Semilibertà, Doina: «Il profilo Fb
solo per comunicare con mio figlio»

Doina Matei
Doina Matei
Martedì 3 Maggio 2016, 12:23 - Ultimo agg. 4 Maggio, 10:04
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VENEZIA - Quel profilo su Facebook lo aveva aperto solo per il comunicare con il figlio in Romania. Mai avrebbe immaginato che quelle immagini postate sul social di lei sorridente al mare sarebbero state viste dai familiari della donna che aveva ucciso. Familiari che non voleva certo offendere. Si è difesa così, davanti al Tribunale di sorveglianza di Venezia, Doina Matei, la 30enne rumena che nel 2007 uccise con un'ombrellata nell'occhio Vanessa Russo, all'epoca 23enne, dopo una banale lite a una fermata della metropolitana di Roma. Alla fine, il tribunale di sorveglianza di Venezia si è riservato di decidere sulla richiesta di revoca della sospensione della semilibertà per la donna.

 



Nel corso dell'udienza odierna, il Pg a nome dell'accusa ha dato il suo nullaosta alla revoca della sospensione decisa dopo che Matei, detenuta nel carcere femminile dalla Giudecca, a Venezia, aveva aperto e postato delle sue foto su un social network mentre era al mare durante le ore diurne di uscita dal carcere per recarsi a lavorare in una pizzeria come cameriera. La donna è difesa dall'avvocato Nino Marazzita.

La donna grazie al provvedimento meno restrittivo poteva andare in ore diurne a lavorare in una pizzeria da circa un anno. L'udienza, su richiesta della Matei, è stata a porte chiuse ma a riferire le parole della donna è stato il suo legale Nino Marazzita che ha sottolineato che «il comportamento della magistratura veneziana di fronte ad una vicenda così delicata è stato esemplare». «Confidiamo - ha detto Marazzita con il collega Carlo Testa Piccolomini - sull'apporto del Pg che ha detto che il comportamento di Matei "non è un vulnus che interrompe il processo educativo"».

Marazzita ha anche ricordato che, caso insolito, in udienza è stato ricostruito l'iter processuale che ha visto protagonista Doina Matei con «il clima pesante al limite del razzismo che lo ha accompagnato, con uomini che facevano il saluto romano e impedivano il dibattimento durante le udienze». A sostegno di Matei i suoi legali hanno prodotto numerose testimonianze e dichiarazioni scritte sul comportamento irreprensibile della donna nel suo iter carcerario tanto che non ha mai utilizzato in modo improprio neppure il cellulare (con numeri vincolati) di cui si era dotata mentre «sull'uso di Facebook - ha concluso - non è stata fatta neppure un'indagine da parte della polizia giudiziaria».

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