San Raffaele, l'ipotesi del pm: «Epidemia e omicidio colposi»

San Raffaele, l'ipotesi del pm: «Epidemia e omicidio colposi»
San Raffaele, l'ipotesi del pm: «Epidemia e omicidio colposi»
di Giuseppe Scarpa
Martedì 23 Giugno 2020, 00:00 - Ultimo agg. 09:00
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Epidemia colposa e omicidio colposo. La procura ha aperto un fascicolo indicando due ipotesi di reato a carico di ignoti. Sembra accelerare l’inchiesta sull’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Raffaele Pisana. Gli inquirenti stabiliranno in un secondo momento su quale reato virare, a seconda del volume dei contagi e dei decessi. I numeri, 119 positivi al Coronavirus tra pazienti e personale sanitario (l’ultimo ieri, un infermiere) e i sei decessi, sono fondamentali ai fini dell’accusa per incardinare l’inchiesta. 

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L’indagine dovrà mettere a fuoco le due procedure seguite all’interno del San Raffaele per evitare che il virus potesse entrare e poi propagarsi. Si tratta di due fasi ben distinte regolate da altrettanti protocolli, il cui rispetto, teoricamente, dovrebbe impedire la diffusione del virus.

​Perciò i carabinieri del Nas romano, guidato da Maurizio Santori, dovranno lavorare su un doppio binario. Da una parte, si deve scoprire come Sars-CoV-2 sia entrato all’interno della struttura, se davvero sia stato portato da un paziente trasferito da un altro ospedale ed erroneamente risultato negativo al tampone. Ma si verifica anche se siano state rispettate tutte le procedure. 

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Nel Lazio la sanità privata ha registrato già numerosi cluster: Cassino, Monte Compatri, Rocca di Papa e ora il San Raffaele della Pisana. Se nei primi casi, o anche quelli di ospedali e rsa di altre regioni, era inevitabile l’effetto sorpresa di un nemico sconosciuto, questo nuovo focolaio è meno spiegabile, perché in corsia andrebbero rispettate delle procedure tali da scongiurare la diffusione del virus nel malaugurato caso che un operatore o un paziente sia positivo. Dovrebbero esserci percorsi protetti, utilizzo meticoloso dei dispositivi di protezione, il personale non dovrebbe spostarsi da un reparto all’altro. Eppure, al San Raffaele le misure di precauzione non avrebbero funzionato. 

Anche il sistema usato per fare i tamponi sul personale e sui ricoverati, gestito direttamente dal San Raffaele, sarà oggetto di verifica da parte degli inquirenti. Se un paziente viene trasferito da un’altra struttura, il tampone viene eseguito all’origine, ma poi la responsabilità di un corretto rispetto delle procedure si sposta all’interno della clinica. 
 

 

Gli investigatori stanno esaminando sia le gestione degli ingressi, sia quella più prettamente interna. Sono state rispettate le regole di controllo pazienti e personale per evitare che un positivo entrasse dentro la struttura? Questa è la prima domanda a cui cercano di dare risposta. Secondo fronte: i protocolli interni per evitare che il virus fosse trasmesso da una persona ad un’altra, sono stati applicati? Alla fine i Nas dovranno depositare una dettagliata informativa sulla scrivania dell’aggiunto Nunzia D’Elia e del sostituto Gianfederica Dito.

Si conferma, comunque, che i luoghi al chiuso restano i più insidiosi: un campanello d’allarme per l’autunno-inverno, quando trascorreremo meno tempo all’aria aperta. «Aspettiamo con fiducia l’esito delle indagini, consapevoli di aver sempre rispettato tutte le procedure previste», fanno sapere dall’Irccs San Raffaele.

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