Roma, scandalo scale mobili. I sensori erano disattivati: «L’incidente si poteva evitare»

Roma, lo scandalo scale mobili. I sensori erano disattivati: «L incidente si poteva evitare»
Roma, lo scandalo scale mobili. I sensori erano disattivati: «L’incidente si poteva evitare»
di Michela Allegri
Venerdì 13 Settembre 2019, 00:11 - Ultimo agg. 13:35
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Allarmi ignorati, sistemi di controllo sabotati, per evitare interventi risolutivi ma troppo costosi. Anomalie grossolane insabbiate, risolte alla meglio. Dalle carte dell’inchiesta sullo scandalo delle scale mobili nelle stazioni A e B delle metropolitane di Roma emerge un dato choc: per mesi gli interventi di manutenzione previsti per legge non sono stati effettuati e, soprattutto, incidenti come quello delle fermate Repubblica - con le scale collassate il 28 ottobre 2018 e una ventina di turisti russi feriti -, e a Barberini, potevano essere evitati. Atac e i dipendenti della Metroroma erano consapevoli delle anomalie. 

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E ad incastrarli sono i report falsificati in modo grossolano, le fascette da elettricista utilizzate per riparare in modo posticcio i freni degli impianti, i fili scoperti e andati in corto circuito, le scatole elettriche manomesse. E, soprattutto, le intercettazioni. Alcune eloquentissime: «Tu mi devi credere, io stesso quando vado a Barberini ho paura», dice uno dei dipendenti della Metroroma a un collega. Una vicenda «riprovevole», scrive il gip nelle 98 pagine di ordinanza, che denota un «totale disinteresse per la sicurezza degli impianti». Nell’azienda sapevano che la Metroroma faceva riparazioni fantasma o posticce, ma nessuno è intervenuto. Atac ha sporto denuncia 5 mesi dopo l’incidente di Repubblica e solo in quell’occasione è stata disposta la risoluzione del contratto, nonostante i guasti e le carenze di servizio fossero stati segnalati mensilmente dalla stessa azienda. «Se non ci fosse stata la vigoria dei tifosi russi non sarebbe mai venuta alla luce», stigmatizza il gip.

Sono le carte dell’inchiesta e la relazione del consulente tecnico Rodolfo Fugger a sottolineare le inadempienze che hanno portato all’incidente a Repubblica. L’elenco è lunghissimo. Manomissione del freno di emergenza «attraverso fascette di plastica, riducendo l’efficienza del freno stesso del 50%». Risultato: «Una gravissima situazione di insicurezza nel funzionamento della scala». L’ipotesi è che il sabotaggio sia arrivato dopo un guasto - mai riparato - del sensore di eccesso velocità. E ancora: «Omessa registrazione del freno di servizio», modifica dei «parametri di memorizzazione dei codici di guasto», impedendone la registrazione. Tutte «omissioni dolose», per il gip. In un anno, risultano solo due manutenzioni del freno di emergenza - peraltro considerate falsate -, mentre si tratta di un intervento da effettuare con cadenza mensile. E proprio questa è una delle più gravi omissioni dell’Atac: «Non risulta che a fronte di questi omessi controlli sul freno di emergenza (e sugli altri componenti) l’Azienda abbia mai eccepito alcunché o prescritto provvedimenti».

Ma sono le intercettazioni a incastrare molti indagati. Le operazioni di captazione iniziano dopo l’incidente a Barberini, il 21 marzo scorso. Si rompe la scala numero 30, ma dai dialoghi emerge che anche le altre scale erano state sabotate. La 31, per esempio, presenterebbe dei problemi di sicurezza «La mettiamo in discesa ma c’ha il disco... ma frena?», dice un tecnico della Metroroma al suo superiore, Giuseppe Ottuso. E lui: «E che ne so io?».

Un altro dipendente della ditta di manutenzione dopo il sopralluogo è sotto choc: «Succedono cose gravi qua abbiamo trovato dispositivi di sicurezza messi su off, questa scala se si usuravano i freni non si sarebbe mai fermata, ‘sta scala pigliava fuoco». Sono «parole terribili - commenta il gip - un vero e proprio j’accuse».
Il giorno prima dell’incidente, sulla scala numero 35 erano state eseguite prove di sicurezza. Era emersa la presenza di una vibrazione dei motori di trazione, che si verificava all’avvio. Per evitare di riparare il guasto, i tecnici Metroroma avevano provveduto a modificare la taratura. Ne parlano al telefono Renato D’Amico, direttore d’esercizio della linea A, e la collega Marina Adduce. Il problema è che a breve l’Ustif (sezione del ministero dei Trasporti) dovrà fare la prova di collaudo decennale e D’Amico è deciso a insabbiare la problematica evitando di segnalarla. E la Adduce evidenzia la gravità del tentativo da parte della Metroroma di mettere in moto una scala pericolosa: «Hanno fatto le prove riducendo i parametri della scala per non far accorgere all’Ustif e al responsabile di esercizio e quindi questa è frode». E aggiunge: «Tutta l’azienda lo sapeva, comincia ad essere preoccupante».

D’Amico per il gip è consapevole dei problemi di sicurezza in molte stazioni e, nonostante questo, spinge per evitarne la chiusura. «Bisogna essere onesti - dice intercettato - si sono verificati incidenti che avvengono una volta nel mondo ogni 10 anni, uno con feriti e gli altri hanno avuto culo». Ma non è preoccupato: «Se famo er calcolo delle probabilità, su 700 ne sarebbero venute giù altre 3 o 4, dai». Il 28 marzo legge a un collega una mail sulla stazione Cornelia: «I dispositivi di controllo dell’usura e della mancata apertura dei freni risultavano disabilitati, vanno ad agire sulla sicurezza, è preoccupante». Parlando della Metroroma dice che «questi vanno mandati via». Ma aggiunge: «Pure noi non abbiamo controllato niente sta c... de ditta».

Per il dirigente indagato, il sequestro della stazione Barberini da parte della magistratura è stata «una mossa esagerata». Vuole addirittura nascondere un incidente che c’è stato nella stazione Libia, «perché sennò arriva la procura e chiude tutto». Secondo il gip non si comprende come «la magistratura possa aver condizionato negativamente l’operato di un’azienda che per 5 mesi non aveva certo brillato per spirito di iniziativa nel risolvere il contratto con un’impresa dimostratasi ampiamente inadempiente».
 

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