Ucraina, quei «pacifisti da divano» nel network dell'amico Vlad

Ucraina, quei «pacifisti da divano» nel network dell'amico Vlad
di Massimo Adinolfi
Lunedì 2 Maggio 2022, 23:43 - Ultimo agg. 3 Maggio, 11:33
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La lista degli argomenti è lunga. Si comincia con: non può essere colpa di uno solo, le ragioni non sono mai da una sola parte, la situazione è più complessa di quanto non appaia ad una prima, superficiale lettura. Dire che la Russia ha aggredito l’Ucraina viene così a essere non un’evidenza palmare ma una grossolana semplificazione. Poi si prosegue con l’analisi storica, con lo sfaldamento dell’Unione Sovietica, le menzognere promesse della Nato di non espandersi a est e la mancata costruzione di un ordine di sicurezza multipolare. Si finisce, naturalmente, con l’indebito allargamento dell’Alleanza atlantica e l’accerchiamento della Federazione Russa (nientemeno).

A quel punto, si conclude, Putin che altro poteva fare? La Russia che amplia la sua sfera d’influenza viene così ad essere nel suo più pieno diritto: questioni di sicurezza, pazienza per chi ci capita sotto. Quindi ci sono le legittime rivendicazioni territoriali: l’ingiustificata cessione della Crimea all’Ucraina, quasi settant’anni fa, la minoranza russofona perseguitata, il principio dell’autodeterminazione dei popoli (senza che significhi nulla il più gran principio del diritto internazionale, quello all’integrità territoriale), le violenze e il clima da guerra civile per cui questa guerra non è mica cominciata il 24 febbraio, ma va avanti da otto anni.

I carri armati russi che avanzano sul suolo ucraino sembrano un fatto enorme, in realtà si tratta solo della gocciolina traboccata dal vaso. Infine, se si porta il terreno della discussione sulle atrocità commesse dall’esercito russo, si può scegliere fra le seguenti argomentazioni: primo, ogni guerra porta con sé morte e distruzione (cioè: vale tutto); secondo, ci vuole una commissione indipendente (cioè: campa cavallo); terzo, nelle file degli ucraini è pieno così di nazisti (e come direbbe il buon Lavrov: Hitler era ebreo). L’elenco non è ancora finito, però. Manca anzi il bello; mancano i pezzi forti. Eccoli.

Primo viene l’argomento delle guerre dimenticate. Non si capisce perché tutta questa sensibilità per il destino del popolo ucraino, mentre nessuna attenzione è prestata ai conflitti che a centinaia si combattono attualmente nel mondo. Curiosamente, l’argomento sembra implicare il contrario di quello che auspica, e cioè un via libera, d’ora in avanti, a qualunque operazione militare speciale – come si chiamano – visto che non è lecito opporvisi, non essendocisi opposti a tutte le altre. Secondo viene l’argomento delle parole irresponsabili. La pace si fa con il nemico – con chi altri, sennò? –, ma non la si può fare se lo si insulta, se lo si definisce dittatore e macellaio, se lo si accusa di compiere crimini di guerra. Chi parla così sabota la pace, mentre è evidente che se Putin fosse definito bricconcello ci prenderebbe in simpatia e si renderebbe disponibile a discutere. La fine del conflitto armato è una questione di buone maniere, insomma. Terzo viene l’argomento della forte iniziativa diplomatica. Che nessuno mette in campo, per costringere la Russia a trattare. Quindi, par di capire, c’è davvero un metodo di costrizione per Vladimir Vladimirovic Putin, che non passa però attraverso il sostegno militare all’Ucraina. Sembra incredibile, ma si dice proprio così. Quarto viene l’argomento dell’inutile strage: dare armi agli ucraini significa solo aumentare lutti e devastazione. Che quindi vengono sorprendentemente imputati non a chi attacca, ma a chi si difende. 

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Quinto viene l’argomento dell’inutile difesa: a che serve dare armi all’Ucraina, visto che è destinata a soccombere? Uno vorrebbe dire: serve, in realtà, proprio per costringere Putin a trattare, e proprio per evitare che l’Ucraina soccomba. Ma certo: se uno chiama pace la soccombenza, si capisce che speri si faccia il prima possibile. Sesto viene l’argomento dell’escalation: irresponsabili! Non si può correre il rischio dell’escalation nucleare! Che, piccolo particolare, chi minaccia di usare la Bomba pensa liberamente di poter correre e soprattutto far correre, anche se l’irresponsabilità è o sarebbe nostra. Né viene presa in conto la conseguenza che non si capisce allora come e dove l’Orso russo si dovrebbe fermare: a Odessa, in Transnistria? E perché non dare un’occhiata anche più in là, in Georgia o in Moldavia, o verso il Baltico, già che ci siamo e non lo possiamo fermare sottopena di escalation? Settimo e ultimo (per ora) viene l’argomento dell’interesse europeo. Che non è quello dei falchi americani, perché il costo della guerra è tutto nostro. Come se fosse nostro l’interesse a dividere il campo atlantico, e soprattutto a lasciare che si divida dinanzi a un’aggressione militare della Russia. Roba da fini analisti gestrategici. 



L’ho fatta lunga, perché è lunga. Guai a chiamarli putiniani, perché prima di srotolare la lista di cui sopra, i nostri pacifisti premettono che loro condannano fermamente Putin e l’aggressione, e solidarizzano con il popolo ucraino fino a non dormirci la notte (questa è di Michele Santoro). Ma che sia nobile pacifismo (Marco Tarquinio, ad esempio, che ha un timbro di autenticità nella voce), meno nobile antiamericanismo (Tomaso Montanari o Angelo d’Orsi, da cui è molto più difficile sentire lo stesso timbro), o più semplicemente un modo per sferzare l’esecutivo e accusare di servilismo Mario Draghi (Marco Travaglio, che non conosce tono diverso dal sarcasmo), il risultato purtroppo è sempre lo stesso: non stare né con la Russia né con l’Ucraina. L’obiettivo è, per tutti, provare a sfilarsi; e, per alcuni, creare pure qualche problema al governo.

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