Tre ore per percorrere i 226 km tra Catania e Palermo con il treno più veloce che va a 90 km all'ora. Altrimenti, rassegnarsi alle cinque ore o giù di lì della media percorrenza. O dirottare sui bus e comunque sul trasporto su gomma, che in fondo sul piano dei costi e dei tempi conviene pure. Da anni per i siciliani viaggiare sulla strada ferrata è così. E non solo tra le città metropolitane dell'isola. Chi arriva ad esempio dal continente e prosegue lungo la Messina-Palermo, dopo avere bypassato lo Stretto in traghetto, non se la passa molto meglio. Tanto meno chi in treno parte da Trapani diretto a Catania. È l'inferno del binario unico e meglio di tante parole rende l'idea di cosa significa, nei fatti, il divario Nord-Sud. Proprio per questo l'annuncio ieri al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell'accordo che destina 3,4 miliardi al completamento della linea ferroviaria veloce tra Palermo e Catania, grazie all'impegno della Banca europea degli investimenti, ha tutto il sapore della svolta. Linea ferroviaria veloce vuol dire che i treni, sia merci che passeggeri, viaggeranno fino a una velocità di 200 km/h, e che i tempi di viaggio tra i due capoluoghi si ridurranno di circa 60 minuti, poco più di due ore. La nuova disponibilità finanziaria si affianca al miliardo e 400 milioni provenienti dal Pnrr e «consolida il percorso di ammodernamento della rete ferroviaria siciliana sul quale il Gruppo Fs guidato da Luigi Ferraris sta investendo circa 21 miliardi fino al 2030», come informa una nota dell'azienda ferroviaria.
Decisivo, come detto, il ruolo della Bei che ha suddiviso il maxi-intervento in un finanziamento diretto al ministero dell'Economia di 800 milioni e in un innovativo strumento di contro-garanzia, studiato insieme a Ferrovie dello Stato Italiane, da 1,3 miliardi a favore di intermediari finanziari, di cui 500 milioni per l'operazione apripista con Intesa Sanpaolo, 300 milioni per quella con Cassa Depositi e Prestiti e ulteriori 500 ancora da destinare. È stato il ministro Matteo Salvini a sottolineare il valore dell'intesa, frutto di un lavoro di squadra tra istituzioni europee e italiane, tra pubblico e privato, che rilancia la competitività delle ferrovie siciliane in vista del Ponte sullo Stretto, tassello decisivo per completare il Corridoio Scandinavia-Mediterraneo nel quale la Palermo-Catania è collocata (e con essa anche la Salerno-Reggio Calabria ad alta velocità).
Ma per le infrastrutture della mobilità del Mezzogiorno, uno dei gap storicamente più vistosi e amari, oggi è anche il giorno dell'avvio dei lavori di scavo della galleria Telese-Vitulano lungo la linea ad Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari, nell'ambito dei cosiddetti Cantieri Parlanti. Si tratta del progetto del Gruppo Fs (in collaborazione con il Mit) che dà voce a oltre 30 opere strategiche in tutta Italia e nella cui realizzazione sono impegnate ogni giorno migliaia di persone (un'operazione trasparenza a 360 gradi, in pratica tutti i cantieri del Polo Infrastrutture dell'azienda dedicati a opere finanziate con fondi Pnrr, parlano con i territori per aggiornarli sui lavori e i progetti in corso e sui benefìci previsti). Ci saranno il ministro Matteo Salvini con il sottosegretario Tullio Ferrante, il governatore della Campania Vincenzo De Luca, l'amministratrice delegata di Rete Ferroviaria Italiana, Vera Fiorani e il Commissario straordinario dell'opera, Roberto Pagone.
La Napoli-Bari affidata a commissari straordinari delle Fs, che hanno sicuramente garantito ben altra celerità nelle procedure di appalto ed esecuzione dei lavori, è il fiore all'occhiello degli investimenti sulla mobilità nel Sud, uno degli obiettivi prioritari della missione infrastrutture del Pnrr in chiave Mezzogiorno. Non è un caso che gli investimenti previsti tra strade, ferrovie e porti superino a livello di assegnazione la soglia del 40% di risorse che il Piano di ripresa e resilienza riserva per legge all'area meridionale. Almeno da questo punto di vista, insomma, la riduzione dei divari sembra possibile.