Tangenti e processi insabbiati: il viaggio a Dubai del giudice napoletano

Tangenti e processi insabbiati: il viaggio a Dubai del giudice napoletano
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 7 Febbraio 2018, 10:28 - Ultimo agg. 14:13
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Lo hanno arrestato nel residence ischitano dove vive in affitto dallo scorso settembre. Il giudice Giancarlo Longo non si aspettava di dover finire nel carcere di Poggioreale. Pensava che ai colleghi della Procura di Messina fossero bastate le memorie, le consulenze, le indagini difensive depositate dal suo avvocato siciliano Candido Bonaventura. Invece, nonostante il trasferimento disposto dal Csm dopo la sua domanda presentata per evitare un procedimento di incompatibilità ambientale, Longo si è visto consegnare dagli agenti della guardia di finanza due ordinanze di custodia cautelare, una di Roma l'altra di Messina, di circa 500 pagine ciascuna.

Corruzione giudiziaria l'accusa. Dice l'avvocato Bonaventura, che lamenta di non aver ottenuto subito copia dell'ordinanza: «Pensavamo, con una consulenza, di aver spiegato bene l'origine di quei 75mila euro in contanti depositati in banca. Il viaggio a Dubai era avvenuto con un prestito, poi restituito. L'inchiesta va avanti da tempo, è stata prorogata. Non so, dopo il trasferimento del mio assistito, come si possa ipotizzare la possibilità della reiterazione del reato».

Napoletano sposato con una napoletana, Giancarlo Longo, 49 anni ad aprile, non ha mai lavorato, prima di settembre, nella sua città natale dove pure ha studiato e si è laureato. Magistrato sempre di Procura, era a Siracusa dal 2003 e si trovava così bene da aver comprato una casa in provincia di Catania. Ne ha un'altra a Napoli, città dove vivono molti suoi parenti. Suoceri compresi. Il 18 agosto scorso, un decreto ministeriale lo ha dichiarato di «terza valutazione di professionalità», ratificando il trasferimento, «a sua domanda», da Siracusa al Tribunale di Napoli, «con funzioni di giudice» disposto dal Csm.
 
Un magistrato che si è trovato al centro di tempeste e veleni incrociati alla Procura di Siracusa. Il suo nome, con quello del collega Maurizio Musco, trasferito a Sassari, è stato tra i più chiacchierati e al centro di inchieste giudiziarie. Contro di lui e Musco, otto sostituti avevano spedito esposti al ministero della Giustizia, al Csm e alla Procura di Messina. Nella Procura siracusana, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore avevano più magistrati amici facendo nascere, nell'ufficio, sospetti di incompatibilità e gestioni interessate di fascicoli. Un precedente già nel 2013, con un'inchiesta che ha coinvolto Musco e l'allora procuratore capo Ugo Rossi.

Un anno fa, Giancarlo Longo scoprì delle microspie nel suo ufficio al quinto piano degli uffici della Procura di Siracusa, dopo una perquisizione eseguita dalla guardia di finanza. Erano i segnali dell'inchiesta della Procura di Messina, che si era mossa dopo gli esposti sulla gestione dell'inchiesta Fiera del sud-Open land affidata a Longo. Una vicenda, che coinvolgeva lavori e appalti disposti dal Comune di Siracusa, su cui c'erano state più decisioni dei giudici amministrativi. Nel mirino, i rapporti tra Longo e l'avvocato Calafiore, legale delle società Fiera del sud. Delle foto del 2015, li ritraggono insieme a Roma in occasione di un convegno.

Ad indagini avviate, il giudice Longo dichiarò al quotidiano La Sicilia: «Sono vittima di un complotto, evidentemente ho colpito interessi consolidati a Siracusa. I colleghi che hanno presentato l'esposto contro di me parlando di comitato di affari mi vogliono morto, due in particolare. L'unico comitato di affari l'ho visto al Comune di Siracusa».

Fu durissima la replica del sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo. Un clima incancrenito, con indagini di cui sapevano tutti negli uffici giudiziari a Siracusa. Eppure, nell'aprile 2015, Longo, come pm della sezione reati ambientali, fu ascoltato dalla Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti insieme con il procuratore capo di Siracusa, Francesco Paolo Giordano. E proprio dal procuratore Giordano, Giancarlo Longo era stato nominato coordinatore del gruppo specializzato misure di prevenzione, con una nota in cui lo definiva di «particolare competenza e scrupolo».

Solo un anno, dal 2009 al 2010, Longo aveva lavorato lontano da Siracusa: alla Procura di Roma. Poi il ritorno in Sicilia, in una Procura dove si è occupato dai reati economici agli ambientali, alle misure di prevenzione. Con l'inchiesta giudiziaria in corso, per evitare una condanna disciplinare dal Csm, Longo aveva giocato d'anticipo chiedendo il trasferimento e la nomina a procuratore aggiunto di Genova. Una domanda non accolta. È nata così la richiesta alternativa al Csm: modifica delle funzioni da pm a giudice e trasferimento a Napoli, Catania o Roma. Il Csm ha scelto Napoli. A settembre il ritorno nella città natale dove, quasi subito, il presidente del Tribunale, Ettore Ferrara, ha assegnato Longo alla sezione distaccata di Ischia. Poco il lavoro da ottobre, con molti rinvii di cause. E ora per Longo, il Pg della Cassazione ha chiesto la sospensione cautelare dalle funzioni e dello stipendio.
 

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