Una contesa familiare, nobiliare e internazionale ha tenuto banco per anni in sede penale e civile a Venezia. Ma ora la diatriba sembra arrivata al termine: il conte Andrea Czarnocki Lucheschi dovrà restituire a sua madre Elisabetta Maria oltre un milione di sterline, frutto della vendita di due appartamenti a Londra. Gli immobili erano di proprietà della donna e i soldi sono impropriamente finiti nel conto del figlio in Lussemburgo, secondo quanto ha stabilito la Cassazione con un'ordinanza pubblicata in questi giorni.
La saga
La vicenda giudiziaria si svolge sullo sfondo di una saga principesca. Originario della Polonia, il lignaggio Czarnocki si è intrecciato attraverso i matrimoni con vari altri rami della nobiltà europea, come l'arciducato d'Austria-Este, casa Savoia, il casato Sardagna von Neuburg und Hohenstein (che tra l'altro in laguna vendette Ca' Dario a Raul Gardini). Per la cessione londinese, nel 2016 il conte Andrea era stato portato a giudizio dalla sorella Elisabetta, ma il processo penale per la presunta appropriazione indebita ai danni della contessa Lucheschi si era concluso con una dichiarazione di non luogo a procedere.
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Procura speciale
Anche se Czarnocki Lucheschi sosteneva che la madre avesse curato in proprio la compravendita e avesse disposto il versamento della somma sul conto lussemburghese, i giudici di secondo grado avevano operato una diversa ricostruzione dei fatti. Pur a fronte della procura speciale rilasciata nel 1984 dalla madre al figlio, ed ancora in essere al tempo dei contratti di vendita formalizzati fra il 2010 e il 2011, questi ultimi risultavano sottoscritti dalla contessa Lucheschi con l'assistenza dello studio legale Salomon Taylor & Shaw, «sicché andava escluso lo svolgimento di attività da parte del figlio per conto od in nome della madre». Ciononostante la Corte d'Appello aveva «accertato che il prezzo di vendita per entrambi i contratti risulta essere stato trasferito sul conto corrente acceso dal figlio in Lussemburgo».
Sentenza della Cassazione
Alla fine questa è la verità giudiziaria che esce dal verdetto della Cassazione, la quale ha respinto tutti i motivi contenuti nel ricorso del 62enne. Quest'ultimo dovrà quindi rendere alla madre i soldi dell'affare, nonché rifonderle le spese di lite, quantificate in 10.500 euro.