Serena Mollicone, la famiglia della vittima: «Vergogna, le prove c’erano. Noi non ci fermeremo qui»

Serena Mollicone, la famiglia della vittima: «Vergogna, le prove c’erano noi non ci fermeremo qui»
Serena Mollicone, la famiglia della vittima: «Vergogna, le prove c’erano noi non ci fermeremo qui»
di Vincenzo Caramadre e Pierfederico Pernarella
Venerdì 15 Luglio 2022, 23:17 - Ultimo agg. 16 Luglio, 12:45
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C’era anche Antonio Mollicone, lo zio di Serena, tra la folla che alla fine dell’udienza ha accerchiato e tentato ed aggredire i Mottola e i loro legali. Portava la mascherina, ma i suoi occhi, erano pieni di rabbia per l’assoluzione di tutti gli imputati. «Andremo avanti non ci fermiamo di fronte a questa meschinità. Non lo abbiamo fatto per 21 anni e non lo faremo ora. Una bambina è stata brutalmente trucidata e dobbiamo anche vedere la gente che si abbraccia e applaude. Ci sono prove di carattere logico e scientifico - ha gridato lo zio della diciottenne - Ad oggi dobbiamo prendere atto purtroppo che non c’è stata giustizia». 
Antonio Mollicone come ha fatto per anni suo fratello Guglielmo, morto prima dell’inizio del processo, ha puntato il dito contro i tanti che sapevano e non hanno parlato, ostacolando la ricerca della verità: «Tanta gente sapeva e non ha parlato e ha favorito queste persone». Per lo zio di Serena le prove c’erano ed erano schiaccianti: «Non condivido questa sentenza come cittadino italiano e non solo come familiare: sì, ci sono prove schiaccianti. Non è vero che non c’erano indizi - ha spiegato - lo abbiamo dimostrato con scienziati venuti in Aula a raccontare come sono andate le cose». 

Lo zio di Serena si riferisce agli accertamenti di natura scientifica eseguiti sulla porta dell’alloggio dei Mottola, ritenuta dall’accusa l’arma del delitto. Ma per i giudici, le conclusioni dei consulenti non hanno dimostrato la piena colpevolezza. «Adesso - ha spiegato - si sono accorti che mancavano dei centimetri, tutto collimava». Ma la battaglia della famiglia Mollicone non si fermerà con la sentenza di primo grado. 
«Andremo avanti, purché la nostra bambina trovi la pace che fino a questo momento le è stata negata».

Antonio non poteva non ricordate il fratello Guglielmo: «Oggi è stata una giornata di attesa con il ricorrente pensiero verso mio fratello, verso Serena e verso sua madre. Se qualcuno pensa che noi ci arrenderemo si sbaglia di grosso, forse altri lo faranno».

 

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La figlia del brigadiere

Rabbia e amarezza anche per Maria Tuzi, la figlia del brigadiere Santino morto suicida nel 2008 dopo la rivelazione choc sull’ingresso in caserma di Serana la mattina del primo giugno 2001. La donna al termine dell’udienza ha atteso fuori dall’aula l’ex collega del padre, l’appuntato Francesco Suprano, anche lui assolto. «Francesco, perché mi ignori e fai finta di non vedermi? Dovevi dire la verità, coma ha fatto mio padre». 
Poi la figlia del brigadiere ha dato sfogo alla sua rabbia: «Cosa racconto stasera ai miei figli? Serena com’è morta? Chi l’ha ammazzata? È questa la giustizia, è questo quello che ci aspetta. Per decine di volte abbiamo ascoltato in aula che mio padre è stato lasciato solo, ora lo stesso destino è toccato anche a Serena. Guglielmo si è battuto per Serena e per mio padre, per nulla». Anche la figlia di Tuzi, come Antonio Mollicone, e prima di loro Guglielmo, parla del muro di omertà che è stato innalzato per anni. «Le persone che sanno devono parlare, se hanno un briciolo di coscienza devono parlare. Gli indizi c’erano, non è possibile che siano stati assolti così». 
In aula c’era anche la sorella più grande di Serena, Consuelo, che immediatamente dopo la lettura della sentenza è fuggita via, a testa bassa, con gli occhi coperti di lacrime, scortata dai legali e dai familiari, che hanno detto: «Abbiate rispetto di noi. In questo momento, non abbiamo parole per commentare quanto accaduto».

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