Preti pedofili, nonostante gli abusi dicono messa

Preti pedofili, nonostante gli abusi dicono messa
di Francesco Lo Dico
Mercoledì 2 Marzo 2016, 08:24 - Ultimo agg. 3 Marzo, 10:25
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Incalzato dal giudice McClellan, il cardinale Pell ha sostenuto di essere all'oscuro dei 138 abusi ai danni di 53 vittime commessi dal prete Gerald Ridsale con parole che hanno fatto sobbalzare i giudici: «Una storia triste l'ha definita il prelato - ma che per me non era di grande interesse». Nessuno, ha detto il cardinale, ipotizzò mai che quei sacerdoti «fossero pedofili e che venissero allontanati per questo motivo».

Tentare di applicare una giustificazione similare ad alcuni casi italiani, sarebbe tuttavia un autentico funambolismo che sfida il buon senso. Perché nella mappa degli abusi sessuali commessi da religiosi in Italia, non ci sono soltanto i 117 religiosi condannati con sentenza definitiva tra il 2000 e il 2014, e i 67 ancora indagati o in attesa di sentenza. Ma ci sono anche alcuni casi, troppi casi, che sono di certo «storie tristi», e di sicuro interesse per tutti, prelati compresi. Il nostro viaggio parte dalla diocesi di Locri-Gerace, dove nel 2006 approda l'allora 32enne don Francesco Rutigliano. Pugliese di nascita, il giovane è al primo anno di sacerdozio, affidato alle parrocchie di Bivongi e Pazzano. Ma a Riace, provincia di Reggio, qualcosa di brutto accade quasi subito. Perché tra il 2006 e il 2008 don Francesco abusa di una giovane vittima di 14-15 anni, dalla psiche fragile e dal vissuto piuttosto travagliato. I fatti vengono alla luce soltanto nel 2011, quando a sancire la colpevolezza di Rutigliano è il decreto di condanna della Congregazione per la Dottrina della Fede del 20 giugno 2011. Secondo quanto si apprende dal documento dell'ex Santo Uffizio, il procedimento canonico nei confronti del sacerdote è cominciato due anni prima, quando «il 12 giugno 2009 venne accusato davanti a questo Tribunale per abuso su minori avvenuto a danno del Sig (omissis) nel periodo fra il 2006 e il 2008». Le accuse, precisa il decreto, «riguardavano ripetute molestie, baci, toccamenti, nonché atti sessuali completi avvenuti in molteplici occasioni».Pertanto, conclude il Tribunale ecclesiastico, «il Rev. Rutigliano è dichiarato colpevole del delitto di abuso di minore, con l'aggravante dell'abuso di dignità o ufficio, commesso nei confronti del Sig... (omissis) nel periodo fra il 2006 e il 2008». Le gravissime responsabilità imputate a don Francesco si traducono in una sospensione temporanea di quattro anni dall'esercizio di qualunque ministero pubblico, che fanno salva possibilità di dire messa in forma privata. Il prete pugliese viene trasferito pertanto presso il Santuario dell'Amore misericordioso di Collevalenza a Todi, in provincia di Perugia, dove secondo buon senso dovrebbe rimanere appartato per i successivi 4 anni. Ma come documentato da «l'Abuso», associazione di vittime di preti pedofili, don Francesco è ospite nel 2013 dell'ambasciatore di Spagna in occasione della Cerimonia dell'Omaggio floreale alla Sacra Effige dell'Immacolata, in piazza di Spagna a Roma.

