TREVISO - Una fitta fortissima all'addome e un grido. La chiamata al Suem, il tentativo di rianimazione, la corsa in ospedale. E un cesareo d'emergenza nel disperato tentativo di far vivere almeno il piccolo Kaylen. Ma nulla da fare. Così, a pochi giorni dal primo Natale da mamma, si è fermata la vita di Marina Lorenzon e del figlio che avrebbe dovuto dare alla luce tra 10 giorni. Una tragedia che lascia senza parole un'intera comunità, e si è consumata nel giro di un paio d'ore in maniera del tutto improvvisa. 38 anni, dottoressa in scienze zootecniche, Marina era rientrata da Londra nella casa di famiglia a San Biagio di Callalta, nell'hinterland trevigiano insieme al compagno, il musicista cubano Gerardo De Armas per il parto.
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L'INTERVENTO DEL SUEM
Ma martedì pomeriggio, durante un corso prenatale ha avvertito una fitta fortissima all'addome.
LA GIOIA
«Era al settimo cielo- racconta ancora la sorella Elena- era una zia tenerissima, amata dalle mie due bambine, e sarebbe stata una mamma stupenda». La famiglia l'aveva sempre appoggiata. «Amava i viaggi e la conoscenza di altre culture, eravamo state a casa sua a Londra, ma per le ultime settimane di gravidanza le avevamo chiesto di rientrare e stare in famiglia. Noi l'avremmo supportata». Durante la gravidanza Marina non aveva avuto alcun problema di salute. «Stava benissimo, per questo siamo sconvolti. Mia madre l'ha vista uscire di casa alle 15 del pomeriggio. E non è mai più rientrata». La famiglia è conosciuta e amata in Paese. Il padre, ex operaio metalmeccanico è una colonna del coro parrocchiale e anima del volontariato. Era stato proprio lui a volere che il bimbo nascesse qui, in un momento così delicato come quello della pandemia. E così Marina e Gerardo erano arrivati in Italia un mese fa e si erano istallati nella casa dei genitori. Dopo il parto avrebbero voluto tornare a fare base a Londra. Gerardo è molto conosciuto nell' ambiente internazionale della rumba afrocubana. Marina lo avrebbe seguito con il piccolo nelle tournée. Oggi desideri, speranze e senso di vuoto si mescolano come in un improvviso blackout. Tocca alla sorella Elena cercare di dare forza ai famigliari e rispettare i desideri di Marina. «So che per mia sorella questo figlio era la gioia più grande e mi sento di fare un appello: avrebbe voluto riposare insieme a lui, abbracciati, nella stessa bara. Chiedo che venga rispettato il suo desiderio».