Regeni, nuove accuse della madre: «Torture sapute dai media». Il legale della famiglia: «Giulio non è stato ucciso per la sua ricerca»

I genitori di Giulio Regeni
I genitori di Giulio Regeni
Martedì 4 Febbraio 2020, 11:43 - Ultimo agg. 2 Marzo, 05:41
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«Abbiamo scoperto che Giulio era stato torturato leggendo i giornali: per noi è stata una super botta». Così Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, ascoltata dalla commissione parlamentare d'inchiesta all'uccisione del ricercatore friulano. «Non ci era stato riferito dall'ambasciata per una sorta di tutela nei nostri confronti». L'avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, invece ha chiesto di dichiarare l'Egitto «Paese non sicuro, siamo stati spiati costantemente dagli egiziani». La famiglia ha accusato: «Da tempo l'ambasciatore Cantini non ci risponde. Evidentemente persegue obiettivi altri, diversi da quelli di verità e giustizia. Mentre porta avanti altri con successo iniziative rivolte all'agevolazione di scambi economici, affari, politica e turismo»

«Giulio non è stato preso, torturato e ucciso per la sua ricerca. È stato ucciso perché si trovava in un regime dove tutto può succedere», ha continuato il legale. «Ci sono amici o pseudo amici di Giulio che facevano ricerche più pericolose della sua, ma che non hanno avuto problemi», ha osservato l'avvocato.


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Giulio Regeni, dottorando italiano dell'Università di Cambridge, venne rapito in Egitto il 25 gennaio 2016 e venne ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo. Da allora la famiglia chiede verità sulla sua fine. Ogni 25 gennaio in numerose piazze d'Italia si svolgono fiaccolate in memoria del ricercatore, con una mobilitazione di tutto il Paese.

«Giulio era andato al Cairo come ricercatore, non perché gli piaceva girare al Cairo per bancarelle», ha proseguito la mamma davanti alla commissione. «Doveva essere un approfondimento sul campo di una ricerca molto più ampia, storico-sindacale. L'Egitto doveva essere un focus come quello sui sindacati, sia quelli indipendenti sia quelli filo governativi. La sua ricerca era più ampia di quella che la stampa ha pensato di evidenziare». Parlando con varie persone ed esperti, ha spiegato la mamma, è emerso che «la ricerca di per sé non era pericolosa, sono tematiche abbastanza nella norma». «Dopo uccisione di Giulio abbiamo capito che l'Egitto è un paese con una forte dittatura, che potrà essere comoda» per i rapporti commerciali, «ma che ha molte paranoie».

Anche il papà, Claudio, ha parlato nella stessa Commissione: «La denuncia di scomparsa di Giulio fu fatta nella persona del braccio destro dell'ambasciatore Massari, 24 ore dopo perché così è la prassi. Quindi se la scomparsa è del 25 gennaio la denuncia alla polizia avviene il 26 e in tarda notte dove viene trattato in malo modo dalla polizia egiziana». Il papà di Giulio ha infatti sottolineato che il collaboratore dell'ambasciatore «ha fatto fatica a farsi dare conferma di denuncia scritta: c'erano già dei segnali». Tra le altre anomalie, i genitori hanno aggiunto: «Fin dall'inizio avevamo chiesto all'ambasciatore sia le immagini delle telecamere sia la geolocalizzazione del telefono, secondo noi non è stato fatto nulla di tutto questo».
 

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