Strade killer, sei morti in una settimana. «L'auto è diventata una sala gioco»

Strade killer, sei morti in una settimana. «L'auto è diventata una sala gioco»
di Egle Priolo
Sabato 18 Settembre 2021, 09:13 - Ultimo agg. 10:41
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PERUGIA - Quattro pedoni morti per essere stati investiti, tutti ultraottantenni, deceduti sul colpo o dopo l'agonia in ospedale: quattro tragedie che hanno toccato le comunità di Perugia, Marsciano e del Trasimeno. Un motociclista di 55 anni che ha perso la vita lungo la strada per Colfiorito e la 52enne uccisa nello scontro tra la sua bicicletta e un camion a Foligno. Sei morti sulle strade solo nell'ultima settimana: un numero agghiacciante.

A cui purtroppo si aggiungono i decessi, avvenuti entrambi lo scorso 13 agosto, del motociclista sessantenne sulla Tiberina nord e dell'uomo di 56 anni morto a bordo della sua auto lungo la Flaminia, oltre alla scomparsa dell'ingegnere 49enne morto con la moto di un amico sotto un camion a Gubbio il 9 settembre.
Tragedie che fanno impennare il numero delle vittime della strada a 24 solo dall'allentamento del lockdown e superano quota trenta dall'inizio dell'anno. Considerando, poi, solo la provincia di Perugia: perché anche nel Ternano la cronaca degli incidenti stradali è impietosa, con i tre morti di viale Brin, via Tuderte a Narni e il raccordo Terni-Orte solo da luglio. Si parla di quasi cinque decessi al mese, dati da strage. Che, appena si esce fuori dalle fredde statistiche, fanno stringere il cuore ricordando che dietro i numeri ci sono le storie di Priscilla, morta a cinque anni a Corciano mentre era in macchina con la mamma, o Alessandro finito contro un muro con il suo scooter a San Marco mentre pensava a una bella estate da sedicenne. Oppure, Giorgia che si è schiantata contro un albero nel primo giorno di guida da sola per andare a scuola. O Rita, che ha trovato la morte in bicicletta come l'undicenne Niccolò, e Andrea che tornava felice da un pranzo.
Morti che non possono lasciare indifferenti ma che devono invece portare a riflessioni necessarie, dopo anni in cui le parole d'ordine erano dimezzare gli incidenti mortali, come obiettivo addirittura europeo, e invece la triste conta diventa sempre più drammatica. Come ricorda il presidente dell'Automobile club di Perugia, Ruggero Campi. Che dopo aver puntato l'indice sulla disabitudine a guidare dopo mesi di lockdown, ribadisce la convinzione che la distrazione alla guida sia la prima causa di sinistro, soprattutto in auto. «Non conosco chiaramente le dinamiche di tutti questi ultimi incidenti – ragiona con Il Messaggero -, ma pur senza voler accusare nessuno, è un dato come l'automobilista sia fortemente distratto, perché non è possibile questa accelerazione degli incidenti.

Non arriveremo mai a zero, ma si conferma come la distrazione sia la causa principale: la velocità ci può essere o meno, ci può essere chi passa col rosso o non si ferma allo stop, ma la distrazione c'è. E diventa disastrosa in contesti altamente pericolosi come quelli urbani». «È un mio pensiero personale – prosegue il presidente Campi -, ma la macchina ormai è diventata un iPad: piena di marchingegni elettronici, sembra sempre più una sala giochi. Mentre guido magari cambio il colore del cruscotto o guardo la foto del cantante che passa in radio: una distrazione ulteriore che non fa che accrescere i problemi di sicurezza sulle strade. E non c'è soluzione, perché ormai abbiamo preso una strada senza ritorno: l'auto stessa è diventata uno strumento di distrazione, portata a fare cose diverse da quelle per cui si sta al volante». A cui si aggiunge probabilmente anche il calo di tensione alla guida dovuto a quegli strumenti di sicurezza a cui si delega sempre più spesso la propria prontezza. «In effetti, il problema è che con auto ormai così accessoriate con sistemi di sicurezza sempre più performanti – risponde Campi – ci sentiamo tutti dei gran piloti: se sbanda, tranquilli, c'è l'elettronica, c'è il controsterzo. Se nevica, metto la funzione neve, se piove quella bagnato. E magari poi abbiamo le gomme lisce. È invece l'automobilista che deve stare attento, prima di tutto. E non deve correre. Ricordando sempre che un ottanta chilometri orari in un centro urbano è come andare a 400 in autostrada».

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