Voleva uccidere e ha ucciso, ma ha sbagliato mira. Condanna all’ergastolo per Enrico Antonelli, 58 anni, il rapinatore che nel novembre del 2019, per bloccare la reazione del cinese Zhou, titolare di un bar tabacchi a Cinecittà est appena assaltato a scopo di rapina, ha aperto il fuoco e per errore ha ucciso il complice Ennio Proietti, 69 anni, trenta dei quali passati in carcere per associazione a delinquere con la Banda della Magliana e per il sequestro del re del caffè, Giovanni Palombini. La Corte ha riconosciuto l’omicidio volontario. Il pm Giovanni Battista Bertolini, lo ha ribadito anche in aula, ieri durante la requisitoria: «Si tratta di un caso particolare di omicidio, con un errore nell’esecuzione del reato. Il rapinatore, in realtà, voleva uccidere il negoziante e non il suo complice. La volontà di uccidere era comunque piena». E la II Corte d’Assise, ieri a piazzale Clodio, ha dato ragione all’accusa: la richiesta del carcere a vita è stata accolta.
Non sono bastate le giustificazioni dell’imputato – che tra l’altro nel 1999 era rimasto coinvolto nel ferimento del maresciallo dei carabinieri Marco Coira - di fronte alla Corte: «Non avevo intenzione di uccidere né il negoziante cinese né il mio amico.
«Il colpo è partito. Non volevo uccidere nessuno», si è giustificato però anche al momento dell’arresto. La procura prima, e la Corte di assise poi, non hanno creduto alla sua ricostruzione. Anche perché il rapinatore ha aperto il fuoco più volte: tre, per la precisione. Un colpo ha trapassato il fianco di Proietti uccidendolo, un secondo ha centrato il commerciante a una gamba, un altro è andato a vuoto.
A tradire il rapinatore divenuto assassino, anche la presenza di telecamere all’interno del locale, che hanno immortalato la sequenza. L’ergastolo comprende le contestazioni di omicidio volontario, di tentato omicidio del negoziante, di rapina e di porto abusivo dell’arma. «Il primo a entrare armato era stato proprio Antonelli, pure lui con un excursus di primo piano nella mala romana - ha spiegato il pm Bertolini - E Proietti, qualche metro indietro, resterà sull’uscio a fare il palo». Quando il titolare del bar si difende da Antonelli, a dargli una mano sono anche alcuni clienti. «L’ho atterrato con un colpo di karate - dirà uno di loro - ci siamo spaventati, però non potevamo non intervenire». Sua moglie, quando il rapinatore viene spinto a terra, gli si siede anche sopra per fermarlo. «I colpi sono partiti durante una colluttazione - ha spiegato l’avvocato Vittorio Mennella, che difende Antonelli - Il primo colpo, quello mortale, è partito accidentalmente mentre tentavano di disarmarlo. Leggerò le motivazioni della sentenza e sicuramente presenteremo appello. Non c’era la minima volontà di uccidere».