Nei supermercati sparisce il pesce italiano. Prodotti razionati: in molti market acquisti limitati per olio e farina

Lazio, nei supermercati pesce solo di importazione e razionamenti sulla spesa. In molti market acquisti limitati per olio e farina
Lazio, nei supermercati pesce solo di importazione e razionamenti sulla spesa. In molti market acquisti limitati per olio e farina
di Flaminia Savelli
Venerdì 11 Marzo 2022, 22:52 - Ultimo agg. 13 Marzo, 09:47
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L’accaparramento per olio e farina e la disposizione nei supermercati dell’acquisto «al massimo due pezzi a spesa». Ancora: le scorte di pesce italiano che scarseggiano a causa del caro gasolio e la filiera costretta a riversarsi sulle importazioni da Francia, Spagna e Olanda. Così anche sui consumi dei romani, arrivano i primi effetti della guerra scoppiata tra Russia e Ucraina. Nei supermercati il fenomeno è ancora piuttosto isolato. Ma intanto la direttiva aziendale è stata inoltrata agli 84 punti vendita Pam Panorama della Capitale: per farina e olio, il massimo dell’acquisto consentito è di due confezioni a spesa. Le prime targhette sugli scaffali sono state aggiornate e già da ieri, da Roma est alla Bufalotta, la nuova disposizione è in vigore. «La razionalizzazione è stata attivata per garantire continuità di rifornimento ai nostri clienti», spiega in una nota la direzione commerciale dell’azienda.  

«Le scorte nei magazzini ci sono ancora e non abbiamo registrato rallentamenti nell’arrivo delle merci per il prossimo futuro.

Ma è chiaro che la misura è per evitare l’assalto a questi generi di prima necessità. Con il rischio di ritrovarci come durante il primo lock down, con gli scaffali vuoti. Ecco perché, il limite d’acquisto è stato deciso solo per le confezioni da un chilo per la farina e di 2 litri per l’olio» spiega uno dei responsabili al punto vendita della Bufalotta. Dunque, una spesa razionata che al momento riguarderebbe però solo i market della Pam. Che però presto potrebbe allargarsi anche alle altre grandi catene della vendita. Così come è accaduto alle Coop della Toscana dove dalla scorsa settimana il limite consentito è di 4 confezioni a spesa. Anche in questo caso, i responsabili hanno precisato che «non c’è alcun rischio di mancanza di prodotti». Ma resta l’allarme sul blocco delle importazioni che potrebbe scattare nei paesi travolti dalla guerra.  

C’è poi il caro benzina che sta pesando anche sulla filiera del pesce. I pescatori del Lazio da lunedì (7 marzo) non gettano più reti a largo. Una protesta, a cui hanno aderito quelli di tutto il Paese, contro il prezzo della benzina schizzato alle stelle a causa del conflitto. Dal banco frigo delle pescherie sono già spariti alici, merluzzetti, il miscuglio per frittura e il polpo di nostra importazione. «Non ci sono più da martedì» confermano i responsabili del banco pesce dei supermercati da viale Marconi, all’Ostiense fino a viale Europa, all’Appio e al Tuscolano. «Stiamo vivendo una settimana particolare caratterizzata dalla totale assenza di prodotto italiano a causa dello sciopero per l’aumento dei costi di produzione, del caro carburante e delle misure di controllo per la sostenibilità del pescato», conferma Fabio Massimo Pallottini Direttore Generale del Centro Agroalimentare Roma: «Per supportare il settore serve un chiaro intervento del Governo». 

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Aumentano dunque le scorte di importazione e le richieste sui prodotti ittici di allevamento. Ma anche in questo caso, con i rincari: i prodotti dall’Atlantico ( sogliola, coda di rospo e pagello) registrano aumenti fino al 20%. I prodotti da Spagna e Francia, segnano un aumento del 20%. Da qui anche il pescato fresco, con aumenti intorno al 25%.

E i ristoranti di pesce hanno aggiornato i menù. Anche i ristoratori hanno accusato la “stangata” sui prezzi e l’assenza di alcuni pesci. Dunque astici, aragoste e rombi serviti a tavola costano fino al 40% in più rispetto a due settimane fa. «I ristoratori specializzati in pesce stanno aggiornando i menù - sottolinea Claudio Pica, presidenteFiepet-Confesercenti - sono stati costretti a eliminare alcuni piatti e ad aumentare i prezzi di altri». 

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