Siccità, finto problema: l'acqua c'è ma si spreca e mancano le cisterne

Le precipitazioni restano sufficienti: il Paese non è votato alla desertificazione

Siccità in Italia
Siccità in Italia
di Erasmo D'Angelis
Lunedì 20 Marzo 2023, 07:46 - Ultimo agg. 16:46
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Mai come oggi l'acqua ha bisogno di verità e non di finzioni, né di ipocrisie. Nell'area del Mediterraneo le temperature corrono a una velocità del 20% superiori alla media globale, riducendo anche la leggendaria caratteristica termoregolatrice che garantiva all'Italia quel "clima temperato" gradevole e dolce. Così circa 250 milioni di persone fanno e faranno i conti con scarsità idrica e aree costiere condizionate dall'innalzamento del livello del mare, sufficiente a salinizzare le acque di falda delle terre agricole di pianura. Ondate di calore prolungate, le siccità e le carestie periodiche tra Tunisia, Algeria e Marocco spingono alle migrazioni.

Se il bacino del Mare Nostrum è uno dei "laboratori" degli impatti del riscaldamento globale, per collocazione geografica l'Italia rischia le peggiori conseguenze, ma con caratteristiche che nessun altro Paese ha: le nostre crisi idriche oggi sono soprattutto crisi di infrastrutture idriche e di un sistema di approvvigionamento e distribuzione molto vulnerabile, con enormi e storiche falle da tappare, ed essendo l'acqua fortunatamente una risorsa rinnovabile con le precipitazioni, l'Italia non è destinata a diventare né un territorio desertico, né la California o Israele. Di piogge ne abbiamo e le proiezioni indicano che ne avremo ancora in abbondanza.

L'analisi idrologica più aggiornata che sarà presentata domani al Senato dalla Fondazione Italiadecide, realizzata dalla Fondazione Earth Water Agenda con Proger su dati Ispra, Copernicus, Cnr, Enea, Istat, Autorità di bacino, Regioni e Ministeri, Consorzi di Bonifica e Utilitalia - mostra una delle più straordinarie dotazioni mondiali di acqua. La media delle precipitazioni sull'Italia dal 1952 indica 301 miliardi di metri cubi all'anno, cioè 2.800 metri cubi ad abitante, una dotazione incredibile se pensiamo al consumo medio annuale di una famiglia di 140 metri cubi. Tra i 27 Paesi UE siamo al quinto posto dietro Croazia, Irlanda, Austria e Slovenia. con 1000 mm di pioggia all'anno a fronte di una media europea di 856. Tra le grandi città Milano è la più piovosa d'Europa con 1162 millimetri all'anno, ma sorprendentemente segue Napoli con 1.008 millimetri, poi Firenze a 935, Torino a 914, Roma a 837 e solo dopo arrivano Parigi 720, Londra 690 e Berlino 669. E del resto la nostra ricchezza di acqua è visibile nel nostro ricchissimo patrimonio idrologico con 75.000 sorgenti, 7.644 corsi d'acqua con 1200 fiumi, 368 laghi e 15.963 piccoli specchi d'acqua, 1.053 falde di acqua purissima.

La nostra "Penisola blu" avrebbe dunque acque largamente sufficienti per tutti gli utilizzi, visto che la media annuale utilizzabile è stratosferica e pari a 168 miliardi di metri cubi. Ma di questa abbondanza quanta ne preleviamo? Appena 34 miliardi di metri cubi all'anno, circa l'11%, che comunque consentirebbe la sicurezza dei fabbisogni idrici di quasi due penisole italiane. Ma così non è perché 7,6 miliardi di metri cubi prelevati non arrivano a destinazione e si sprecano per strada e l'acqua disponibile si riduce a 26,6 miliardi così distribuiti: 51% in agricoltura, 21% nell'industria, 20% nel servizio idrico, 5% per l'energia, 3% zootecnia. Sarebbe ancora sufficiente senza perdite e sprechi negli utilizzi tra il 70% e il 20%.

