Regeni, complotto in chiave anti-Roma
l'ombra degli 007 britannici e Usa

Regeni, complotto in chiave anti-Roma l'ombra degli 007 britannici e Usa
di Valentino Di Giacomo
Giovedì 17 Agosto 2017, 09:10 - Ultimo agg. 18 Agosto, 08:25
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Una morte orrenda, giunta dopo atroci torture, poi gli innumerevoli depistaggi nel corso del tempo. Dietro l'uccisione di Giulio Regeni c'è un intrigo di interessi internazionali. Una spy-story che coinvolge non solo l'Egitto e l'Italia, ma anche, e soprattutto, Regno Unito e Usa, in particolar modo le influenze di questi governi sulla complessa situazione in Libia che il nostro Paese da anni cerca di gestire. Un'oscura regia che ancora continua presumono gli analisti dell'intelligence - ad osservare l'anomala tempistica con cui il New York Times ha pubblicato le «prove esplosive» sull'uccisione del giovane ricercatore italiano. Rivelazioni che in realtà di «esplosivo» hanno ben poco e non aggiungono nulla a quanto già riportato dai giornali italiani tra cui Il Mattino all'indomani del ritrovamento del cadavere martorizzato di Regeni. Un mix di ipotesi pubblicate dal quotidiano statunitense che però arrivano nello stesso giorno in cui Alfano ha deciso di far ritornare al Cairo il proprio ambasciatore che era stato richiamato nei giorni successivi all'omicidio.
 



Il complotto. Per comprendere meglio quanto sta accadendo nelle ultime ore bisogna però riavvolgere il nastro e ritornare a quel 3 febbraio dello scorso anno quando il corpo di Giulio fu ritrovato. Regeni era stato pedinato e filmato dai Servizi di sicurezza egiziani per poi essere prelevato e ucciso tra atroci torture. L'intelligence era già al corrente di tutto sin da subito, probabilmente informata proprio dalle spie americane, ma la provenienza delle informazioni non è mai stata rivelata. Sempre il Mattino pubblicò in esclusiva il 10 febbraio dello scorso anno l'ipotesi vagliata dai nostri 007 e dal Copasir (la commissione parlamentare che interagisce con i Servizi segreti) che Giulio potesse essere stato inconsapevolmente assoldato dall'intelligence britannica per fare attività di ricerca in Egitto per conto della Military Agency. «Presto scrivevamo lo scorso anno - sarà attivata un'indagine per sapere se Regeni appartenesse ai servizi di sicurezza di altri Paesi. Il college di Cambridge, dove Giulio studiava, è infatti considerato un centro di reclutamento dei servizi segreti del Regno Unito». Un'ipotesi che resta in piedi e che, anzi, è avvalorata dal totale silenzio nel corso del tempo da parte dell'università inglese che è stata reticente anche nei confronti della procura di Roma che indaga sul caso. Su alcuni organi d'informazione fu persino fatta passare la fake news che Regeni potesse essere una spia italiana, ma in realtà il giovane mai aveva fatto richiesta di adesione alla nostra intelligence e tra le oltre 8mila domande non compariva il suo nome.

Il dossier libico. Appena un mese prima l'uccisione di Giulio, l'Italia ebbe un ruolo decisivo per far siglare lo storico accordo tra il Parlamento di Tobruk (nell'Est della Libia) e il governo di unità nazionale a guida al-Sarraj. Era il 17 dicembre del 2015 quando a Skhirat, in Marocco, fu firmata l'intesa alla presenza dell'allora ministro degli Esteri e attuale premier, Paolo Gentiloni. Il 25 gennaio successivo sarebbe poi stato rapito Regeni. L'accordo tra l'Est e l'Ovest della Libia sarebbe stato un passo importante per l'Italia per salvaguardare i propri interessi economici che attraverso l'Eni ha in Tripolitania, poi per il delicato controllo del traffico di migranti verso le nostre coste fatalmente esploso nei mesi successivi. Un'intesa, come poi effettivamente accaduto, messa a dura prova dalle rimostranze del generale Haftar in Cirenaica. Lo stesso generale che è sostenuto fortemente dal governo egiziano, ma anche da Inghilterra, Francia e Arabia Saudita. Altri Paesi si sono chiesti in questo tempo gli analisti del comparto intelligence italiano avevano interesse a far saltare i rapporti diplomatici tra il Cairo e Roma per pregiudicare un'intesa tra i due governi sulla Libia? «I rapporti italiani tra Italia ed Egitto sono ottimi da sempre, ne è il segnale che sia stato Renzi il primo premier occidentale a fare visita al presidente egiziano al-Sisi. Differenti visioni soltanto per quanto riguarda la situazione libica, dove il nostro esecutivo spinge per un accordo tra i governi di Tripoli e Tobruk. Al-Sisi ha invece legami eccellenti solo con Tobruk».

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