E nel febbraio del 2014 partecipa al concistoro dei Vescovi indetto da Papa Francesco in piazza San Pietro. «Il responsabile di abusi sessuali su minori», scrive L'abuso, «andava e veniva alle occasioni importanti in Vaticano, sia con Papa Ratzinger (2013) sia con Papa Francesco (2014)».Trascorsi i quattro anni di inibizione prescritti dal Sant'Uffizio, arriviamo al luglio del 2015, quando don Rutigliano, incensurato per la magistratura, ma pedofilo per la Chiesa, torna in pista come viceparroco presso la chiesa di San Gordiano Martire di Civitavecchia: proprio nella stessa città dove vive il giovane che lo ha accusato di violenze sessuali anni prima. Ma a questo punto, la rete l'Abuso pubblica alcuni on line alcuni articoli sulla vicenda che il prete giudica diffamatori chiedendone pertanto la rimozione. Tuttavia la vicenda si trasforma in un boomerang. Il passato di don Rutigliano giunge a conoscenza della comunità di Civitavecchia che vede ruotare attorno alla parrocchia di San Gordiano 260 bambini. Le mamme mostrano grande allarme. Intervistato dai giornalisti de L'abuso, don Francesco si difende e nega le accuse. Ma il 5 dicembre, è costretto a capitolare. Don Francesco, spiega don Ivan Leto, lascia la diocesi «per fare rientro nei prossimi giorni nella sua realtà di provenienza».Per trovare un altro caso emblematico bisogna recarsi a Trapani, in un luogo, Purgatorio, che sembra avere un forte rischiamo simbolico.

In questa piccola frazione di Custonaci, nella parrocchia Maria Santissima del Suffragio, dice messa monsignor Angelo Mustazza. Il parroco trapanese, arrestato nel 1998 con l'accusa di violenza sessuale su minore e prostituzione minorile, fu condannato a un anno e dieci mesi di reclusione con il patteggiamento davanti al Gup. Ex insegnante di religione e parroco a Erice presso le Chiese di Sant'Andrea e Misericordia, sulla base delle testimonianze di alcune ragazzine tra i 12 e i 16 anni che lo avevano denunciato, l'uomo pagava cifre oscillanti intorno alle 50 mila lire per potere palpare le giovani. Ma al riparo del patteggiamento, don Angelo risulta tuttora in forze come «amministratore parrocchiale» nella chiesetta di Purgatorio. A poca distanza dai luoghi che lo videro protagonista degli episodi incriminati. É rimasto al suo posto, nella chiesa di S.Pietro Apostolo a Capua, provincia di Caserta, anche don Pasquale Scarola. Qui, come riporta il sito della diocesi, il religioso dice ancora messa anche se ha ricevuto una condanna definitiva per aver molestato con più di 200 telefonate una ragazzina. «Vorrei toglierti le mutandine. Dove vai a scuola? Prima o poi ti vengo a prendere», continuava a ripeterle in modo ossessivo. «In realtà mi interessava la madre», si è giustificato in aula in sede civile il religioso, condannato a risarcire la famiglia per 4 milioni di lire. Era stata la madre della piccola a denunciare il sacerdote. La donna aveva notato che il telefono della figlia ribolliva di telefonate, e che il don aveva per la giovane abbracci sin troppo affettuosi.

Eppure sul pregiudicato Scarola, è sceso il silenzio.L'ultima tappa di questo viaggio è ancora in Campania. E chiama in causa l'acre sapore della prescrizione. Diego, un ragazzo di Napoli ripetutamente abusato dal suo insegnante di religione tra i 13 e i 17 anni, decide di affrontare dopo molti anni quello che sostiene essere il suo aguzzino, don Silverio Mura. Il drammatico incontro è da lui filmato a insaputa del religioso. Ma quando si decide a denunciare gli abusi all'autorità giudiziaria, scopre che i reati sono prescritti e non potrà mai ricevere un risarcimento.Diego non si dà per vinto. Tanto che nel febbraio 2014, come riporta L'abuso, papa Francesco ordina l'apertura del processo canonico nei confronti di don Mura.Un processo che fino a oggi non è mai cominciato.«La Chiesa ha commesso errori enormi, ma sta cercando di rimediare», ha detto il cardinale Pell. E forse è davvero l'ora di rimboccarsi la tonaca.
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