Ingegnere suicida, aperta indagine
per istigazione: aveva denunciato
presunti casi di baronato

Ingegnere suicida, aperta indagine per istigazione: aveva denunciato presunti casi di baronato
di Aldo Simoni
Mercoledì 14 Novembre 2018, 17:31 - Ultimo agg. 18:29
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«Voleva che sulla storia che aveva denunciato si accendessero i riflettori. Se non c’era riuscito prima con le denunce, c’è riuscito ora, con la sua morte».
L’avvocato Angelo Testa ha preso a cuore la storia di Luigi Vecchione (nella foto), l’ ingegnere quarantatreenne trovato morto nella sua abitazione nella periferia di Alatri una settimana fa. E proprio con l’avvocato Testa l’ ingegnere si era incontrato, pochi giorni prima del suo decesso, per chiedere consigli in merito alla sua storia.
Una storia fatta di delusioni e sconforto.
Nel 2016, infatti, l’ ingegnere aveva inoltrato una denuncia all’Anac (l’Autorità anticorruzione), dopo essere stato bocciato ad un concorso alla Sapienza di Roma per un posto da tecnico amministrativo di laboratorio. L’Autorità anticorruzione, sempre del 2016, aveva deciso di trasmettere l’incartamento alle procura di Roma e Viterbo ritenendo sussistere profili di natura penale. Ma dopo due anni l’ ingegnere non aveva saputo più nulla della sua denuncia. E questa circostanza non lo faceva riposare.

LE IRREGOLARITÀ
«Questa vicenda lo aveva segnato profondamente - spiega il suo legale, Angelo Testa - Si era rivolto all’Anac con un esposto a cui aveva allegato dei file audio, ricostruendo le varie fasi del concorso. Era nostra intenzione, proprio in questi giorni, presentare una istanza a piazzale Clodio per capire se era stato aperta una inchiesta, e a che punto fosse».
In base a quanto accertato dagli inquirenti, Vecchione dopo la bocciatura al concorso aveva sviluppato una sorta di ossessione per quanto accaduto. Era convinto che a farlo fuori da quella selezione erano stati i «baroni» e che quel concorso era di fatto pilotato, con un posto già assegnato in partenza. L’interessamento dell’Anac partì a seguito di una mail che il 9 giugno 2016, quando già da sei anni lavorava in ambito universitario, Vecchione inviò all’Autorità per segnalare che qualcosa non andava, che quello che vedeva attorno a sé era una sorta di «muro invalicabile» dietro il quale, sosteneva, c’erano ripetute irregolarità.
L’Anac decise di ascoltarlo il 4 ottobre 2016 e di esaminare tutta la documentazione fornita, relativa anche a progetti finanziati con fondi pubblici ed europei, che non sarebbero mai stati realizzati.

LA SEGNALAZIONE
L’Anac, a sua volta, interessò le procure di Roma e Viterbo, ma l’ing. Vecchione non aveva ricevuto alcuna notizia di indagini in corso. E questo lo turbava. Così, qualche giorno fa, decise di raccontare tutto anche alla Squadra mobile di Frosinone.
Era, questo, un suo sfogo, ma anche un modo per investire un’altra autorità, oltre alle procure di Roma e Viterbo. Un modo, insomma, per evitare che tutto si insabbiasse. L’incontro in Questura, a Frosinone, era dunque un modo per sentirsi ascoltato e trovare un seguito ai riscontri e alle prove che aveva raccolto.
Naturalmente durante l’incontro, Vecchione ha anche consegnato tutta la documentazione raccolta al dirigente di Polizia.
Ma non ha retto alla situazione che si era creata fino a quando, mercoledì scorso, ha deciso di farla finita con un’arma costruita da lui, in modo rudimentale.

IL SECONDO CAPITOLO
E qui si apre un secondo capitolo della storia.
La Procura di Frosinone, che ha disposto l’autopsia sul corpo dell’ ingegnere, ha aperto un fascicolo per «istigazione al suicidio», contro ignoti.
«E’ un atto dovuto - chiarisce l’avv. Testa - e al momento non mi risultano indagati».
Insomma: tre Procure (Roma, Viterbo e Frosinone) si stanno occupando di questo caso. Il suo obiettivo, ora, l’ha veramente raggiunto.
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