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Mestre, giovane aggredita perché portava il niqab. «Mi hanno strappato il velo, io insultata e picchiata»

Una giovane mamma, moglie dell'imam bengalese, è stata colpita con un pugno al volto a Marghera, davanti ai figli, perché indossava il Niqab

Mestre, 29enne aggredita perché porta il velo: «Insultata e picchiata perché indossavo il niqab, me lo hanno strappato e rotto»
Mestre, 29enne aggredita perché porta il velo: «Insultata e picchiata perché indossavo il niqab, me lo hanno strappato e rotto»
di Davide Tamiello
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 9 Dicembre 2022, 10:45 - Ultimo agg. : 13:00
4 Minuti di Lettura

MESTRE - Insultata, picchiata e umiliata per aver indossato il niqab. Quel velo sul viso che lascia scoperto solo lo sguardo, indumento religioso e tradizionale per le donne islamiche, evidentemente a qualcuno non andava bene. Quel che stupisce è che accade in una città, Venezia, in cui certe usanze non dovrebbero più essere accolte come una novità: qui la comunità islamica è radicata da tempo e conta più di diecimila persone. Di queste, peraltro, oltre settemila provengono dal Bangladesh (l’etnia più numerosa nel capoluogo di laguna). Eppure, succede ancora.

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Mestre, 29enne aggredita perché porta il velo

Protagonista dell’episodio è Sanuara, 29enne di origini bengalesi, moglie di un imam locale. La donna vive a Mestre da più di 15 anni. Ha studiato nelle scuole della città (l’istituto tecnico Zuccante) e parla perfettamente l’italiano, i suoi figli sono nati all’ospedale dell’Angelo. Stando a quando denunciato alle forze dell’ordine mercoledì pomeriggio - 7 dicembre - la donna, insieme all’anziano padre e i due bambini, era andata a Marghera per fare visita alla cognata, in via Longhena. E qui, davanti al condominio in cui vivono i suoi parenti, due donne italiane, sulla quarantina, avrebbero iniziato a fare dei commenti ad alta voce su di lei. «Ma come si è vestita questa, sembra un fantasma», «non sanno nemmeno che in Italia non si può andare in giro conciati in questo modo». Dopo pochi minuti, si sarebbe aggiunta una terza donna, anche lei inquilina della palazzina, per rincarare la dose. «Probabilmente - spiegano i famigliari della giovane - pensavano non parlasse italiano. Ma anche quando hanno capito che stava comprendendo benissimo quelle offese non si sono fermate». Sanuara, spaventata, non reagisce. Suo padre, però, decide di intervenire. L’anziano chiede il perché di quelle offese, vuole sapere cosa possa aver scatenato un tale disprezzo: «In cosa vi avrebbe danneggiato il suo velo?» Quella è la scintilla: una delle due si avvicina all’uomo (che però cammina a fatica per un problema a una gamba) e Sanuara a quel punto si mette in mezzo per evitare che la situazione degeneri.

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L’aggressione

Un’accortezza che non porta a buoni risultati: una delle due donne le sferra un violento calcio a una coscia e la fa cadere a terra. Poi, un pugno al volto con cui le toglie dal viso il Niqab, lo prende, lo strappa in più pezzi per poi andarsene. «Poco dopo sono arrivati dei vicini - racconta il fratello della donna - che non solo non l’hanno aiutata, ma hanno aggiunto che in fin dei conti era colpa sua. Perché se non si vuole andare incontro ai guai non ci si veste in quel modo». La donna viene accompagnata in pronto soccorso, poi dimessa con cinque giorni di prognosi. Ieri la 29enne ha sporto denuncia ai carabinieri di Mestre.

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La reazione

Un episodio che ha fatto andare su tutte le furie la comunità bengalese. Ieri la città è stata tappezzata di volantini con la ricostruzione della storia riportata nella denuncia con in testa un titolo a caratteri cubitali: «Portare il velo non è reato». «Non è la prima volta che accade - spiegano i portavoce della comunità - continuiamo a subire aggressioni verbali sui mezzi pubblici, in strada, ovunque. Rapinano i nostri negozianti, insultano le nostre donne se portano il velo. Siamo stufi di questa situazione, vogliamo essere protetti». Per questo motivo oggi, la comunità bengalese attraverso alcuni rappresentanti, chiederà al questore di Venezia, Maurizio Masciopinto, l’autorizzazione per una manifestazione di protesta. Un’azione che si era già vista una decina di anni fa, quando una banda di giovanissimi locali aveva deciso di prendere di mira proprio i negozi della comunità bengalese. Allora, al corteo, parteciparono oltre 1.500 persone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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