Messina (Cnr): «Nuova faglia
ci saranno altre scosse»

Messina (Cnr): «Nuova faglia ci saranno altre scosse»
di Francesco Lo Dico
Giovedì 19 Gennaio 2017, 08:17
4 Minuti di Lettura
Tre forti scosse di terremoto in un'ora, tutte sopra la magnitudo 5. E ancora una replica alle 14 e 30. La terra continua a tremare e sembra non volere più smettere. Nel tentativo di comprendere che cosa sta davvero accadendo lungo la dorsale appenninica, il Mattino ha rivolto a Paolo Messina, direttore dell'Istituto di geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr, sette domande.

1.
Da che cosa dipende questo filotto di scosse così forti e ravvicinate?

«La rapida sequenza induce a ritenere che si sia trattato di tre rotture che hanno interessato la stessa faglia. Tutto sommato, un evento fortunato. Se le tre rotture si fossero verificate nello stesso tempo, avremmo assistito a un terremoto molto più importante. Riuscire a quantificare la potenziale entità del fenomeno scongiurato non è facile. Ma in generale si può ritenere che una scossa unica avrebbe potuto raggiungere e superare la magnitudo punto 6».
 
2.
Da Amatrice, il 24 agosto. ad Amatrice. C'è una cabina di regia unica dietro questi 5 mesi di scosse?

«I primi esami individuano gli epicentri delle nuove scosse nell'area dei comuni di Montereale e Capitignano, in provincia dell'Aquila, nei pressi del lago artificiale di Campotosto. È un'area che si trova a circa dieci chilometri a sud-ovest di Amatrice. Malgrado sia ancora presto per dirlo, si tratta con ogni probabilità di una nuova faglia adiacente a quella che si è attivata ad Amatrice, e distinta rispetto a quella interessata nel terremoto di Norcia. In questo senso, non dobbiamo mettere in stretta correlazione il terremoto di agosto con quello di oggi. Si può supporre che siamo in presenza di un fenomeno di contagio sismico tra faglie adiacenti».

3.
Come funziona il «contagio», e quali conseguenze attendersi?

«Ogni volta che si sviluppa un terremoto lungo una superficie di faglia, la zona ipocentrale si scarica dando luogo a un rilassamento. Ma allo stesso tempo vengono caricati i volumi adiacenti alla faglia stessa. In parole semplici, quando una faglia genera un terremoto, si libera dello stress al quale era sottoposta immediatamente prima dell'evento sismico. Ma trasferisce parte di questa energia ai segmenti laterali, i quali, a loro volta possono a loro volta generare terremoti e di nuovo contagiare le faglie adiacenti. A livello teorico è un meccanismo piuttosto chiaro, ma nella sostanza non è predicibile. I tempi di contagio sono imprevedibili. Possono volerci ore, giorni, mesi o anni. Ma senz'altro, dopo le scosse di ieri, dobbiamo aspettarci nelle prossime ore e nelle prossime settimane uno sciame di repliche sismiche la cui quantità e la cui intensità non sono facili da pronosticare. Di norma, dovrebbe trattarsi di episodi di minore entità, rispetto a quelli di ieri mattina. Ma scosse più violente non possono essere escluse».

4.
Da agosto a oggi oltre 45mila scosse: un terremoto ogni 4 minuti. Dobbiamo rassegnarci a convivere con un Appennino in perenne movimento?

«Delle 45mila scosse che si sono verificate, sono ben poche quelle che siamo riusciti ad avvertire. In ogni caso non siamo in grado di prevedere quando e come tale sequenza sismica andrà a scemare. Ciò però non vuol dire che occorre rassegnarsi a convivere con il terremoto per sempre. I movimenti della terra, nell'Appennino e altrove, tendono a ristabilire un nuovo punto di equilibrio».

5.
Le temperature rigide possono favorire un raffreddamento della terra o sono ininfluenti nello scatenare un sisma?

«La temperatura esterna non ha alcuna influenza sui fenomeni sismici. Il calore della terra resta inalterato, nel caso di un ipocentro come quello di ieri che è stato individuato a dieci chilometri di profondità. Il rigore invernale, in sintesi, non può minimamente mitigare l'energia di un terremoto. Semmai, neve e gelo possono rendere più potente l'impatto prodotto dal sisma, perché si accresce il rischio che le vibrazioni generino valanghe e slavine».

6.
Si è detto che è in atto un allontanamento della costa tirrenica da quella adriatica: ci saranno violenti terremoti anche in futuro?

«È un processo in atto da centinaia di migliaia di anni. Le faglie resistono alla distensione perché oppongono la loro forza di attrito, ma quando la loro resistenza viene meno, si possono muovere in pochi secondi, anche a intervalli di secoli tra una scossa e l'altra. Sappiamo che la costa tirrenica si sta allontanando da quella adriatica in modo costante, in media di 5 millimetri all'anno. È un procedimento che può avvenire lentamente, o per improvvisi strappi».

7.
È davvero impossibile fare qualcosa in termini di previsione e prevenzione?

«Se si investisse di più in ricerca, l'Italia ne avrebbe vantaggi enormi. Di alcuni benefici non riusciremmo a vedere la portata nell'immediato. Ma in altri casi, basterebbero interventi economicamente modesti per fare grandi passi in avanti. È il caso della Carta Geologica d'Italia, ad esempio, che a oggi è ferma al 40 per cento del territorio nazionale. Il 60 per cento di un Paese ad alto rischio sismico come l'Italia, non è ancora stato mappato. Conoscere a fondo il territorio, sarebbe la premessa necessaria per tentare di metterlo in sicurezza. Un piccolo investimento che potrebbe salvare migliaia di vite».
(ha collaborato Elena Romanazzi)