Lo avevano conosciuto come produttore cinematografico e regista. Una volta entrato in confidenza, lui aveva rivelato di essere anche un broker esperto in investimenti online e criptovalute. Proponeva affari in grado di fruttare in poco tempo molto denaro. Bastava anticipare una somma rilevante e lasciare fare tutto a lui e a un suo socio, titolare di un’azienda leader del settore in Cina. In realtà, secondo la procura di Roma, si trattava di un imbroglio. Giuseppe Milazzo, una carriera come produttore cinematografico principalmente di film indipendenti, avrebbe raggirato la signora Gianna Orrù, madre della showgirl Valeria Marini. Nel giro di poco tempo avrebbe convinto la donna a investire con lui più di 335mila euro. Soldi che, invece di moltiplicarsi, si sarebbero letteralmente volatilizzati. Anche la Marini era stata ingannata: era stata proprio lei a presentare l’uomo alla mamma. Ora il caso è nelle mani del procuratore aggiunto Stefano Pesci e del pm Pietro Pollidori. Milazzo, nei mesi scorsi, è stato indagato per truffa aggravata.
Nella denuncia, depositata dalla Orrù ai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di piazzale Clodio, vengono ripercorse le tappe del raggiro. È il 2018 quando la signora incontra Milazzo.
Agli atti ci sono gli estratti del conto corrente bancario della madre della showgirl, dai quali emerge l’accreditamento delle somme. Ma ci sono anche le scritture private tra la donna e Milazzo, dove lui si presenta come broker nel campo del trading online attraverso piattaforme di compravendita di azioni, con specializzazione nelle criptovalute. Nel fascicolo c’è anche l’accordo per trading tra una società cinese, la Trading company foreign invested commercial Enterprise, e Milazzo, per il piazzamento degli ordini. Ci sono poi le mail tra la donna e il socio di Milazzo, che i pm definiscono «sedicente trader». Per l’accusa, Milazzo avrebbe agito con «scaltrezza», pianificando la truffa nei dettagli. I fatti si sono anche protratti nel tempo, grazie all’«abile persuasione di una persona indifesa e anziana - si legge negli atti della procura - attraverso una fitta corrispondenza telematica avente un’evidente finalità dilatoria». Nel fascicolo c’è addirittura la copia di un versamento da 600 euro per il rimborso di presunte spese di trasferta.