È la seconda protesta di questo tipo dopo quella intrapreso nel giugno 2017. La donna è decisa a dormire all'interno della cappella nella quale riposa il figlio, nel cimitero di Terni. «Sarò qui - ha detto - finché non verranno riaperte le indagini sulle cause della morte, sarà riesumato il corpo e io potrò vedere il luogo in cui è avvenuto l'incidente». Altrimenti, si dice pronta «a portare fuori da sola la bara». «E se mi faranno allontanare dalla tomba - aggiunge - stanotte dormirò in auto davanti al cimitero e domani mattina sarò di nuovo qui». «Mi appello a tutte le forze politiche e a tutti coloro che proteggono i cittadini abbandonati dalla giustizia» ha scritto su un grande cartellone che, insieme alle foto di Maringleno, ha affisso fuori dalla tomba.
«È stato fatto il funerale di mio figlio - ha sostenuto - senza autopsia. Nessuno ha voluto darmi risposte, neanche i medici.
Mi è stato persino negato il diritto di vedere mio figlio sul letto dell'ospedale: non ho potuto neanche dirgli addio. L'ho rivisto in una bara, tutto questo è di una crudeltà inaudita». La donna - che si è rivolta in passato anche al ministero della Giustizia e alla presidenza delle Repubblica - contesta in particolare quanto successo in ospedale. «Era arrivato cosciente - ha detto ancora -, ma dopo poche ore è morto. Mi hanno detto che era entrato in sala operatoria, ma in realtà è morto al pronto soccorso. Che cosa è successo?». Le indagini a carico dei medici coinvolti sono state però archiviate su richiesta della stessa procura di Terni. Due condanne ad un anno e mezzo e ad un anno sono state invece inflitte nell'ambito del procedimento relativo all'incidente sul lavoro.