L’accaparramento per olio e farina e la disposizione nei supermercati dell’acquisto «al massimo due pezzi a spesa». Ancora: le scorte di pesce italiano che scarseggiano a causa del caro gasolio e la filiera costretta a riversarsi sulle importazioni da Francia, Spagna e Olanda. Così anche sui consumi dei romani, arrivano i primi effetti della guerra scoppiata tra Russia e Ucraina. Nei supermercati il fenomeno è ancora piuttosto isolato. Ma intanto la direttiva aziendale è stata inoltrata agli 84 punti vendita Pam Panorama della Capitale: per farina e olio, il massimo dell’acquisto consentito è di due confezioni a spesa. Le prime targhette sugli scaffali sono state aggiornate e già da ieri, da Roma est alla Bufalotta, la nuova disposizione è in vigore. «La razionalizzazione è stata attivata per garantire continuità di rifornimento ai nostri clienti», spiega in una nota la direzione commerciale dell’azienda.
«Le scorte nei magazzini ci sono ancora e non abbiamo registrato rallentamenti nell’arrivo delle merci per il prossimo futuro.
C’è poi il caro benzina che sta pesando anche sulla filiera del pesce. I pescatori del Lazio da lunedì (7 marzo) non gettano più reti a largo. Una protesta, a cui hanno aderito quelli di tutto il Paese, contro il prezzo della benzina schizzato alle stelle a causa del conflitto. Dal banco frigo delle pescherie sono già spariti alici, merluzzetti, il miscuglio per frittura e il polpo di nostra importazione. «Non ci sono più da martedì» confermano i responsabili del banco pesce dei supermercati da viale Marconi, all’Ostiense fino a viale Europa, all’Appio e al Tuscolano. «Stiamo vivendo una settimana particolare caratterizzata dalla totale assenza di prodotto italiano a causa dello sciopero per l’aumento dei costi di produzione, del caro carburante e delle misure di controllo per la sostenibilità del pescato», conferma Fabio Massimo Pallottini Direttore Generale del Centro Agroalimentare Roma: «Per supportare il settore serve un chiaro intervento del Governo».
Aumentano dunque le scorte di importazione e le richieste sui prodotti ittici di allevamento. Ma anche in questo caso, con i rincari: i prodotti dall’Atlantico ( sogliola, coda di rospo e pagello) registrano aumenti fino al 20%. I prodotti da Spagna e Francia, segnano un aumento del 20%. Da qui anche il pescato fresco, con aumenti intorno al 25%.
E i ristoranti di pesce hanno aggiornato i menù. Anche i ristoratori hanno accusato la “stangata” sui prezzi e l’assenza di alcuni pesci. Dunque astici, aragoste e rombi serviti a tavola costano fino al 40% in più rispetto a due settimane fa. «I ristoratori specializzati in pesce stanno aggiornando i menù - sottolinea Claudio Pica, presidenteFiepet-Confesercenti - sono stati costretti a eliminare alcuni piatti e ad aumentare i prezzi di altri».