Virus e lavoro, la crisi colpisce
più l'occupazione degli uomini

Virus e lavoro, la crisi colpisce più l'occupazione degli uomini
di Fabio Nucci
Martedì 13 Aprile 2021, 09:33 - Ultimo agg. 14 Aprile, 07:15
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PERUGIA Un’emorragia di 6.500 occupati con la prospettiva che tale bilancio da qui a metà giugno possa aggravarsi, sia per l’incidenza dei cassintegrati che per il possibile impatto dello sblocco dei licenziamenti. L’emergenza coronavirus ha lasciato il segno nel mercato del lavoro anche se in Umbria alcune fasce d’età si sono “difese” meglio. Tra gli over 55, ad esempio, il numero degli addetti tra i maschi è salito anche grazie agli “autonomi”, mentre tra le donne incide la forte presenza femminile nella pubblica amministrazione.
Sono alcuni degli elementi che emergono dall’approfondimento operato dalla ricercatrice Aur, Elisabetta Tondini, operati rielaborando i dati Istat 2020, prima che lo stesso istituto operasse una ridefinizione del concetto di “occupato” nel quale, ad esempio, da gennaio 2021 figurano anche i lavoratori in cassa integrazione dal almeno tre mesi. «Se col vecchio criterio, ad esempio, risultavano 100 occupati, è quasi certo che col nuovo tale importo si sia ridotto – spiega la ricercatrice – e possiamo quindi dire che il dato 2020 sugli occupati, anche per quanto riguarda l’Umbria, sia un po’ sovrastimato». Un aggravamento che per ora può essere “certificato” solo a livello nazionale confrontando i dati dei primi due mesi 2020 e 2021 col nuovo e vecchio criterio. «Il correttivo apportato pesa di uno 0,2% a livello nazionale ma su un dato relativo a solo due mesi», spiega Tondini.
Ne consegue che per la regione “la scure” della Covid-crisi possa aver pesato ancora di più dei quasi 6 mila e 500 occupati persi rispetto al 2019. «Il tasso di caduta (-1,8%) ha penalizzato di più la componente maschile (-1,9% contro -1,7%) ma ha lasciato inalterato il tasso di femminilizzazione dell’occupazione (42%). In Italia, infatti, il calo è stato un po’ più elevato (-2,0%) e ha colpito più pesantemente le donne (-2,5% contro -1,5%)», spiega l’economista Aur. Rispetto al contesto nazionale, l’Umbria finisce così per distinguersi in alcuni aspetti. «La crisi occupazionale ha preservato in particolare le donne over 35 mentre tra gli uomini il crollo è più generalizzato: tra i maschi la caduta è stata più ripartita mentre tra le donne si è concentrata tra le più giovani». Nello specchio delle età, c’è una crescita di occupati tra gli over 65, in particolare nella componente femminile. «Persone che lavorano oltre i 65 anni e anche più, con la componente pubblica che pesa specie tra le donne: se il tasso di caduta occupazionale è meno intenso, lo si deve anche al fatto che in Umbria la percentuale di occupati nella Pubblica amministrazione è più elevata che a livello nazionale e questo ha fatto da cuscinetto, specie tra le donne e tra le fasce più mature». Anche nella fascia 55-64 anni c’è una crescita sui generis rispetto al trend nazionale con un +9,3% tra gli uomini, rispetto al +2,7 in Italia. «Una delle possibili spiegazioni – spiega Elisabetta Tondini – potrebbe essere la maggior incidenza in tale fascia dei lavoratori “autonomi” full time».
Quanto alla tipologia di contratto, l’Umbria si è distinta per un lieve aumento di dipendenti a tempo indeterminato (circa 3mila contratti), per aumenti del lavoro maschile part time e di quello femminile a tempo pieno. «Seguendo il trend nazionale (-1,8% a fronte di -1,7%), la regione ha perso 5 mila lavoratori dipendenti, con una decurtazione più accentuata per gli uomini», osserva la ricercatrice Aur. «Anche il lavoro autonomo è diminuito ma meno che in Italia (-1,7% contro -2,9%): una perdita di oltre 1.500 occupati, quasi tutte donne, a fronte di un ampliamento della compagine maschile». Numeri che rischiano di aggravarsi da qui ai prossimi mesi. «La riduzione può essere sottostimata, data la presenza di molti cassintegrati da più di tre mesi e che nel prossimo aggiornamento non saranno più considerati occupati. C’è una sovrastima che potrebbe derivare anche dal blocco dei licenziamenti (in scadenza a giugno, ndr) anche se questo non può dirsi con certezza: può darsi che a fronte di tali licenziamenti siano introdotte altre figure».

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