La Regina Elisabetta a Napoli, l'intervista a Enzo Scotti: «Era curiosa di conoscere la nostra vita sociale»

La Regina Elisabetta a Napoli, l'intervista a Enzo Scotti: «Era curiosa di conoscere la nostra vita sociale»
di Gigi Di Fiore
Venerdì 9 Settembre 2022, 11:00 - Ultimo agg. 10 Settembre, 08:59
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Quel 18 ottobre del 1980 fu delegato dal presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a rappresentare lo Stato italiano a Napoli. In quei giorni, Enzo Scotti era ministro per le Politiche comunitarie e fu uno degli accompagnatori di Stato della regina Elisabetta e del principe Filippo in alcune tappe della loro visita in Italia. Prima sull'aereo da Roma a Napoli, poi nell'intera giornata napoletana. 

Enzo Scotti, ricorda la visita della regina a Napoli il 18 ottobre 1980?
«Sì, ne conservo un ricordo ancora molto vivo.

Il cerimoniale era assai rigoroso, preparato dallo staff della regina e dal Quirinale. Quando camminavo al fianco della regina, ad esempio, il principe consorte doveva restare rigorosamente un passo indietro».

Quale fu l'itinerario cui prese parte da accompagnatore di Stato?
«In aereo fino a Napoli, poi arrivammo al panfilo Britannia dove i sovrani dormivano. Ci fu uno spettacolo di tarantella sul molo. Agli scavi di Pompei, c'era ad accompagnare la sovrana il ministro della Cultura. Io, invece, ero di nuovo al pranzo a Villa Rosebery, offerto dal Quirinale, che fu allietato da uno spettacolo delle Frecce tricolori».

Era seduto al fianco della regina?
«Sì, così prevedeva il cerimoniale. Dall'altro lato, c'era il cardinale Corrado Ursi. Poi, alla stessa tavola, anche qualche esponente della nobiltà napoletana e, invitato come barone, Francesco Compagna con la moglie. Ricordo c'era il duca d'Aosta e anche Harold Acton, nobile inglese autore di libri sui Borbone di Napoli».

Di cosa parlaste?
«Di molte cose, tranne che di politica che era argomento vietato dal cerimoniale. Mi chiese di spiegarle alcune curiosità sulla vita sociale napoletana. Io le chiesi invece se le era piaciuto lo spettacolo di tarantella al molo, che fece il gruppo Li Ciaravoli. Lei mi rispose che le era piaciuto molto».

Un pranzo lungo?
«Durò ben due ore, ricordo una persona di grande rigore manifestato con semplicità, che metteva a proprio agio. Naturalmente, osservava l'etichetta con scrupolo. E ricordo ancora, come curiosità, che nessuno tranne me che ero il delegato del capo dello Stato, poteva rivolgersi alla regina direttamente. Anche questo era previsto dal cerimoniale, che consentiva la conversazione solo tra pari grado istituzionali».

Fu una conversazione cordiale?
«Molto, mi accennò anche all'educazione che dava ai figli. Andammo poi a palazzo San Giacomo dove la regina fu accolta dal sindaco Valenzi. Infine, la sera ci fu un invito di gala più ristretto a bordo del panfilo Britannia. E la scelta degli ospiti fu mista».

In che senso?
«Gli ospiti italiani, in numero ristretto rispetto al pranzo a villa Rosebery, li scelse il Quirinale. Gli altri furono a discrezione del cerimoniale della regina ed erano soprattutto esponenti della nobiltà napoletana che non erano solitamente tra i frequentatori abituali della regina Elisabetta».

Cosa la colpì di più della regina Elisabetta?
«La cultura e la preparazione su ogni argomento di cui discuteva. Dieci giorni dopo, fui sorpreso di ricevere una lettera dal segretario particolare della regina. Non era una semplice lettera di ringraziamento, elencava con precisione anche gli argomenti trattati nelle nostre conversazioni. Ne aveva avuto memoria precisa».

Ha mai più incontrato, dopo quel giorno, la regina Elisabetta?
«No, non ne ho avuto mai occasione. Da ministro, poi, ho avuto incontri con esponenti di governo inglesi, ma non avevo alcun motivo istituzionale per incontrare la regina». 

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