Vino, il conto del lockdown: mancano tappi e bottiglie

Vino, il conto del lockdown: mancano tappi e bottiglie
di Luciano Pignataro
Martedì 7 Dicembre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 18:44
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Manca tutto, quello che c’è è rincarato in percentuale dal 15 al 30%. Cosa sta succedendo? Se lo chiede chi sta aspettando un’auto, se lo chiedono i produttori conservieri che non hanno alluminio e vetro per il loro prodotto. Se lo chiedono i produttori di vino che non sono in grado di lavorare al massimo nei prossimi giorni, decisivi per chiudere bene un ano che comunque è andato, per la prima volta, alla grande anche sul mercato interno.

«Al momento – spiega Riccardo Cotarella – presidente nazionale di Assoenologi – chi ha avuto l’intelligenza di fare scorte durante il lockdown può resistere ad una emergenza che, se è vero quello che ha detto la Lagarde, durerà ancora alcuni mesi, presumibilmente fino all’estate. Ma ci sono comunque difficoltà enormi nei trasporti e ci troviamo già a fronteggiare gli aumenti che impongono una revisione dei contratti per esempio con la grande distribuzione». 

Allora per rispondere alla domanda da cui siamo partiti, su cosa sta succedendo possiamo fare questa metafora, decisamente in linea con i tempi. Immaginiamo un signore che è stato a lungo fermo per malattia e che inizia subito a correre appena si sente meglio. Inevitabilmente dovrà affrontare scompensi.

Ed è esattamente quello che sta succedendo nel mercato globale. Dopo un anno di fermo, i consumi sono ripresi in maniera vorticosa, l’estate 2021 è stata equiparata, sul versante turistico ed agroalimentare, alla magica 2019, l’ultima pre-pandemica che aveva lasciato tutti stanchi ma soddisfatti. La prima risposta a questa crisi è che le scorte sono esaurite e la produzione non è in grado di ritornare subito ai precedenti livelli. 

Carlos Santos, Ceo di Amorim Italia, la grande multinazionale che produce tappi, parla con le cifre: «La nostra azienda ha prodotto 400milioni di tappi in più nel 2021 rispetto all’anno precedente.

Abbiamo una richiesta senza precedenti per i tappi da spumante, le linee lavorano al massimo, ma inevitabilmente i ritardi ci sono, dovuti soprattutto alla logistica che non è adeguata a questi flussi e che deve fare i conti con le difficoltà burocratiche legate all’emergenza Covid con frontiere che si aprono e si chiudono in continuazione, senza parlare dell’effetto Brexit».

In un mondo in cui i sovranisti dominano la scena politica la realtà è che siamo in una economia globale da cui è impossibile ormai svincolarsi in cui la parte del gigante viene fatta dall’Asia e dalla Cina, che sta ancora però in piena emergenza e a circuito chiuso. Ecco allora la scarsezza di cassette di legno e di cartoni per gli imballaggi, mentre il polistirolo risente dell’aumento della materia prima.

«Devo dire che non ho mai visto nulla di simile in 25 anni di attività – spiega Nicola Gimmelli, produttore di vetro principalmente per il vino con l’azienda DsGlass - e in questo modo diventa difficile programmare. La richiesta si è impennata, le nostre linee di produzione sono al massimo ma è impossibile mantenere le scadenze con questa logistica, non a caso nessuno più si assume impegni». 

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Con la ripresa c’è stata comunque una enorme massa liquida che è rientrata nei consumi contribuendo a far risalire la domanda, ma di converso c’è chi ha approfittato del fermo per fare incetta di materie prime e specularci sopra alla ripartenza. Questo spiega l’enorme aumento delle materie prime che inevitabilmente ricadranno sui prezzi al consumo, soprattutto per quanto riguarda i beni di prima necessità dove la battaglia è al centesimo sugli scaffali della grande distribuzione mentre il segmento del lusso, come al solito, gira su altri meccanismi. Nei prossimi mesi mancheranno 150milioni di bottiglie per i conservieri. «Rischiamo molto soprattutto sulla prossima stagione se non riusciamo a fare subito le scorte – spiega Peppino Napoletano, principale produttore di S.Marzano con il marchi Solania».

Ecco dunque spiegata la carenza di materie prime: linee produttive non adeguate all’impennata della domanda, logistica zoppicante e scorte azzerate: basta pensare che per la prima volta nella storia il Consorzio del Chianti docg ha chiesto alla regione Toscana il via libera per anticipare di tre mesi l’uscita dei vini rispetto a quanto prevede il disciplinare perché non ci sono più scorte. Tra l’altro l’Italia ha registrato, per la prima volta negli ultimi trent’anni, un aumento dei consumi pro capite. «Anche noi del Prosecco – spiega il direttore del Consorzio doc Luca Giavi – abbiamo avuto una crescita di vendite. Ma attenzione, le vendite non corrispondono ai consumi, abbiamo l’impressione che gli importatori abbiamo comprato per prevenire gli inevitabili aumenti che scatteranno da gennaio». 

Infine, ultimo motivo, ma non meno importante, cambiano le nostre abitudini, ci spostiamo di meno e facciamo arrivare le cose direttamente a casa: adesso che abbiamo scoperto come sia comodo, dobbiamo anche pagare pegno.

In sintesi una catena produttiva scombussolata da più fattori in cui è difficile mantenere la bussola e che sta rilanciando per la prima volta l’inflazione, che si calcola ormai al 3 per cento, dunque il vero rischio è che questa ripresa che vede l’Italia e il made in Italy in pole, rischi di interrompersi bruscamente per una caduta del potere di acquisto complessivo o, eventualità più temuta, ritenuta improbabile ma non impossibile, per una nuova chiusura come hanno dovuto già fare alcuni paesi europei. 

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