Questo elevato livello di dispersione fa paio con il secondo nostro grande gap, quello dell'immagazzinamento di acqua dove siamo fermi alle stesse capacità di invaso di 50 anni fa, ma con necessità e consumi nel frattempo enormemente aumentati.

Le nostre 531 grandi dighe avrebbero una capacità di stoccaggio di acqua per 13,6 miliardi di metri cubi, ma oggi ne invasano solo 8,8 miliardi per una quota di dighe in invaso limitato o fuori esercizio e per l'interramento progressivo con sedimenti accumulati e mai rimossi per disinteresse, procedure assurde e persino proteste locali. Abbiamo poi 26.288 "piccole dighe" nelle stesse condizioni, e servirebbero almeno 2000 nuovi piccoli e medi invasi come prevede il piano di emergenza dei Consorzi di bonifica. Ma trattenere solo il 4% scarso dell'acqua piovana è un altro paradosso italiano, come l'acqua-Cenerentola lasciata ai margini degli investimenti dove vale solo circa l'1% dell'intera spesa pubblica nazionale, e le stesse briciole le destina il PNRR con poco più di 4 miliardi su complessivi 191,5.

L'acqua, insomma, è la grande assente nella visione politica, ed è clamorosa e autolesionista la sottovalutazione generale del lavoro per poterla captare, immagazzinare, trasportare, distribuire, depurare, desalinizzare e trasformarla in energia rinnovabile. Ma non dovremmo vergognarci di essere largamente primi nelle classifiche europee di inquinamento, sprechi e dispersioni? Non dovrebbe farci reagire il pagamento passato sotto silenzio di ben 165.000 euro al giorno - ogni 24 ore! per le prime 2 condanne della Corte di giustizia europea per mancata depurazione in circa 2000 Comuni con un terzo di italiani non allacciati a un depuratore o addirittura a una rete fognaria? Se è un dovere costruire ponti e reti ferroviarie, stradali digitali ed energetiche, perché la "rete delle reti", la rete dell'acqua non è una priorità? Per questo, le sempre più prolungate siccità ci sbattono in faccia ogni volta le insopportabili condizioni di sottosviluppo infrastrutturale, e non solo nel Mezzogiorno ma oggi anche nel Nord produttivo, dove ogni promessa di investimenti è rimasta lettera morta.

