Scontrini, Marino: «Sollievo, ma non sono allegro»

Scontrini, Marino: «Sollievo, ma non sono allegro»
Mercoledì 10 Aprile 2019, 12:26 - Ultimo agg. 13 Giugno, 11:39
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La notizia del verdetto di assoluzione pronunciato dalla Cassazione, che chiude una vicenda durata quasi quattro anni, gli arriva mentre è a Città del Messico, in attesa di intervenire a un congresso. Ignazio Marino si commuove. Chi è vicino a lui lo descrive come «emozionatissimo» per una notizia che sotto sotto si aspettava, ma che vive come «la fine di un incubo, umano e professionale». La mente del chirurgo torna subito a quei lunghissimi giorni d'autunno nel 2015, che posero fine prematuramente alla sua esperienza di sindaco di Roma. E che lo hanno costretto a difendersi da accuse come peculato e falso, per gli ormai famigerati scontrini di alcune cene consumate mentre era primo cittadino della Capitale. Lui che ha sempre rivendicato di essere «una persona onesta», colpita da «una condanna politica» e da un errore che «per fortuna è stato riparato dalla Cassazione». Una vicenda che, rimarca, ha causato «una ferita per la democrazia che non si rimargina».
L'assoluzione «è un sollievo ma non posso affermare di essere allegro. Penso infatti a tutte le persone, familiari, amici, compagni di sogni e progetti che hanno sofferto con me, e per me, in questi anni», ha poi scritto sul suo profilo facebook prima di intervenire al World Trade Center Association 2019 Summit


 

LA RIPARAZIONE
I ricordi sono nitidissimi: gli esposti del Movimento 5Stelle e di Fratelli d'Italia, la feroce polemica politica, le dimissioni dal notaio dei consiglieri comunali del Pd che, insieme ad alcuni esponenti dell'opposizione, causarono la decadenza di Marino dalla sua carica, il 30 ottobre 2015, poco più di due anni dopo il suo insediamento a Palazzo Senatorio dopo il vittorioso duello con l'ex sindaco Gianni Alemanno. E poi il processo, con la piena assoluzione in primo grado e l'inaspettata condanna, a due anni di reclusione, in appello. Stavolta, commenta il chirurgo, «hanno vinto la verità e la giustizia». Ma le ferite, anche quelle politiche, non si rimarginano facilmente. «La sentenza della Cassazione non rimedia ai gravi fatti del 2015, alla cacciata di un sindaco democraticamente eletto e di un'intera giunta impegnati senza fare compromessi per portare la legalità e il cambiamento nella Capitale d'Italia», sottolinea Marino, affidando il suo pensiero ai più stretti e fidati collaboratori.

IL RITORNO
Conclusi il suo impegno professionale in America Centrale rientrerà subito a Roma, «a testa alta come sempre», nel suo appartamento in pieno centro storico. Pronto a togliersi qualche ingombrante sassolino dalle scarpe: «Per le valutazioni politiche e le responsabilità individuali ci sarà tempo - avverte - Oggi è il tempo delle considerazioni personali». Per queste ultime non si fa pregare, adesso che gli ermellini di piazza Cavour gli hanno dato definitivamente ragione: «Non posso che ripetere a testa alta, come ho sempre fatto, ciò che ho sostenuto dal primo giorno in cui mi sono state rivolte accuse infondate e infamanti: non ho mai utilizzato denaro pubblico per finalità private». Anzi, aggiunge, «è piuttosto vero il contrario».

IL FANGO
Nomi non ne fa, ma l'indirizzario è vasto: «Finalmente oggi è chiaro e tutti, anche a coloro che mi hanno infangato provocando dolore e imbarazzo a me e alla mia famiglia», scandisce Marino. A cui troppe cose non sono mai andate giù: «Mi è stato imputato persino lo scontrino della cena con Anne Hidalgo (sindaco di Parigi, ndr) - aveva detto dopo la condanna in secondo grado - Più che un'inchiesta è stata una vera e propria persecuzione. Perché è davvero assurdo pensare che le cene istituzionali del sindaco della Capitale d'Italia vengano considerate praticamente in massa un atto di peculato».

L'EPILOGO
Adesso Marino, pur con l'amarezza che rimane, può godersi il pieno riconoscimento della sua innocenza, con un'assoluzione caldeggiata dallo stesso Pg della Cassazione.
Per l'analisi politica e giudiziaria dei fatti del 2015, il chirurgo adesso non ha fretta.

 
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