«Volontario onu in Colombia impiccato dopo la morte», la Procura ora ipotizza l'omicidio

«Volontario onu in Colombia impiccato dopo la morte», la Procura ora ipotizza l'omicidio
di Valentina Errante
Sabato 29 Agosto 2020, 11:00 - Ultimo agg. 19:40
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Adesso si indaga per omicidio. La procura di Roma ha cambiato il titolo di reato del fascicolo sulla morte di Mario Paciolla, il cooperante dell'Onu trovato impiccato lo scorso il 15 luglio a San Vicente de Caguàn, a 650 chilometri da Bogotà, dove lavorava come osservatore. Un primo risultato dell'autopsia, eseguita sul corpo del trentatrenne da Vittorio Fineschi, ha rivelato che la morte non sarebbe avvenuta per asfissia da impiccagione. Il cappio intorno al collo del giovane uomo sarebbe stato stretto quando era già morto, solo per simulare un gesto volontario. Il procuratore di Roma Michele Prestipino e il pm Alberto Pioletti, che lavorano in stretto collegamento con i colleghi colombiani e con l'Onu, hanno delegato gli accertamenti al Ros dei carabinieri e modificato il titolo di reato da istigazione al suicidio a omicidio. Anche se si attende il risultato finale degli accertamenti: gli esami tossicologici e altre verifiche tecniche che saranno concluse solo in autunno.
Molte anomalie erano già emerse: la scena del crimine, l'appartamento del ragazzo, sarebbe stata alterata e molti oggetti personali di Mario sarebbero scomparsi, tanto che, a quindici giorni dalla morte, quattro poliziotti colombiani sono finiti sotto inchiesta per intralcio alla giustizia. Mario lavorava al progetto di pacificazione tra governo e Farc e di riqualificazione di aree utilizzate dal narcotraffico.
 

 

I poliziotti, dopo il ritrovamento del corpo, avrebbero permesso a un'unità dell'Onu di entrare nell'appartamento e prelevare tutti gli effetti personali di Paciolla. La denuncia era arrivata dalla giornalista Claudia Julieta Duque, amica di Mario, che in alcuni articoli su El Espectador, aveva raccontato come il giorno successivo alla morte del ragazzo napoletano i suoi oggetti personali fossero stati prelevati, l'appartamento ripulito con la candeggina, liberato e messo subito in affitto, senza la presenza e l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria. «Solo due giorni dopo la morte - si legge nell'articolo - si è persa qualunque possibilità fisica di ricostruire le circostanze nelle quali è morto l'italiano». Sarebbero stati prelevati soldi in contanti, carte di credito, passaporti, una macchina fotografica, materiale informatico, diverse agende e alcune fotografie.

Sempre secondo la giornalista, subito dopo il ritrovamento del corpo da parte di un funzionario dell'Onu, che ha dato l'allarme dopo 30 minuti, la Missione ha ordinato agli altri cooperanti presenti a San Vicente di spostarsi a Florencia, capoluogo del Dipartimento del Caquetá.
 

La famiglia non ha mai creduto all'ipotesi del suicidio, Mario, che aveva un biglietto in tasca per tornare a casa, era apparso molto preoccupato per aver scoperto qualcosa, l'aveva detto ai suoi genitori ed era deciso a tornare a casa. Il suo rientro era previsto poche ore. «È un'offesa per noi sentir dire che mio figlio si sia suicidato. Un'offesa oltre il dolore indicibile - ha dichiarato Anna Motta, la mamma di Mario - Ce l'hanno ammazzato e noi non ci arrenderemo finché non avremo giustizia.
E lo Stato deve aiutarci. Mario era un ragazzo meraviglioso». 

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