Trasfusione a bambino "Testimone di Geova", i genitori vincono il ricorso

Trasfusione a bambino "Testimone di Geova", i genitori vincono il ricorso
di Nicoletta Gigli
Sabato 9 Gennaio 2021, 09:15 - Ultimo agg. 21:43
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TERNI «Il tribunale per i minorenni è incompetente quando vi è un contrasto tra i genitori e il personale medico in merito a un trattamento da eseguirsi su un minore. Eventuali limitazioni alla responsabilità dei genitori, come la nomina di un curatore speciale, sono illegittime». La corte d’appello di Perugia motiva così l’accoglimento del ricorso presentato da due genitori Testimoni di Geova il cui figlio di 15 anni, ricoverato all’ospedale di Terni, aveva rifiutato l’uso del sangue per ragioni legate al suo credo religioso. I giudici d’appello hanno disposto la revoca del decreto del tribunale per i minorenni di Perugia che aveva autorizzato la trasfusione e nominato un curatore speciale, limitando così la responsabilità dei genitori. I giudici ritengono che «va tenuto conto della volontà del minore in relazione alla sua età e maturità». 
La vicenda iniziò quando i medici dell’ospedale di Terni proposero una terapia di infusione di piastrine per il quindicenne, al quale erano stati riscontrati alcuni valori del sangue bassi. Il giovane esprimeva il suo rifiuto all’uso del sangue per motivi di coscienza religiosa, in quanto Testimone di Geova. Anche i genitori, interpellati dai medici, confermavano la volontà espressa dal figlio, suggerendo l’uso di collaudate terapie alternative al sangue come le immunoglobuline. I medici praticavano una terapia alternativa, che dava ottimi risultati permettendo al giovane di riprendersi in breve tempo senza ricorrere alle emotrasfusioni. Il tribunale per i minorenni però, interpellato dall’ospedale, autorizzava le emotrasfusioni e nominava un curatore speciale, limitando così la responsabilità dei genitori. Ritenendo il provvedimento illegittimo, i genitori hanno fatto ricorso alla corte d’appello, che ha accolto la richiesta revocando il decreto e le limitazioni imposte con la nomina di un curatore speciale. Come ha ricordato la procura generale nel suo parere favorevole ai genitori, tali provvedimenti restrittivi possono essere fondati solo quando venga accertato uno stato di incuria o abbandono. E il mero dissenso dei genitori a un trattamento sanitario come quello delle trasfusioni di sangue non può essere considerato di per sé indice di incuria. Anzi, il procuratore generale ha sottolineato come i genitori «avevano mostrato attenzione e tempestività nel ricorrere alle cure e cooperazione con le autorità sanitarie». Nei casi in cui vi sia disaccordo tra il genitore e il medico in merito alle cure per un minore, la questione va portata all’attenzione del giudice tutelare, che si esprime autorizzando o meno il trattamento, senza ripercussioni sulla responsabilità genitoriale. 
Nel provvedimento i giudici vanno oltre.

Sottolineano che “in materia di trattamento sanitario, il minore ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e decisione” e che “il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità”. Secondo la corte, i genitori avevano espresso il dissenso alle emotrasfusioni in modo del tutto legittimo e “tenendo conto della volontà del minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.

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