Ucciso da un pugno, alla vigilia dell'Appello famiglia e amici chiedono giustizia: «Nessun gioco, la violenza non apparteneva a Manu»

Emanuele Tiberi, ucciso due anni fa dal pugno sferrato da Cristian Salvatori. Sullo sfondo della foto, mamma Simonetta
Emanuele Tiberi, ucciso due anni fa dal pugno sferrato da Cristian Salvatori. Sullo sfondo della foto, mamma Simonetta
di Ilaria Bosi
Sabato 5 Settembre 2020, 15:29 - Ultimo agg. 17:19
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È tra le pieghe delle perizie medico legali che ruoterà il processo d’appello a carico di Cristian Salvatori, condannato in primo grado a 5 anni e quattro mesi per aver ucciso con un pugno Emanuele Tiberi, davanti a un pub di Norcia. A chiedere il secondo atto del processo, sono stati i difensori di Salvatori (il professor David Brunelli e l’avvocato Francesco Crisi), che puntano a una riduzione della condanna per il proprio assistito. E se la procura, che in primo grado aveva chiesto 8 anni, non ha presentato ricorso, la famiglia della vittima (che tecnicamente non può appellarsi alla condanna di primo grado, se non accodandosi al pm) è decisa a lottare ancora affinchè Emanuele, che proprio oggi avrebbe compiuto 35 anni, abbia giustizia. Una giustizia che, di fronte alla morte di un figlio, assume dimensioni spazio-temporali indefinite, ma che mamma Simonetta e papà Ernesto sono pronti a chiedere con la sobrietà e la dignità di sempre, perché non sia calpestata la memoria di quel figlio giramondo (era un tecnico del suono molto conosciuto), gentile e garbato e circondato da quei tantissimi amici che da due anni alimentano il fiore del ricordo attraverso un Festival, l’Hempiness, che dopo la pausa covid è pronto a tornare la prossima estate.
NUOVI DIFENSORI
In vista del processo d’appello fissato per mercoledì, i familiari di Emanuele hanno incaricato un nuovo pool difensivo. Si tratta degli avvocati Francesco Falcinelli e Diego Ruggeri, che proprio nei faldoni delle consulenze di primo grado avrebbero riscontrato qualche incongruenza. Una cosa è certa: la parte civile è pronta a ribadire che “Emanuele non è morto per un gioco”. Quando Salvatori ha sferrato il pugno mortale al ragazzo non c’era alcuna lite in corso: partendo da questo dato di fatto, su cui le parti convergono, le tesi di difesa e accusa viaggiano su binari paralleli. E quello del “gioco” è stato un tema controverso che, al di là delle verità processuali, la famiglia e gli amici di Emanuele hanno sempre respinto con forza.
LO SCRIGNO DEI RICORDI
Intanto, proprio in occasione di quello che sarebbe stato il 35esimo compleanno, la mamma sta mettendo insieme le centinaia e centinaia di messaggi ricevuti da quel maledetto 29 luglio di due anni fa ad oggi. Ricordi, frammenti, testimonianze giunte da ogni parte del mondo. Parole che tratteggiano un ragazzo mai violento e certamente generoso. Un altruismo, quello dei Tiberi, dimostrato anche nei momenti concitati che hanno seguito quella morte assurda, quando di fronte a tante incertezze non hanno esitato neanche un attimo a dare il consenso per l’espianto degli organi, dando così speranza ad altre persone.
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