inspiegabile», lo definisce Giuseppe Galano, il direttore della centrale operativa del 118 che ha ricostruito cosa è accaduto esattamente il 3 agosto, quando un uomo di 42 anni, Marco D'Aiello, affetto da talassemia, ha avuto un malore alla stazione ferroviaria di piazza Garibaldi. E poi è morto. Lì dove il presidio di primo soccorso, soppresso per anni, è stato ripristinato solo dopo la tragedia.



Il 3 agosto, ore 21.02: il primo sos.
«Da una guardia giurata, per soccorrere l'uomo che perde sangue dalla bocca».
Risposta?
«La chiamata viene da un operatore ma l'ambulanza parte dopo circa 20 minuti ma passano 31 minuti prima che l'ammalato riceva assistenza».
Come mai?
«Il codice, che indica la priorità dell'intervento: è giallo».
Significa che il paziente può aspettare. Ma quanto anche con un codice di media gravità?
«L'ambulanza dovrebbe arrivare comunque entro dieci minuti».
E invece, arrivano altre sette telefonate.
«Nel frattempo, l'uomo ha perso conoscenza: c'è un evidente ritardo».
Il codice resta giallo.
«Quel codice avrebbe dovuto essere riclassificato: si fa a prescindere dai solleciti. L'operatore richiama per accertarsi che le condizioni di salute non siano peggiorate. E invece, nessuno dei quattro operatori che rispondono alle chiamate lo fa. Ognuno probabilmente si fida dell'altro, forse proprio perché sono tutti esperti».
Interpellato dai vertici della Croce Rossa, anche il medico dice di essersi «fidato» della valutazione degli operatori: funziona così il sistema?
«Il medico non opera direttamente, deve coordinare le risorse. Ma c'è anche lui in una registrazione, perché arrivi l'ambulanza al più presto. Il punto è la valutazione del codice: il rosso avrebbe portato alla massima urgenza, e c'è anche un'altra incongruenza».
Il giallo delle ambulanze.
«Le affermazioni degli operatori, riascoltate nelle registrazioni, non coincidono con quanto rilevato dalle schede di centrale sugli interventi effettuati dalle ambulanze. Al telefono loro riferiscono che tutte sono impegnate e, in una circostanza, che ci sono sei persone che stanno aspettando. Dalle schede, risultano due mezzi liberi».
Come mai?
«Non ho una risposta, ma è lo stesso operatore a inserire questi dati».
Adesso c'è un'inchiesta della Regione, il medico è sospeso dal lavoro. E gli altri quattro operatori?
«Anche loro sono sconvolti e, al momento, tutti in ferie. Il Cardarelli con il manager Ciro Verdoliva ha anche presentato una denuncia, su indicazione della Regione che ha istituito la commissione di inchiesta».
C'è un'altra inchiesta, per la morte del 23enne Antonio Scafuri, in codice rosso, ma rimasto per quattro ore in attesa del trasferimento ai Pellegrini dal Loreto Mare per un esame. E poi, trasportato a bordo di un'ambulanza senza rianimatore. Un'altra anomalia al centro delle indagini?
«In quella circostanza i rianimatori non sono stati chiamati né all'arrivo del paziente al Loreto mare né durante il trasporto ai Pellegrini. Hanno dato assistenza durante la tac e, per il viaggio di ritorno in ambulanza, prima che l'equipe del Loreto mare partisse, il chirurgo ha dato disposizioni diverse, senza prevedere il medico a bordo. Quanto ai soccorsi nelle precedenti fasi dell'incidente, hanno interessato la centrale operativa di Napoli Est che fa capo a Castellammare».
In passato, anche lei è finito sotto accusa, davanti alla commissione disciplinare: «reo» di aver denunciato le falle della rete di cardiochirurgia d'estate. Problema (sanitario) risolto?
«Quest'anno gli ospedali si sono organizzati e io non sono pentito di aver segnalato la criticità: credo di non aver gettato discredito ma aiutato la rete».
In qualità di presidente del sindacato Aaroi-Emac, quali sono le restanti principali criticità?
«Le carenze in organico, anche se qualcosa si è mosso con il governatore De Luca, il precariato storico, con colleghi che da 15 anni aspettano di essere assunti. I mezzi e le attrezzature da rinnovare. E poi, il coordinamento che manca in tutta la regione: occorre uniformare la qualità delle prestazioni. Ognuno oggi va per la sia strada».
Da anni si parla di riorganizzazione della rete per l'infarto e le altre malattie. A che punto è?
«Quella per l'infarto è operativa a Salerno e prossima a partire a Napoli e provincia, ma servono altre risorse umane».
E il trasferimento della centrale operativa: è in vista?
«Dal primo settembre la parte amministrativa farà riferimento all'Asl Napoli 1. Entro il 30 settembre, il trasloco all'Ospedale del mare con l'obietivo di integrare i servizi territoriali come la guardia medica con quelli di emergenza e il trasferimento degli ammalati. Una sfida importante».
 

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