Sconosciuto le sputa in faccia mentre cammina, il racconto choc di Rebecca Marconi: «Un incubo»

La 28enne di Macerata: «Ho capito che noi donne non siamo libere di poter reagire senza avere la peggio»

Sconosciuto le sputa in faccia mentre cammina, il racconto choc di Rebecca Marconi: «Un incubo»
Sconosciuto le sputa in faccia mentre cammina, il racconto choc di Rebecca Marconi: «Un incubo»
di Giulia Sancricca
Venerdì 17 Marzo 2023, 08:23 - Ultimo agg. 18 Marzo, 03:22
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MACERATA - «Un uomo con il volto coperto mi passa accanto, si abbassa la sciarpa e mi sputa sul viso. Provo a reagire, ma capisco di essere inerme. Una notte da incubo». Un episodio di pochi secondi si trasforma in uno choc difficile da cancellare per Rebecca Marconi, 28enne maceratese e dottoranda di Unimc. Uno choc che apre le porte alla voglia di voltare pagina. La sua e quella di tutte le donne del mondo. Quel mondo che lei ha girato per studio e per lavoro e che ha capito essere ancora poco sicuro per il genere femminile. Allora arriva l’impegno: cambiare l’idea del ruolo della donna. È questo uno dei semi che Rebecca vorrebbe gettare a terra per far nascere il cambiamento. Potrebbe essere una frase retorica. O forse è più facile pensare che il cambiamento sia già in atto. Ma se camminando per strada si riceve uno sputo in faccia da un uomo e - da donna - si trattiene la reazione per evitare conseguenze ben peggiori, allora si capisce che quel seme per il cambiamento ha ancora bisogno di tanta linfa per crescere. La giovane è tornata in questi giorni a Macerata dopo essere stata per sei mesi a Bruxelles per il suo dottorato di ricerca applicata in Diritto e Innovazione a Giurisprudenza di Unimc.

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È proprio in Belgio, durante i suoi ultimi giorni di permanenza, che le è accaduto l’episodio che l’ha divisa tra lo choc, la rabbia e la consapevolezza. Così ha deciso di raccontare. Perché «si prenda atto che noi donne non siamo libere di reagire all’aggressione di un uomo». È per avviare quel lungo percorso che dovrebbe portare le comunità a voltare pagina che la giovane descrive nei dettagli non solo quanto le è successo, ma anche le sensazioni che l’hanno attraversata. «Mentre tornavo verso casa con una mia amica, un uomo sconosciuto con il volto coperto ci è passato accanto, si è voltato verso di me e ha preso la mira: ha abbassato la sciarpa e mi ha sputato. Quello schifo di ribrezzo l’ho sentito attraversarmi i capelli e penetrarmi gelido l’occhio».

Allora è scattata la reazione. Quella che potrebbe essere la stessa, indistintamente, di un uomo o una donna che subisce un gesto del genere. «Mi sono voltata verso di lui e gli ho urlato contro».

Ma subito dopo, dalla rabbia è passata alla triste consapevolezza della sua impotenza. «Mentre provavo a togliermi di dosso quella sensazione di schifo, la mia amica si è accorta che stava tornando verso di noi, minacciandoci di poter fare di meglio, e gli ha urlato di andarsene. Allora abbiamo raggiunto un uomo poco distante che ho pensato potesse farci da scudo». L’altro ha deciso di desistere: è tornato indietro, mentre altri uomini hanno sentito le due ragazze gridare e sono usciti per chiedere cosa fosse accaduto. È da questo episodio che la giovane si è aperta alla riflessione.

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«Non sopporto questo senso di impotenza. Dovermi sempre guardare attorno. Dover cercare vie di fuga e protettori. Subito dopo aver reagito ho pensato alle conseguenze e mi sono sentita inerme. Ho capito che noi donne non siamo libere di poter reagire senza avere la peggio». Allora Rebecca non ci sta. Lei, divisa tra la sua Macerata e il mondo, vorrebbe vedere almeno il primo piccolo passo verso il cambiamento. Perché sono ancora tanto, troppo distanti gli obiettivi da raggiungere affinché le donne possano sentirsi libere. Secondo la giovane sono episodi che non dipendono dal luogo o dalla grandezza della città in cui ci si trova. E questo può dirlo per esperienza. «In realtà molte altre volte mi ero sentita inerme di fronte a un’ingiustizia o a un sopruso perché donna, ma la società mi aveva indotto a normalizzarlo. Invece non deve essere così». Rebecca ha raccontato anche sui social l’episodio di cui è stata vittima e i commenti di altre donne che le hanno pure scritto in privato sono stati la conferma dell’impotenza di fronte ai soprusi da parte dell’altro genere. «È quello il limite in cui finisce la nostra libertà. Non poter nemmeno reagire d’istinto. La soluzione? Fare in modo che le donne, sin da bambine, crescano con una maggior sicurezza in se stesse che però non può prescindere dalla comunità in cui vivono. Tutto parte dai sistemi educativi: occorre maturità di pensiero, che sia libero e rispettoso a prescindere dal genere, senza stereotipi o pregiudizi. Molte donne tendono a giustificare certi gesti. Ma quello che si normalizza diventa abitudine al sopruso, abitudine al senso di impotenza e subalternità. Va evitato».

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