Terrorismo, Moutaharrik: «Voglio chiarire tutto e difendermi»

Terrorismo, Moutaharrik: «Voglio chiarire tutto e difendermi»
Venerdì 29 Aprile 2016, 21:44 - Ultimo agg. 30 Aprile, 08:49
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«Sono pronto a chiarire tutto». È quanto avrebbe detto Abderrahim Moutaharrik, l'operaio-kickboxer finito in carcere ieri assieme ad altre tre persone tra cui sua moglie per terrorismo internazionale, nel corso di un colloquio oggi in carcere con il suo legale, l'avvocato Francesco Pesce. Il marocchino, da quanto si è saputo, sarebbe intenzionato a rispondere alle domande del gip nell'interrogatorio di lunedì per spiegare di non aver mai fatto nulla di concreto, malgrado dalle intercettazioni emergano propositi radicali.

Tuttavia, secondo gli inquirenti, tra i piani Moutaharrik non ci sarebbe stato soltanto il progetto di compiere un attentato «in Vaticano» o all'ambasciata d'Israele a Roma, dopo aver messo in salvo i figli in Siria, ma anche l'idea di portare avanti «un'azione di proselitismo» sui «giovani per indottrinarli», e creare altri «leoni del Califfato» in Italia. È l'ulteriore e preoccupante scenario che viene documentato negli atti dell'inchiesta, condotta da Digos e Ros e coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e dai pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, che ha portato in carcere anche Abderrahmane Khachia, anche lui giovane marocchino e fratello di Oussama, foreign fighter morto «martire» alla fine dell'anno scorso, e Wafa Koraichi, 24 anni. Quest'ultima è la sorella di Mohamed Koraichi che risulta, invece, latitante assieme alla moglie, l'italiana convertita all'Islam Alice Brignoli: entrambi, con i tre figli piccoli, si troverebbero in Siria a combattere a fianco dell'Isis. E mentre gli investigatori stanno analizzando pc, smartphone e altro materiale informatico sequestrato agli arrestati, tutti portati nel carcere di San Vittore, nella carte si delinea anche una rete di altri soggetti legati alla "galassia" dell'estremismo islamico e si scopre che risulterebbe indagata un' altra sorella di Koraichi, Meryem.

«Ti faccio conoscere un pò di ragazzi, attiriamo questi giovani di Lecco anche loro e gli metteremo a posto la testa», diceva Moutaharrik all'amico Khachia, stando ad un'intercettazione dello scorso 21 marzo, circa due settimane prima di ricevere dallo «sceicco», personaggio di vertice (non identificato) dello "Stato islamico", attraverso Koraichi, l'ordine di farsi «esplodere» con l'incitamento dell'ormai noto «poema bomba». Il 25 marzo, poi, il kickboxer, ritenuto dagli inquirenti una figura «carismatica» nelle palestre in cui si allenava, mandava un messaggio vocale via WhatsApp a Khachia:«la maggior parte dei ragazzi qui hanno iniziato a muoversi (...) è cambiata la situazione, i giovani sono diventati, non so come spiegartelo (...) con la volontà di Dio, troppo vicino, troppo vicino, succederà qualcosa». E lo stesso Khachia stando ad un'intercettazione del 6 febbraio scorso, parlava dell' importanza dell'indottrinamento: «Lo dico sempre ai ragazzi, dovete scegliere la strada della fede o essere infedeli (...) bisogna fare delle scelte, far parte d'un gruppo o dell'altro». Proprio Khachia, fratello del «martire» idolatrato in tutte le conversazioni, come risulta dagli atti, sarebbe stato in contatto con alcuni soggetti definiti «Imam di Varese» (e non identificati) e con un'altra persona chiamata «il turco».

Attraverso questi «canali» avrebbe cercato «di ottenere l'autorizzazione ad entrare» nell'Isis, ma non essendoci riuscito, scrive il gip Manuela Cannavale, avrebbe chiesto a «Moutaharrik di procurare la 'tazkià anche per lui», attraverso Koraichi. Intanto, sempre nelle carte si legge che oltre a Wafa Koraichi anche l'altra sorella di Mohamed, Meryem, «per la quale non è stata richiesta l'applicazione di misura» dai pm, si sarebbe spesa per mettere «in contatto» Moutaharrik e Khachia proprio con Mohamed, per far ottenere loro l'accreditamento. E un ruolo di intermediaria l'avrebbe avuto anche Salma Bencharki, moglie del pugile. In un'altra intercettazione, ad esempio, si sente Wafa spiegare a Salma: «Quello è il paese della Sharia e delle cose giuste (...) vengono giustiziate anche le persone che fumano».

Da altre telefonate, infine, emerge che Wafa ha distrutto «su indicazione del padre» telefoni e schede telefoniche «in uso al nucleo familiare».
Se il comportamento del padre, si legge, «può anche denotare una certo ripudio da parte di questi verso le determinazioni del figlio» Mohamed, è «evidente come Koarichi Wafa si determini in ciò al solo fine di evitare che i messaggi del fratello potessero essere acquisiti dalle Forze dell'Ordine». Gli interrogatori davanti al gip dei 4 arrestati sono stati fissati per lunedì prossimo 2 maggio.
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