Violenza sulle donne, il flop dei risarcimenti a vittime e orfani

Violenza sulle donne, il flop dei risarcimenti a vittime e orfani
di Daniela De Crescenzo
Domenica 1 Luglio 2018, 08:00 - Ultimo agg. 16:08
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Donne uccise, ferite, distrutte nel corpo e nel cuore. Lo raccontano le cronache di questi mesi, ne danno conto i numeri. Il report dell'osservatorio regionale mostra un numero crescente di donne vittime dei propri cari: solo nel primo semestre del 2017 seicento persone si sono rivolte agli ospedali campani dopo aver subito maltrattamenti. L'analisi dei dati disponibili, però, indica anche le difficoltà delle vittime e dei loro figli a ottenere quello che le norme prevedono per soccorrerle. Sono, infatti, 2300 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza creati in Campania, eppure, per il momento, solo 5 hanno usufruito del fondo istituito dalla Regione nel 2016 per soccorrere le vittime della criminalità comune e quindi anche le donne ferite o ammazzate.
 
In analogia a quanto fatto dallo Stato su impulso della Ue, la norma prevedeva un aiuto di ottomila euro, una cifra appena sufficiente per pagare le spese legali, e non metteva in campo nessun intervento per i figli rimasti orfani di un genitore a causa di un crimine commesso dall'altro. Così non aveva alcun supporto proprio chi ne aveva più bisogno: se, infatti, un rapporto malato finiva nel sangue, i figli perdevano ogni diritto, visto che l'aiuto era previsto solo per la vittima e a volte diventava difficile perfino assicurare un'istruzione ai bambini devastati da un trauma gravissimo.

Finalmente nel 2018 è stata varata una nuova delibera che riconosce agli orfani il diritto a un aiuto economico, ma, nonostante l'impegno messo in campo nel supportare le vittime e le loro famiglie, l'utilizzo dei fondi resta difficile. «Noi abbiamo organizzato una rete di sostegno per le donne per aiutarle a far valere tutti i loro diritti - spiega l'assessore regionale Chiara Marciani - ma la legge che permette un intervento a favore degli orfani è decollata solo da pochi mesi e molte vittime non avevano ancora pronta la documentazione, quindi tanti casi sono ancora in istruttoria». Tante, troppe famiglie restano in attesa dell'intervento delle istituzioni. Tra le altre Carla Caiazzo, la donna sfregiata con l'acido: eppure fu proprio dopo l'aggressione ai suoi danni che la Regione decise di finanziare un fondo. «Le norme, quelle statali e quelle regionali sono rigide spiega l'avvocato della vittima, Maurizio Zuccaro invece politica e istituzioni dovrebbero calarsi nelle situazioni concrete che le donne si trovano ad affrontare. Oggi le norme s non consentono alle donne di ottenere con semplicità quello a cui hanno diritto».

Aspettano il sostegno previsto dalla legge anche i familiari di Stefania Formicola, ammazzata nell'ottobre del 2018 dal marito, Carmine D'Aponte. «Quando mia figlia è stata uccisa - racconta Adriana, la madre della vittima - il primo dei suoi bambini aveva sei anni ed è stato difficilissimo dirgli che la mamma non c'era più. Stefania aveva lavorato in un centro di accoglienza per anziani, allora io ho detto al piccolo che Gesù scelto proprio lei per badare ai vecchietti in paradiso. Lui inizialmente ha accettato la spiegazione, poi ha cominciato a chiedere: ma Gesù quando mi restituisce la mia mamma? Io non sapevo proprio come rispondere. Abbiamo chiesto l'intervento di uno psicologo che gli ha spiegato che la mamma era stata ammazzata dal papà e che per questo lui restava in carcere. Il bambino non ha mai voluto vederlo».

Situazioni drammatiche. I figli del femminicidio perdono i genitori e devono anche accettare verità inconcepibili. «Noi abbiamo fatto di tutto per crescere bene i nostri nipoti anche per rispettare la volontà di Stefania che prima di morire ha scritto lettere strazianti indirizzate a noi genitori e alla sorella Fabiana. Mia figlia sapeva che il marito l'avrebbe uccisa». E infatti la ragazza aveva scritto: «Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e in caso di loro morte a mia sorella Fabiana». E al figlio maggiore aveva spiegato: «Tu sei la mia gioia più grande e mi dai la forza di andare avanti». Messaggi d'amore che aiutano la famiglia ad andare avanti. Ma i problemi concreti sono tanti ed affrontarli non è facile. «I bambini per ora sono piccoli - dice Adriana ma crescendo avranno sempre maggiori necessità.

Per questo aspettiamo con ansia il sostegno previsto dalla legge». Fortunatamente non tutte le donne maltrattate perdono la vita per mano del proprio carnefice, ma anche per chi sopravvive tirare avanti non è facile. «Il mio compagno era un tossicodipendente e quando era sotto l'effetto della cocaina mi maltrattava, mi picchiava racconta Grazia che abita a Napoli, nei Quartieri Spagnoli io, però, non mi sono rassegnata e lo ho denunciato. Dopo quindici anni di convivenza è stata dura. Lui è stato condannato ed è rimasto un carcere per più di un anno. Sono rimasta sola con tre figli e senza nessun sostegno. Per vivere faccio qualsiasi lavoro. Ma tirare avanti non è facile. Mi sono iscritta al centro antiviolenza, ma poiché non sono stata sfregiata, né menomata non ho diritto a nessun sussidio. Molti si chiedono perché tante donne si facciano ammazzare senza parlare, ma quando una donna denuncia resta sola e tanti la odiano». Così i figli delle donne che subiscono violenza spesso passano da una situazione agiata a una vita di povertà. È il prezzo della vita della loro mamma. «In queste situazioni spesso i figli pagano le colpe del padre spiega l'avvocato Libera Cesino che da anni difende le donne vittime di violenza la legge di febbraio ha finalmente previsto interventi a favore dei più deboli, ma le procedure restano complesse e spesso le donne sono troppo isolate per essere coscienti dei propri diritti e salvarsi la vita. Bisogna fare di tutto per rendere le norme più agevoli e le pratiche più veloci. Solo così sarà possibile salvare tante vite».

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