Tumore, morti 10 vigili del fuoco a Lampedusa. «Tutta colpa del radar, troppi di noi si sono ammalati»

Il sistema fu installato per proteggere l’isola dagli attacchi lanciati da Gheddafi

Lampedusa, i 10 vigili del fuoco morti per tumore. «Tutta colpa del radar, troppi di noi si sono ammalati»
Lampedusa, i 10 vigili del fuoco morti per tumore. «Tutta colpa del radar, troppi di noi si sono ammalati»
di Riccardo Lo Verso
Martedì 11 Aprile 2023, 21:33 - Ultimo agg. 13 Aprile, 10:30
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«Quando il radar girava e puntava in direzione della nostra caserma si spegneva il televisore e il telefono smetteva di funzionare. Eravamo giovani, non ci facevamo troppo caso. Poi i nostri colleghi hanno iniziato ad ammalarsi e alcuni sono addirittura morti», racconta oggi Antonio Di Malta. Il bilancio col passare degli anni si è fatto pesante: venti casi di tumore e malattie cardiache fra i 70 vigili del fuoco in servizio a Lampedusa. Troppi per non destare preoccupazione. E infatti Di Malta chiede che si indaghi sull’incidenza delle patologie fra i pompieri che, come lui, hanno lavorato nell’isola siciliana dal 1986 al 1998, nel periodo in cui è rimasto in funzione il radar piazzato a 400 metri dal distaccamento aeroportuale dei vigili del fuoco. 

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LA STORIA

Si parta dal 15 aprile 1986, quando il colonnello Gheddafi diede l’ordine di lanciare un attacco missilistico contro Lampedusa.

La sera precedente gli Stati Uniti avevano bombardato Tripoli e Bengasi in Libia. L’obiettivo dell’operazione, nome in codice «El Dorado Canyon», era proprio il dittatore. La Casa Bianca rispose all’attentato dei terroristi libici che in una discoteca di Berlino avevano ucciso tre persone, di cui due soldati americani. I feriti furono 250. La ritorsione di Gheddafi si materializzò nella traiettoria dei missili «SS-1 Scud». Dovevano colpire l’installazione militare Usa “Loran”, ma caddero in mare. Lo spettro della guerra fu concreto e l’Italia si misurava con la sua vulnerabilità. Il primo giorno del successivo mese di novembre la 134ª squadriglia dell’Aeronautica militare italiana fu dotata del sistema radar AN-FPS-8. E ora sorge il sospetto che la scia di malattie dipenda dalle onde elettromagnetiche di quel radar. È certo solo un’ipotesi, puntellata però dai numeri delle malattie. «Non sono uno scienziato e neppure un medico, mi limito a constatare l’incidenza dei casi – spiega Di Malta, che è il segretario del sindacato Uilpa vigili del fuoco –. Solo un’indagine epidemiologica può scoprire le cause dei tumori che hanno colpito il personale». La denuncia è già stata trasmessa al prefetto di Agrigento, Maria Cocciufa, ma anche al capo dipartimento Laura Lega, al suo comandante Giulio Parisi e all’ufficio di coordinamento delle attività sanitarie e di medicina legale. In realtà il sindacalista aveva già preso carta e penna la scorsa estate. E da allora non ha avuto alcuna risposta. Ora ci riprova, e se il suo invito dovesse restare inascoltato è pronto a dichiarare lo stato di agitazione dei vigili del fuoco in provincia di Agrigento.

I DRAMMI

«C’è qualcosa che non va, non è normale», dice Di Malta, il cui tono di voce tradisce l’emozione quando parla del collega morto lo scorso febbraio e dell’amico pensionato che ha appena saputo di essere malato di tumore. Glielo hanno diagnosticato lontano dalla Sicilia e adesso inizierà una dura battaglia. Dieci vigili del fuoco non ce l’hanno fatta, ma altri proseguono il percorso e intravedono la luce nel buio della malattia. Hanno tra 40 e 60 anni. «Ritengo che meritino una risposta - dice il sindacalista - Qualcuno ci dica che la mia, la nostra ipotesi è esclusa». Di Malta, comunque, sa di cosa parla. C’era pure lui in servizio quando avvenivano gli improvvisi blackout. E ora si è messo alla ricerca di una vecchia cassetta Vhs. Ricorda che i colleghi più anziani si erano insospettiti ed avevano filmato i televisori che si spegnevano all’improvviso per riaccendersi un istante dopo. «Girava il radar e ci veniva il mal di testa – racconta –. Mi risultano analoghi casi al personale di altri enti che operano e operavano all’interno delle strutture aeroportuali di Lampedusa. Prendevamo dosi massicce di farmaci. Quando hanno spento il radar non è accaduto più, ma qualcosa ci è rimasto dentro». 

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