Vespa, così lo scooter proibito
diventa ancora più cool

Vespa, così lo scooter proibito diventa ancora più cool
di Mario Ajello
Venerdì 31 Marzo 2017, 08:30 - Ultimo agg. 08:44
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ROMA. Forse, la Vespa è stata l'idea più innovativa che l'Italia abbia mai avuto dopo l'invenzione della biga nell'antica Roma. Per colpire una bandiera italiana, come ritorsione contro il blocco della carne americana, Trump non poteva simbolicamente scegliere di meglio. Anche se Gregory Peck, che era un patriota, se rinascesse dovrebbe scendere dalla sua Vespa di «Vacanze Romane» e dirle probabilmente struggendosi: «Tra me e te è finita». Magari gli elettori di Trump, alla Vespa che va di moda tra i radical e i liberal di New York e di Los Angeles e si dà il giusto tono nelle Vespa Boutiques statunitensi, anche se la fetta di mercato laggiù è limitata, preferiscono l'auto Gran Torino come Clint Esatwood nel celebre film. E però è ovvio che da 71 anni, da quando il genio italiano di Corradino D'Ascanio lo inventò nel 1946, questo scooter è diventato «un pezzo di cuore» (cit. Steven Spielberg) nell'immaginario collettivo mondiale. Sono ottomila i Vespa-Club disseminati nel globo, e non solo Gregory Peck ma anche tante altre star hollywoodiane l'hanno cavalcato nei film: da James Stewart a Gene Kelly, da Tyron Power a Kim Novak, da Marlon Brando a infiniti altri. Anche se Dustin Hoffman, che pure non è trumpista, dice: «Odio la Vespa. Io sono un Lambretta Man».

Il presidente americano, che indossa italianissime cravatte di Marinella e vestiti di Brioni, volendo dare massima audience alla sua iniziativa ha indubbiamente avuto ottimo fiuto a puntare sulla Vespa. Nonostante sia un simbolo della democrazia dal basso, su cui la sua retorica pop ha sempre puntato con successo, e infatti Alcide De Gasperi quando fu inventata disse «è merito del mio governo aver dato il moto-scooter al popolo» e addirittura Papa Pio XII, ne parlò: «Questo scooter ha elevato il livello di vita di categorie sociali che non possono disporre di mezzi più costosi». L'America, ma in epoca Bush, che puntava ad esportare la democrazia nel mondo, ora in un ribaltamento simbolico mette il freno all'ingresso Oltremanica della democrazia italiana su due ruote. Nessun dramma, naturalmente: perché il protezionismo va valutato a ciglio asciutto. Sulla base delle convenienze per chi sceglie di praticarlo e in questo, come in tutti gli altri casi, bisognerà vedere quanto convengano all'America certe barriere. Al mito della Vespa, la decisione presidenziale potrebbe andare bene.

Il Grande Gatsby diceva a proposito del proibizionismo tra gli anni 20 e i 30: «Questa politica ha prodotto l'effetto contrario. Aumentando la circolazione degli alcolici». È così anche per i libri proibiti (e Voltaire esultava pregustando un surplus di successo quando i suoi finivano all'Indice) e per qualsiasi altro oggetto del desiderio negato. La Vespa diventerà dunque come il whiskey al tempo del proibizionismo? Già sembra di vedere la Vespa clandestina che s'impenna nella classifica degli amori americani. Se già era cool, diventerà ancora più cool. E i garage degli Stati Uniti finiranno forse per somigliare agli speak easy, i locali fuorilegge del proibizionismo, in cui trumpisti e anti-trumpisti si riuniranno in segreto come i Beati Paoli a venerare la divinità 50 special o la vecchia Primavera o il Vespone. Il proibizionismo, più che inibire, spesso inebria.