Il Nord ormai somiglia al Sud, colpito da siccità che aprono scenari mai messi in conto. Dopo aver ignorato allarmi siamo al devastante biennio siccitoso 2022-23. Non si ricordano nella nostra storia recente due anni di fila con la peggiore e più lunga delle 9 gravi siccità che ci hanno colpito dal 2000 2000, 2001, 2002, 2003, 2006, 2012, 2017, 2019 con esborsi pubblici per oltre 20 miliardi. Per la prima volta la siccità mette però in ginocchio il cuore produttivo del Nord e un Nord-Est dove fioccano ordinanze di razionamento di fronte alle immagini dell'agonia del Po verso il Delta dove l'acqua salata risale per 40 chilometri, desertificando e inquinando falde di acqua dolce che diventano salmastre. Ma l'effetto "cuneo salino" colpisce da un decennio molti acquiferi costieri con inaridimento già in atto su circa 20.000 chilometri di terreni agricoli dall'alto Adriatico alla Maremma, dalle coste laziali al Sud e sulle isole.
Mai viste secche del Po così dal 52 con le acque del Grande Fiume di Giovannino Guareschi anche dieci volte sotto le medie portate. Irriconoscibili e stremati sono anche i laghi con cali spaventosi. Il Po con la sua acqua e quella dei suoi 141 affluenti alimenta il 40% del Pil italiano con produzioni agricole, industriali, zootecniche, idroelettriche. L'agricoltura ha subito cali con punte del 45% in meno per il mais e i foraggi e del 30% per il riso, denuncia Coldiretti. La produzione idroelettrica è passata dai 46,9 Twh del 2021 ai 29,7 del 2022 e il 2023 ha lo stesso trend, rileva Terna. Sono 1.703 i comuni sotto stress idrico ormai dalla primavera 2022, e per molti la Protezione Civile gestisce via vai di autobotti, sistemi di by pass e scavi di nuovi pozzi di emergenza.
Molti s'illudono che questa possa essere una crisi passeggera. In realtà la nottata non passerà, anzi rischia di andare peggio visto che i nostri periodi di siccità sono passati in media da 40 a oltre 150 giorni l'anno. È vero che della siccità si lamentava anche Giobbe, il Patriarca di Ur dalla pazienza proverbiale che descriveva i torrenti in secca come «dileguati... svaniscono, e all'arsura scompaiono dai loro letti». Ma è anche vero che la pazienza ha un limite e serve la concretezza di una strategia di adattamento e di investimenti e regole per tutti. Per il settore agricolo maggior utilizzatore di acqua con oltre il 50% nell'irrigazione ma con sprechi dal 50 al 70%, dove le tecnologie con micro-irrigazione o irrigazione a goccia mostrando risparmi clamorosi.
IL RIUSO DELLE ACQUE
Nell'industria idro-esigente che potrebbe utilizzare tranquillamente acqua di depurazione e sistemi di recupero e riuso delle acque meteoriche e non ottima acqua di falda solo per sanificare impianti, raffreddare macchinari, lavare piazzali e automezzi. Il riuso delle acque reflue è il capitolo che l'Italia deve assolutamente aprire, pena altre sanzioni europee. Ci sono ben 9 miliardi di metri cubi di acqua rigenerata da impianti di depurazione a costi elevati ributtati in mare mentre sarebbero in grado di soddisfare anche utilizzi urbani (lavaggio strade e auto, innaffiamento giardini...) e colture agricole. Nel Servizio idrico integrato dove dei 9,5 miliardi di metri cubi prelevati ne arrivano ai rubinetti 5,2 e le perdite superano anche il 100% nel Sud dove ancora non si applica la Legge Galli del 1996 con il perdurante rifiuto delle logiche industriali nella gestione idrica, nonostante disservizi clamorosi. La nostra rete acquedottistica è lunga circa 550.000 chilometri ma il 60% risale a oltre 30 anni fa, e il 25% a 70-80 anni fa. La rete fognaria è lunga circa 1 milione di km. Servirebbe sostituire, rigenerare e riparare almeno 200.000 km di reti e posare 50.000 km di nuove condotte, 30.000 per l'acqua e 20.000 per le fognature. Ma con l'attuale tasso di rinnovo ai minimi europei - 3,8 km all'anno - Utilitalia calcola due secoli e mezzo per eliminare le perdite oggi al 38,2% dei 385 litri per abitante immessi giornalmente. E i fabbisogni complessivi stimati dai 61 Piani di Ambito italiani sono pari a 65 miliardi di euro, di cui 26 immediati.
Oggi il governo fa riemergere dalle nebbie ministeriali 7,8 miliardi di impegni finanziari rimasti a prendere polvere nell'indifferenza generale mentre la natura faceva il suo corso. Prepara cabina di regia, commissario e un piano di interventi che potrebbe inserire nuove "fonti" come la ricarica delle falde e la dissalazione in aree costiere con elevata domanda turistica o nelle isole che oggi copre lo 0,1% del fabbisogno idrico ma potrebbe garantire in poco tempo il 4%. Servirebbe riformare le governance riducendo l'incredibile frammentazione di competenze con una Authority nazionale dell'Acqua che regoli e controlli tutti gli utilizzi.
Insomma, non ha molto senso essere ricchi acqua ma poveri di infrastrutture idriche, e per questo se un tempo l'uomo aveva bisogno dell'acqua, oggi è l'acqua ad avere un disperato bisogno dell'uomo. Basta non dimenticarlo alle prime piogge.
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