È riapparso dopo quasi sei anni di silenzio, da quel luglio del 2015, quando l’Ispra aveva appena consegnato al Governo la proposta di carta dei siti per il deposito nucleare e si aspettava il via libera a giorni. Da quel momento non si è saputo più nulla e, in un’Italia dove le Regioni ora sono caratterizzare dai colori giallo, arancione o rosso dell’epidemia da Covid, ieri la mappa d’Italia si è fatta “verde”. Varie sfumature di verde, adeguate al livello di idoneità delle possibili localizzazioni. E come previsto, non appena i siti individuati per accogliere i rifiuti nucleari sono stati resi noti, sono scoppiate le polemiche: dal Piemonte al Lazio, e in particolare alla zona del viterbese, dove sono 22 i potenziali luoghi individuati per la costruzione del Deposito, in una zona notoriamente sismica.
A pubblicare l’elenco è stata la Sogin (società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari): si tratta di 67 zone che soddisfano i 25 criteri stabiliti sei anni fa e riportati nella Cnapi, la carta delle aree potenzialmente idonee. È stata pubblicata anche una mappa, che si trova sul sito Depositonazionale.it, per rendere ancora più chiare quali saranno le 8 grandi aree possibili e le provincie interessate.
La decisione finale avrà ancora bisogno di tempo e di altrettante valutazioni e verifiche. Davanti alle proteste generali, ieri il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il sottosegretario con delega alle politiche nucleari, Roberto Morassut, sono intervenuti per cercare di fare chiarezza: «Con la pubblicazione della Cnapi - hanno spiegato -, parte una storica fase di partecipazione e coinvolgimento di cittadine e cittadini. Adesso si avvia il confronto che durerà alcuni mesi, con un percorso articolato e stabilito per legge, con enti locali, associazioni di categoria, università, sindacati. Inutile - hanno aggiunto - nascondersi dietro un dito: per anni i governi precedenti hanno eluso il problema, rinviando la soluzione, che evidentemente non porta voti né consensi. Adesso il Paese conosce i 67 siti potenzialmente idonei. Ribadiamo: “potenzialmente”: questo non significa che sia stata assunta alcuna decisione alle spalle delle comunità locali, come qualcuno in malafede sta sostenendo in queste ore».
Le proteste, comunque, non accennano a diminuire. E c’è chi come il ministro della Salute, Roberto Speranza, nato a Potenza, interviene per escludere l’idoneità della sua Basilicata. «Sono siti a bassa idoneità e quindi da escludersi in vista della valutazione definitiva - ha dichiarato - La ragione principale è che le aree individuate sono in zona sismica 2. Va altresì valutato che la grande parte dei rifiuti nucleari è già collocata in aree del Paese distanti dalla Basilicata».
Il deposito dovrebbe entrare in funzione nel 2029 e durare 40 anni. Ospiterà 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività (oggi vengono chiamati a bassissima e bassa attività perché sono stati riclassificati) e circa 17 mila metri cubi ad alta attività. Una parte di questi materiali verrà dalla fine del decommissioning delle centrali e una piccola parte tornerà dagli impianti in Francia e Gran Bretagna che hanno riprocessato le barre esauste di combustibile. Quello che verrà realizzato è un deposito, con parco tecnologico, su un’area di 150 ettari (110 deposito e 40 parco). Sarà a matrioska: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale per contenere i rifiuti radioattivi. Custodirà i rifiuti per 300 anni. In un’apposita area del deposito saranno stoccati anche 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività, quelli che rimangono radioattivi per migliaia di anni. Questi dovranno poi essere sistemati definitivamente in un deposito sotterraneo ancora da individuare, probabilmente a livello europeo. L’impianto costerà 900 milioni di euro, finanziati con la quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari. «Si stima che la costruzione - ha dichiarato Sogin - genererà oltre 4.000 posti di lavoro l’anno per 4 anni di cantiere».