Russia-Ucraina: «Le case a Roma poco sicure», diplomatici russi in ambasciata

Russia-Ucraina: «Le case a Roma poco sicure», diplomatici russi in ambasciata
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 27 Aprile 2022, 23:53 - Ultimo agg. 29 Aprile, 08:13
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«Dal prossimo 15 maggio per ragioni di sicurezza siete invitati a lasciare le vostre private abitazioni per risiedere nella nostra ambasciata». Deve essere in sostanza l’ordine che nelle scorse ore è stato impartito dall’ambasciatore a Roma della Federazione Russa, Sergey Razov, ai funzionari del proprio corpo diplomatico di stanza nella capitale.

Una decisione che non ha precedenti e che rende ben evidente il clima dei rapporti bilaterali tra la Russia e l’Occidente. Tutti i consiglieri, segretari e addetti della rappresentanza diplomatica russa a Roma dovranno lasciare i propri appartamenti per stabilirsi in qualche alloggio allestito direttamente nell’ambasciata di via Gaeta, nella storica e splendida residenza dei plenipotenziari russi di Villa Abamelek o, probabilmente, in altri appartamenti decisi dall’ambasciata. Difficile stabilire se questa sia realmente una mossa scaturita da reali esigenze di sicurezza e di prudenza per mettere al riparo da possibili agguati il personale diplomatico. Non è da escludere che la decisione ad effetto possa essere frutto dell’ormai ampiamente collaudata strategia di Mosca finalizzata ad alimentare la narrazione della «caccia al russo» e dell’accusare gli occidentali di avere atteggiamenti «russofobici». 

Intanto - secondo quanto raccolto dal Mattino - sono già diversi gli appartenenti alla rete diplomatica della Federazione Russa che negli ultimi giorni hanno comunicato ai proprietari di casa di dover lasciare gli appartamenti presi in fitto entro il 15 maggio per trasferirsi in ambasciata. 

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Il personale accreditato a Roma - dopo l’espulsione agli inizi di aprile di 30 diplomatici russi accusati dalla Farnesina di mettere in pericolo la sicurezza nazionale italiana - conta attualmente su circa 40 addetti, escluso il personale di servizio. Si tratta di consiglieri, rappresentanti commerciali, primi e secondi segretari, addetti di Marina ed Esercito. Molti di questi dovranno ora fare le valigie e trasferirsi in ambasciata o in sedi ritenute sicure. Eppure, da quando lo scorso 24 febbraio i militari di Mosca hanno invaso l’Ucraina, gli unici segnali di insofferenza verso i russi sono stati solo simbolici. Un secchio di vernice rossa, due settimane fa, è stato lanciato da un cittadino ucraino contro il portone d’ingresso della sede romana dell’ambasciata di via Gaeta, a simboleggiare il sangue versato dai propri connazionali. Altre scene simili si sono viste all’esterno di ville appartenenti ad oligarchi russi, tinteggiate con i colori della bandiera ucraina. Ma all’esterno della sede diplomatica della Federazione Russa sono stati pure lasciati nelle ultime settimane fiori e biglietti da parte dei cittadini italiani. Tutt’altro che segnali di «russofobia» come segnala costantemente il governo di Mosca sulle tv di Stato e attraverso i propri account sui social.

Resta da capire se la scelta di far trasferire il personale diplomatico in ambasciata sia una decisione presa in Italia oppure se l’ordine sia arrivato direttamente dal Cremlino anche per altre sedi diplomatiche dell’Occidente. 

Nulla può far escludere che la scelta di Mosca possa essere conseguenza dell’espulsione dei 30 diplomatici russi dall’Italia decisa dalla Farnesina lo scorso 5 aprile. I 30 emissari di Mosca furono ritenuti «persone non grate», 25 di questi - secondo l’Aisi, l’agenzia interna della nostra intelligence - erano per certo spie di Mosca. 007 russi che in questi anni hanno provato più volte a mettere le mani sui segreti italiani, in particolar modo sui dossier relativi alla nostra Difesa e alle strategie militari della Nato. Il caso più eclatante risale sicuramente allo scorso anno quando proprio due persone accreditate presso l’ambasciata della Federazione Russa - l’addetto militare Alexey Nemudrov e l’addetto alla Difesa aggiunto Dmitry Ostroukhov, poi espulsi - furono accusate di aver tentato di comprare alcuni dossier militari classificati dal capitano di fregata della nostra Marina, Walter Biot. Per i russi far alloggiare i propri emissari all’interno dell’ambasciata potrebbe essere un modo anche per cercare di tenerli al riparo da occhi indiscreti o, forse, evitare che alcuni possano finire sotto la lente del nostro controspionaggio. Intanto una buona parte del corpo diplomatico russo ha già pronti gli scatoloni.

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