Roma, colpo alle 'ndrine sul litorale di Roma: 65 arresti per droga e infiltrazioni mafiose

Misure cautelari sono state adottate anche per il reato di traffico organizzato di rifiuti

Roma, colpo alle 'ndrine sul litorale di Roma: 65 arresti per droga e infiltrazioni mafiose
Roma, colpo alle 'ndrine sul litorale di Roma: 65 arresti per droga e infiltrazioni mafiose
di Alessia Marani
Giovedì 17 Febbraio 2022, 07:52 - Ultimo agg. 30 Marzo, 11:41
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Colpo alle 'ndrine che hanno assunto il controllo del litorale a Sud di Roma nei territori di Anzio e Nettuno. Sessantacinque le persone destinatarie di mirusa di ordinanza cautelare, dall'inchiesta emergono vari contatti tra gli indagati e i vertici dell'amministrazione comunale della città dello sbarco. Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, dalle prime luci dell’alba, è in corso una vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale per dare esecuzione a un’ordinanza, emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone misure cautelari nei confronti di 65 persone (39 in carcere e 26 ai domiciliari), alcune delle quali gravemente indiziate di fare parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso (416bis), costituente una locale di ‘ndrangheta che si ipotizza avesse assunto il controllo del territorio nel litorale, infiltrandosi nelle pubbliche amministrazioni e gestendo operazioni di narcotraffico internazionale. Sono tuttora in corso perquisizioni e sequestri. Destinatari di misura anche due appartenenti alle forze dell'ordine accusati di avere fornito informazioni riservate all'organizzazione malavitosa. 

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Secondo gli inquirenti i clan già impiantati nelle cittadine a Sud della Capitale stavano progettando di allargare la propria influenza di potere anche ad altri territori tra Roma e Latina. L'operazione di oggi potrebbe configurare un terremoto a livello amministrativo fino a configurare l'ipotesi dello scioglimento dei consigli comunali. Alcuni degli indagati sarebbero contigui alle amministrazioni comunali locali.

Al momento sono in corso da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo di Roma negli uffici comunali di Anzio e Nettuno perquisizioni che puntano ad acquisire elementi sull'infiltrazione dell'organizzazione nelle due amministrazioni e in particolare sull'attività legata allo smaltimento dei rifiuti. 

Nei confronti degli indagati si contestano, a seconda delle posizioni, le accuse di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.

I pm della Dda, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestino e Ilaria Calò, indagano anche per estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso. 

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I BUSINESS

Durante le indagini, avviate nel 2018 dai militari del Nucleo Investigativo di Roma, sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza di una articolazione della 'Ndrangheta denominata locale di Anzio e Nettuno, “distaccamento” dal locale di Santa Cristina d’Aspromonte, ma composta in gran parte anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle. Un gruppo - rientrante in una più ampia "Provincia" con tentacoli in mezza Italia e in Europa - che, avvalendosi della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nelle due cittadine, puntava ad acquisire la gestione e/o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (ittico, della panificazione, della gestione e smaltimento dei rifiuti, del movimento terra); a commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale, contro la pubblica amministrazione e in materia di armi e stupefacenti; ad affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe e mediante infiltrazioni nelle amministrazioni comunali, procurandosi, come scrive il gip nell'ordinanza, "ingiuste utilità".
 
I MEMBRI


Gravemente indiziato di essere a capo di tale struttura criminale è Giacomo Madaffari (all'epoca delle indagini gestore di una concessionaria d'auto), ne farebbero inoltre parte anche diversi soggetti appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle (CZ) (i Gallace, i Perronace e i Tedesco). Dalle indagini emerge, l’esistenza di due associazioni finalizzate al narcotraffico, una capeggiata da Madaffari e l’altra da Bruno Gallace, dotate di elevate disponibilità finanziarie e logistiche, nonché delle capacità di approvvigionare e importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina.  


Gli sviluppi investigativi, in particolare, hanno consentito di ricostruire l’importazione dalla Colombia e l’immissione sul mercato italiano di 258 kg di cocaina, avvenuta nella primavera del 2018, tramite un narcotrafficante colombiano. Droga che era disciolta nel carbone e successivamente estratta all’interno di un laboratorio allestito per la circostanza nel territorio a sud di Roma. Parte della sostanza stupefacente, pari a circa 15 kg, veniva rinvenuta, a seguito di una perquisizione domiciliare, all’interno di una valigia che era stata occultata presso l’abitazione della sorella di uno degli appartenenti al sodalizio, la quale veniva arrestata. Inoltre, vi era il progetto di acquistare e importare da Panama circa 500 kg di cocaina occultata a bordo di un veliero: a tal fine avviavano i lavori di ristrutturazione all’estero del natante (che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche), concordavano le operazioni di carico portuale in acque sudamericane e pianificavano le attività di scarico e custodia della sostanza stupefacente in Italia. Tuttavia, non portavano a termine tale operazione perché venivano a conoscenza di attività investigative in corso nei riguardi di appartenenti al sodalizio.
 
Le misure cautelari sono state adottate anche per il reato di traffico organizzato di rifiuti, in relazione alla abusiva gestione di ingenti quantitativi di liquami che sarebbero stati scaricati nella rete fognaria comunale attraverso tombini, alcuni dei quali realizzati ad hoc all’interno della sede di attività imprenditoriali facenti capo agli imputati sul territorio di Anzio. Le quote, l’intero patrimonio aziendale, i conti correnti e le autorizzazioni all’esercizio delle attività commerciali sono state sottoposte a sequestro preventivo.

 
Dalle attività di indagine sono emersi elementi circa il reperimento di informazioni riservate da parte di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine. Le indagini svolte dai carabinieri su due militari, appartenenti ad una delle caserme del litorale, hanno evidenziato gravi indizi in ordine alla rivelazione di informazioni riservate a favore del sodalizio di tipo mafioso. Entrambi destinatari della misura cautelare (uno agli arresti domiciliari e l’altro in carcere), sono gravemente indiziati di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, nonché, uno dei due, di concorso esterno in associazione mafiosa. 

Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza

Il gip, nell'ordinanza, parla dell'esistenza di due "associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti anche internazionale" con una "capacita' di penetrazione nel tessuto economico e politico della zona di Anzio e Nettuno" con "numerose evidenze comprovanti la disponibilita' di canali con pubblici dipendenti infedeli per ottenere concrete, utili e specifiche notizie dei procedimenti coperti da segreto" nonche' la "disponibilita' di un impressionante numero di armi". Per il giudice, a questo quadro va "aggiunto da un lato la persistenza sul territorio di un contesto di criminalita' organizzata che agisce da decenni e dall'altro i solidi legami esistenti con taluni esponenti delle forze dell'ordine ed esponenti politici locali nonche' con altri clan delinquenziali".

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