Preghiere online e petizioni,
in Italia rigurgiti anti-aborto

Preghiere online e petizioni, in Italia rigurgiti anti-aborto
di Maria Pirro
Domenica 7 Ottobre 2018, 11:59
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Propaganda sul web, petizioni, ricorsi in Tribunale, incontri istituzionali, preghiere davanti agli ospedali. Così il fronte antiabortista avanza: «Verona non è un caso isolato. A distanza di 40 anni, il vero obiettivo è demolire la legge 194». Il giorno dopo il voto della mozione in consiglio comunale, Silvana Agatone, ginecologa e presidente della Laiga, l'associazione medici non obiettori, lancia l'allarme. E lo fa con Stefania Cantatore, portavoce napoletana dell'Unione donne in Italia, descrivendo una galassia di associazioni, forum, movimenti più numerosi e agguerriti, sostenuti anche nei palazzi istituzionali. E con agganci internazionali.

I MOVIMENTI
Le iniziative pro life si susseguono una dopo l'altra. Ieri, l'ultima denominata Due ore per la vita e organizzata davanti alle strutture sanitarie, da Pescara ad Agrigento. Settantuno i momenti di preghiera e testimonianza annunciati da Ora et labora, «per far cessare gli aborti in tutta Italia». On line, accanto al calendario dei raduni, è riportata una riflessione di don Oreste Benzi per spiegare: «Noi dobbiamo rendere pubblico quello che avviene nel silenzio negli ospedali... Se uccidono tuo fratello, cosa fai? Corri là, dove questo succede e lo rendi visibile a tutti perché gridi... aiutatemi!».

L'associazione Provita, intanto, entra in Parlamento: ad aprile, in occasione dell'anniversario della 194, gli attivisti hanno incontrato diversi esponenti della Lega a Palazzo Madama, tra cui Massimiliano Romeo e Simone Pillon, e la senatrice Isabella Rauti, di Fratelli d'Italia. E questo, dopo le polemiche sul maxi manifesto affisso a Roma e poi rimosso, raffigurante un feto con la scritta Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti....
Il movimento è anche promotore di una petizione affinché il ministero della salute intervenga. «E un altro milione di firme è stato raccolto in Europa con l'obiettivo di riconoscere diritti legali agli embrioni», dice Agatone, che sostiene: «La questione riguarda anche paesi come il Portogallo, la Polonia e l'Ungheria, persino in Spagna hanno tentato di stravolgere la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza. C'è un disegno più ampio dietro le diverse azioni». Dallo scenario globale a quello locale, il passo è breve. Cantatore ricorda un altro provvedimento di recente al centro delle polemiche: la delibera dell'Asl di Napoli, poi ritirata, in favore degli attivisti dell'associazione Parrocchia per la vita. «Per farli accedere nella struttura sanitaria. Ma l'identità della paziente, anche sul piano somatico, può essere nota esclusivamente agli operatori. Il diritto alla riservatezza è totale. La collocazione dell'associazione all'interno del presidio avrebbe costituito una gravissima violazione dei diritti delle donne e alla loro sfera privata».

 

GLI OPERATORI
«Ma la legge sull'aborto viene anche demolita ogni giorno in maniera subdola», aggiunge Agatone, citando i dati. Solo un reparto di ginecologia su quattro in Campania, ad esempio, effettua l'interruzione di gravidanza, servizi ai minimi termini se confrontati con le altre realtà e, in particolare, con la Toscana, la Valle d'Aosta, la Liguria, l'Umbria. Non bastasse, l'80 per cento dei ginecologi è obiettore di coscienza. «Nel Lazio l'intervento dopo il terzo mese è praticato solo nella capitale e non nelle altre quattro province e a farlo siamo rimasti solo in sette». Un altro problema è la carenza di infermieri, assistenti sociali e psicologi. E anche tra i farmacisti si registra qualche resistenza. Ma Michele Di Iorio, presidente di Federfarma Napoli, ritiene siano casi sporadici: «La problematica è stato affrontata dall'Agenzia italiana del farmaco per evitare equivoci di interpretazione delle norme. Al fine di garantire la pillola del giorno dopo e gli altri tipi di contraccezione di emergenza, i prodotti sono stati riclassificati e oggi vengono consegnati senza prescrizione. Non vanno negati. Mai». Altrimenti, conclude Catantore, il rischio è il ritorno all'aborto clandestino».
m.p.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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