Violenze sessuali su due bambine, il gip: «Il pakistano seguiva le vittime»

Piazza San Faustino - Il pakistano (A) mentre segue una delle bambine (B)
Piazza San Faustino - Il pakistano (A) mentre segue una delle bambine (B)
di Maria Letizia Riganelli
Venerdì 7 Giugno 2019, 12:58 - Ultimo agg. 16:44
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Seguite, bloccate contro il muro e molestate. Lo schema della violenza sessuale che avrebbe messo in atto il pakistano 29enne, arrestato dalla Mobile la settimana scorsa, sarebbe stato lo stesso per entrambe le due giovani vittime.

L’ordinanza del gip del Tribunale di Viterbo, che ha disposto la misura cautelare in carcere, parla chiaro: le due ragazzine di 11 e 13 anni prima di essere aggredite sono state pedinate. La prima, che frequenta le scuole medie di Viterbo, è stata inseguita il 2 maggio scorso fin dentro il pianerottolo di casa. «La violenza – si legge nell’ordinanza – è consistita nel bloccarla fisicamente, con le spalle contro il muro. E mentre le toccava le guance, il sedere e le braccia, cercava di abbassarle i pantaloni e di baciarla sulla bocca così da costringerla a subire atti sessuali contro la sua volontà».

Nel secondo caso invece il pakistano «con una scusa – scrive ancora il gip nell’ordinanza - sarebbe entrato nell’androne del condominio, bloccando in un angolo la vittima, mentre con una mano teneva bloccato il portone con l’altra toccava le spalle il seno, dopodiché essendo la ragazzina caduta in terra mentre cercava di difendersi con calci la prendeva in braccio e continuava ad accarezzarla dicendole che era bella».  
Lo stupro, secondo gli inquirenti, non si sarebbe consumato perché entrambe le bambine hanno opposto resistenza e sono riuscite a scappare e a chiedere aiuto.

«La ragazza – si legge ancora nelle carte nel tragitto da scuola a casa si era sentita seguita». 
Quattro giorni dopo i fatti, il 29enne sarebbe anche tornato a cercare una delle due bimbe. «Mentre la vittima andava a scuola di inglese nel pomeriggio l’avrebbe di nuovo seguita». Anche in questo caso il padre, avvisato telefonicamente dalla figlia, sarebbe accorso in strada per cercarlo, ma non avrebbe trovato nessuno.
A dare un volto al 29enne ci hanno pensato però le telecamere di sicurezza, che lo hanno immortalato mentre seguiva le ragazze in centro. Gli inquirenti, fotogramma per fotogramma, hanno ricostruito il percorso e dato un’identità al presunto predatore di minori.

L’uomo, arrivato in Italia come perseguitato per essere omosessuale, davanti al gip Rigato ha negato tutto: «Non conosco le ragazze, io sono in Italia come rifugiato per essere gay». Per la difesa, avvocati Marina Bernini e Samuele De Santis, qualcosa non quadra: «Si tratta – hanno spiegato – di una faticosa ricostruzione e farraginosa individuazione, il Riesame è una strada percorribile».
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