La siccità risparmia il Sud Italia
ma è dove si spreca troppa acqua

La siccità risparmia il Sud Italia ma è dove si spreca troppa acqua
di Lorenzo Calò
Sabato 18 Giugno 2022, 11:18 - Ultimo agg. 15:30
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Se la siccità di questo 2022 si è abbattuta sul Nord prosciugando i fiumi ed essiccando le vette alpine, gli scherzi del clima sembrano aver riservato maggiore generosità pluviale al Mezzogiorno capovolgendo anni di quella ciclica routine che rendeva l'estate al Sud torrida, arida e rovente. Insomma, mentre al di là della linea gotica si soffre la sete e l'agricoltura boccheggia, nel Meridione alla vigilia dell'estate l'acqua non manca. Però... Però si perde e si spreca. Né basta una paccata di milioni a risolvere il problema di reti fatiscenti e condutture colabrodo.

Un esempio? Lo scorso novembre è stato pubblicato il bando che assegna 313 milioni di fondi Pnrr per intervenire sull'inadeguata dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno. Agli enti d'ambito delle cinque regioni coinvolte venivano assegnati 45 giorni di tempo per presentare i progetti «anche attraverso l'impiego delle migliori tecnologie digitali per il monitoraggio delle reti e il miglioramento della resilienza, tenendo conto dei principi e gli indirizzi europei, della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici».

Bene: quei fondi sono in gran parte ancora lì perché i pochi progetti presentati non sono stati ritenuti idonei dal ministero delle Infrastrutture che li ha rispediti indietro in quanto in molti casi privi dei requisiti essenziali. Secondo l'ultimo rapporto Svimez-Utilitalia lo spreco dell'acqua nelle regioni del Sud supera il 47 per cento con picchi del 60 in alcune zone siciliane e campane. Su un aspetto, però, le risorse Pnrr sono destinate a cambiare i rapporti di forza: gli investimenti pro-capite per il miglioramenti del servizio sono destinati a salire. Rispetto infatti a un investimento medio degli altri Paesi europei di 90 euro per abitante, l'Italia ha speso molto meno, circa 39 euro (dati 2017), 26 euro nel Mezzogiorno anche se - evidenzia lo stesso report - per colmare il divario infrastrutturale dal 2000 a oggi, il Sud dovrebbe reinvestire qualcosa come quattro miliardi.

ABRUZZO-MOLISE
Secondo una mappa di Coldiretti e Anbi il grano fa segnare un calo di almeno il 15% ma in difficoltà ci sono girasole, mais e altri cereali, i foraggi per l'alimentazione degli animali nonché ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere.

BASILICATA
Le aree maggiormente colpite dalla siccità sono l'Alto Bradano, nel Potentino, e la collina interna del Materano. Quanto ai cereali, si sta producendo il 40 per cento di cereali in meno rispetto allo scorso anno ma il motivo non è la carenza di acqua accumulata bensì l'ingente perdita di risorsa idrica lungo la rete. «Su quindici dighe in regione - spiega Donato Distefano, storico leader della Cia - due sono chiuse, tre funzionano a regime provvisorio, altre tre a scartamento ridotto, soltanto due hanno livelli accettabili di efficienza. La Basilicata a regime potrebbe accumulare riserve idriche per 900 milioni di metri cubi d'acqua ma ne accantoniamo meno della metà». Il tema è spinoso perché da qui partono le diramazioni per la Puglia e il Metapontino dove tra due settimane esploderà la stagione turistica con una richiesta di disponibilità d'acqua dieci volte superiore.

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PUGLIA
Proprio in Puglia per ora il costo più alto l'ha pagato l'agricoltura con perdite di circa 70 milioni. Negli invasi artificiali mancano 80 milioni di metri cubi d'acqua rispetto alla capacità, secondo i dati dell'Osservatorio Anbi Nazionale. Ma gli effetti sono evidenti anche sul settore olivicolo con una stima di un calo sensibile della produzione del 40%. «Tra Campania, Basilicata e Puglia occorre riformare l'intero sistema degli invasi per governare la risorsa idrica - chiarisce Distefano - e in secondo luogo vanno creati nuove vasche e nuovi sistemi per l'agricoltura che oggi da sola assorbe tra il 55 e il 57 per cento dell'acqua potabile».

CALABRIA
Qui la siccità ha fatto registrate una caduta di fiori e frutti negli uliveti, con una media regionale del danno che si attesta al 10% mentre la costa jonica a tratti raggiunge picchi di perdite che superano il 60%.

CAMPANIA
Per ora i danni accertati riguardano il grano duro con almeno il taglio del 20% delle rese nell'alto Casertano, nel Sannio e nell'Irpinia ma, in compenso, i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono buoni. Secondo l'ultimo bollettino Anbi dello scorso 14 giugno, peggiora il deficit idrico del Garigliano, migliora il Volturno (ma resta l'allerta) mentre il Sele recupera su livelli superiori alle medie degli ultimi quattro anni a Contursi e ad Albanella. Per quanto riguarda gli invasi, quello sotteso alla diga di Piano della Rocca sul fiume Alento è al 67% della propria capacità (in calo sulla settimana precedente); quello di Conza della Campania presenta un volume inferiore a quello dello scorso anno di 673.185 metri cubi. Per la Campania le speranze sono tutte legate alla realizzazione del maxi-intervento sull'invaso di Campolattaro (nel Beneventano): oltre 480 milioni di euro disponibili di cui 255 finanziari dal Pnrr. Insomma, entro il 2026, a oltre 44 anni dall'apertura del cantiere dei lavori per lo sbarramento sul fiume Tammaro e a 26 anni dalla conclusione degli stessi, la mega opera pubblica potrà diventare operativa assicurando 85 milioni di metri cubi d'acqua raccolti nell'invaso di 7 chilometri quadrati. «Ma serve nel Mezzogiorno una maggiore aderenza alle strutture d'impresa adottate al Nord, promuovendo aziende medio-grandi - raccomanda il rapporto Svimez - L'aver mantenuto in capo ai Comuni la gestione diretta del servizio idrico integrato nel Mezzogiorno, disapplicando sistematicamente la legge Galli, ha generato i ritardi rispetto al Nord. Nelle regioni dove la resistenza dei Comuni è stata maggiore nel cedere gli impianti a un gestore industriale, vi sono livelli più bassi d'investimenti e peggiore qualità del servizio». L'ultimo sigillo lo ha messo l'Arera in un rapporto pubblicato lo scorso 15 giugno sulle aziende di settore «top performer» fino al 2019: su 66 posizioni di livello censite, solo tre aziende del Sud raggiungono il podio.

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