Le Regioni aprono i confini, stop di Speranza. Zone rosse, Zaia fa ricorso

Le Regioni aprono i confini, stop di Speranza. Zone rosse, Zaia fa ricorso
di Rosario Dimito e Alberto Gentili
Venerdì 22 Maggio 2020, 08:23 - Ultimo agg. 12:40
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E' di nuovo scontro tra Regioni e governo. A innescarlo questa volta è la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto rilancio, con l'esclusione delle zone rosse di Veneto e Campania dal fondo di 200 milioni istituito presso il Viminale per le aree più colpite dalla pandemia. I governatori Luca Zaia e Vincenzo De Luca salgono sulle barricate. Chiedono all'esecutivo di riparare al torto. E con ogni probabilità, visto che il Pd, i 5Stelle e Italia Viva corrono a dare assicurazioni, la norma verrà cambiata in Parlamento durante l'iter di conversione del provvedimento. Ma c'è anche un altro fronte di scontro: gli spostamenti tra Regioni.
Il primo a lanciare l'allarme per le zone rosse è il leghista Zaia: «Questo decreto verrà buttato nel cestino e dovrà essere riscritto, perché a mio avviso è imbarazzante», tuona il governatore veneto. E il campano De Luca che ha visto escludere dagli aiuti i territori di Vallo di Diano e Ariano Irpino, parla di «testo assolutamente sconcertante».

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Al centro della questione è l'art. 112 che nella prima formulazione prevedeva che il fondo di 200 milioni potesse essere ripartito, oltre che tra i Comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, anche a quelli dichiarati zona rossa con provvedimenti statali e regionali per almeno 30 giorni. Per il Veneto rientrano Vò Euganeo, il primo focolaio regionale, e le province di Padova, Treviso e Venezia dichiarate zona rossa nel Dpcm dell'8 marzo in vigore fino al 13 aprile, quindi per più di 30 giorni. Nel testo pubblicato in Gazzetta viene però allegato un «comunicato» nel quale si sopprime questo riferimento.
Zaia commenta: «Gli esperti giuristi dicono di non aver mai visto una cosa del genere. Per magia sono sparite le zone del Veneto e sono rimaste quelle dell'Emilia Romagna e della Lombardia. Noi facciamo ricorso perché il decreto è offensivo per i veneti. Davanti a 200 milioni stanziati non puoi dire che vanno alle zone rosse di tutti tranne che del Veneto, che ha avuto 1.847 morti e 19 mila malati».
Nel governo la protesta dei due governatori trova porte aperte. Luigi Di Maio promette correzioni: «E' doveroso intervenire durante la conversione in Parlamento per correggere la norma, bisogna estendere i fondi a tutti i comuni diventati zona rossa». Sulla stessa linea si attesta il Pd con Chiara Braga della segreteria dem: «Lavoreremo in Parlamento per un intervento destinato a tutti i Comuni dichiarati zona rossa con una ulteriore dotazione finanziaria aggiuntiva destinata alle singole realtà. Abbiamo il dovere di dare risposte alle comunità più colpite dal coronavirus, senza alimentare inutili guerre tra territori».

IL NODO SPOSTAMENTI
Altri temi di attrito tra governo e Regioni sono le questioni dei fondi e degli spostamenti intra-regionali. Il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini chiede «un incontro urgente con il governo per affrontare il tema delle minori entrate delle Regioni, rispetto al quale il decreto Rilancio dà una prima ma parziale risposta: il miliardo e mezzo stanziato è del tutto insufficiente». E sollecita l'esecutivo ad autorizzare «lo spostamento anche al di fuori della Regione di residenza, nei limiti della Provincia o del Comune confinante, da parte di residenti in province o Comuni collocati al confine tra due Regioni».
Proposta che il governatore della Liguria, Giovanni Toti, coglie al volo autorizzando «spostamenti tra Comuni limitrofi di Regioni confinanti per incontrare congiunti». Lo stesso fanno Marche ed Emilia Romagna tra le province di Pesaro e Rimini. Marco Marsilio, governatore dell'Abruzzo, invece si spinge più in là: firma un'ordinanza per consentire alle persone che vivono nei Comuni vicini al confine regionale di andare nel Comune della Regione confinante. Questa volta non si parla di congiunti: la norma è generale e riguarda anche il Lazio. Da cui, però, non si può varcare il confine.
Insomma, il caos. Così il ministro della Salute, Roberto Speranza, intima: «Il decreto del 16 maggio vieta fino al 2 giugno gli spostamenti in una Regione diversa rispetto a quella in cui ci si trova, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute». Una scelta che risponde ad una «specifica esigenza di gradualità nell'allentamento delle misure, accompagnata da un giornaliero monitoraggio del trend epidemiologico». Sulla stessa linea il ministro degli affari regionali, Francesco Boccia che parlando dell'apertura dei confini il 3 giugno, frena: «Sulla mobilità interregionale chiedo di avere ancora pazienza. Oggi le Regioni sono tutte a basso rischio e tre a medio rischio. In ogni caso gli spostamenti tra Regioni che scatteranno il 3 giugno, non saranno consentiti dalle Regioni ad alto rischio», come potrebbero risultare Lombardia e Piemonte.

APP E SEMPLIFICAZIONE
Nel pomeriggio però si sigla la tregua.

Durante una videoconferenza tra Boccia e i governatori viene dato il via libera alla norma che costituisce la base legislativa per la App Immuni di contact tracing del coronavirus. Lunedì ci sarà però un nuovo incontro per rendere edotti sulla app gli assessori regionali alla Sanità. In più, c'è l'intesa sul piano di Boccia di semplificazione normativa, in modo da favorire gli imprenditori. Un esempio: basterà l'invio di una Pec per utilizzare gli spazi esterni a ristoranti e bar, senza attendere risposta. Per definire i dettagli verrà creato un gruppo di lavoro «di pochi giorni».

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