Varese, uccide il figlio di 7 anni e accoltella l'ex moglie: il corpo del bimbo nell'armadio

Varese, uccide il figlio di 7 anni dopo la separazione: il corpo nell'armadio
Varese, uccide il figlio di 7 anni dopo la separazione: il corpo nell'armadio
di Claudia Guasco
Lunedì 3 Gennaio 2022, 08:04 - Ultimo agg. 15:46
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Ha ucciso il figlio di sette anni tagliandogli la gola, poi è andato a casa dell'ex moglie e l'ha accoltellata. «Amava quel figlio più di ogni altra cosa, dopo la separazione non era più lui», racconta un collega di lavoro. Ma era solo odio quello che ha spinto Davide Paitoni, quarant'anni, a massacrare Daniele e tentare di ammazzare Silvia Gaggini, 36 anni. Sabato, verso le sette di sera, l'uomo chiude il corpo senza vita del bambino in un armadio, va a casa dell'ex moglie e l'aggredisce. Adesso è in carcere a Varese, mentre lei deve fare i conti con l'abisso della perdita e con mille domande: l'atteggiamento prepotente di Davide che ha innescato una procedura di codice rosso per maltrattamenti, i problemi con alcol e droga da cui è dipendente, la rabbia esplosa il 26 novembre quando ha ferito con un taglierino un collega di lavoro durante una lite. Da allora Davide Paitoni, con un'accusa di tentato omicidio e una per violenze in famiglia, era ai domiciliari. Ma aveva ottenuto comunque il permesso di tenere con sé il figlio per Capodanno, «come previsto dal provvedimento di separazione». 

Ha portato Daniele nell'appartamento di Morazzone dove era tornato a vivere con il padre, da quando lui e Silvia avevano preso strade diverse. È una vecchia casa che si affaccia su un cortile, al piano terra, buia e bisognosa di lavori di manutenzione. Nel suo rifugio Paitoni probabilmente rimugina da tempo ciò che intende fare e sabato sera decide che è arrivato il momento. Con un colpo netto recide la giugulare al figlio e lascia accanto al suo corpo un biglietto che è una sorta di confessione: «Mi dispiace papà, perdonami. Sono stato io. È colpa di mia moglie e gliela farò pagare. E poi mi ammazzo».

A pochi metri, in un'altra stanza, c'è suo padre. Ha l'udito debole e non si è accorto di nulla, dicono gli investigatori, però quando lo trovano è in uno stato di stordimento e non è escluso che l'uomo l'abbia sedato per neutralizzarlo. Prima di uscire gli invia un messaggio vocale: «Ho fatto del male al piccolo, non guardare nell'armadio». Poi va a portare a termine la sua missione. Sale in macchina, percorre un paio di chilometri e alle nove e mezza di sera si presenta a casa di Silvia: «Scendi, ti ho riportato Daniele». È una trappola per farla uscire e quando se la trova davanti, impugnando un coltello diverso da quello con cui ha ucciso il figlio, la colpisce al viso, all'addome e alla schiena mentre lei cerca di fuggire.

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Le ferite per fortuna sono superficiali, Silvia si barrica nell'appartamento e i genitori con lei in quel momento chiamano i carabinieri. Così scatta la caccia all'uomo, la prima tappa è Morazzone. Trovano l'anziano che non sa dire dove sia Paitoni, perquisiscono le stanze e arrivano in camera da letto. Tutto è in ordine perfetto, non c'è nemmeno una goccia di sangue. Ma quando spalancano le ante dell'armadio la scoperta è terribile, davanti a loro c'è il corpo del piccolo. Nel frattempo Davide Paitoni è scappato, forse cercava di attraversare il vicino confine e cercare rifugio in Svizzera. I carabinieri del comando provinciale di Varese mettono in campo tutte le forse, elicotteri compresi. Alle cinque e mezza del mattino intercettano il fuggitivo a Viggiù, lo accerchiano ma lui innesta la retromarcia, sperona una gazzella e imbocca una strada senza uscita che finisce in un bosco, a Colle Sant'Elia. Lo scovano in un capanno di cacciatori e instaurano una trattativa, lui esce urlando, puntandosi il coltello alla gola e minacciando di uccidersi. I militari gli sono subito addosso, lo disarmano e lo arrestano.

 

Dal decreto di fermo per omicidio e tentato omicidio, oltre al pericolo di fuga, emerge la pericolosità dell'uomo, che girava armato e aveva in auto una dose di cocaina. E non era la prima volta che colpiva. Un mese fa, nel parcheggio dell'azienda di Azzate dove lavorava come magazziniere, scoppia una lite tra Paitoni e un collega. Lui ha sempre un taglierino in tasca, gli serve per aprire gli scatoloni, ma questa volta lo afferra per regolare i conti: colpisce il rivale alla schiena, la vittima viene ricoverata in prognosi riservata e il gip di Varese Anna Giorgetti dispone per Paitoni i domiciliari per soli tre mesi, valutando la vicenda come poco chiara e disponendo ulteriori indagini in quel lasso di tempo. «Il mio assistito è incensurato e certo non è Jack lo Squartatore. Si trova nelle condizioni in cui ci troviamo tutti noi», aveva dichiarato il suo avvocato Stefano Bruno. Cinque settimane dopo ammazza il figlio Daniele e addossa la responsabilità alla moglie, così come la lite avvenuta nella ditta a suo dire era stata colpa del collega.

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