Covid, la mappa del virus: ecco le Regioni dove il rischio è più alto (e cosa potrebbe cambiare)

Covid, la mappa del virus: ecco le Regioni dove il rischio è più alto (e cosa potrebbe cambiare)
Covid, la mappa del virus: ecco le Regioni dove il rischio è più alto (e cosa potrebbe cambiare)
di Raffaele Alliegro
Mercoledì 10 Febbraio 2021, 12:58 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 15:17
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Sedici regioni gialle, tre arancioni, nessuna rossa. Ma anche una miriade di microzone rosse dove si teme un'impennata dei contagi per le mutazioni del virus. E tre Regioni-Province autonome classificate a rischio alto dall'Istituto superiore di sanità. La mappa del virus in Italia è sempre più articolata, con zone che cambiano colore in relazione all'aumentare o al diminuire del pericolo e piccole aree dove il virus circola di più e si creano mini focolai.

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Cominciamo dalle macrozone. In area gialla, fa sapere il sito web del governo, troviamo Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. In area arancione ci sono la Provincia Autonoma di Bolzano, la Puglia, la Sicilia e l'Umbria. Ma la Puglia da domani cambierà colore: tornerà in area gialla a partire dall'11 febbraio.

Per quanto riguarda invece la classificazione del rischio, ecco cosa emerge dal monitoraggio della Cabina di regia dell'Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute sui dati del periodo che va dal 25 al 31 gennaio: «Sono tre le Regioni-Province autonome (Bolzano, Puglia e Umbria) con una classificazione di rischio alto (era una la settimana precedente), undici (Abruzzo, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Molise e Toscana) con rischio moderato (di cui il Molise ad alto rischio di progressione nelle prossime settimane), e sette (Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Veneto) con rischio basso».

 

Le zone rosse

L'irrompere delle varianti del virus sul fronte della lotta alla pandemia, ha tuttavia fatto alzare il livello di attenzione in alcune zone più piccole che sono state colorate di rosso. L'ombra delle mutazioni si è allungata su parte dell'Umbria e in altre zone del Molise e della Puglia. E si sono moltiplicati i lockdown locali nel timore che le versioni più contagiose e meno conosciute del virus dilaghino come nel Regno Unito.

Sono dunque in lockdown Perugia e provincia, sei comuni del Ternano e diversi piccoli centri del Basso Molise. A Chiusi (Siena), zona rossa fino al 14 febbraio per l'aumento dei casi, è partito, con oltre cinquemila prenotati su ottomila abitanti, lo screening di massa. In provincia di Terni invece i comuni inseriti in zona rossa protestano, a partire da quello di Amelia, sostenendo che i casi non sarebbero tanto numerosi da giustificare una misura così drastica. Ma anche in Molise è scattato l'allarme: la Regione ha disposto la zona rossa in 27 comuni, compreso quello di Termoli.

Insomma, bisogna restare vigili. Secondo il matematico Giovanni Sebastiani, del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac), «con 17 Regioni-Province autonome in giallo, il fenomeno del “liberi tutti” dello scorso fine settimana, la diffusione delle nuove varianti con più alta trasmissibilità e le condizioni ideali in questo periodo dell'anno per la circolazione del virus, è molto probabile che la traiettoria evolverà verso un aumento dei positivi». A livello regionale, dice ancora Sebastiani, «ci sono aree dove la curva della percentuale dei positivi nelle ultime due settimane ha un trend in aumento, come la provincia di Bolzano, la Campania, l'Emilia Romagna, il Piemonte e la Toscana. Anche la curva delle terapie intensive nelle ultime due settimane per Abruzzo, Bolzano, Puglia, Umbria e Valle D'Aosta mostra un trend in aumento». E una situazione analoga nell'ultima settimana, conclude, si osserva in Calabria, Molise e Toscana.

Intanto l’Associazione Concessionaria dei Giochi Pubblici (Acadi – Confcommercio) durante un’audizione presso la Commissione parlamentare Antimafia lancia l'allarme per le chiusure prolungate del gioco pubblico che «favoriscono la criminalità». «L’emergenza Covid ha determinato il blocco delle attività del gioco pubblico per oltre 8 mesi su 14 dall’inizio del 2020 a oggi. Le chiusure sono andate a colpire un comparto che costituisce un autentico presidio di legalità - spiega Geronimo Cardia, Presidente di Acadi - Le reti distributive dei giochi pubblici operano infatti tramite i sistemi informativi dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che consentono il controllo antiriciclaggio non solo sugli operatori, ma anche in particolare sulle attività di gioco ad esempio delle video lotterie (le cosiddette VLT), delle scommesse, con regole imposte al sistema concessorio, analogamente a quanto previsto per il sistema bancario. Il sistema assicura inoltre la tracciabilità dei flussi finanziari in entrata ed in uscita, e garantisce il pieno controllo, nell’ambito delle scommesse, utile al contrasto del cosiddetto ‘match fixing’, cioè evita la manipolazione dei risultati degli eventi sportivi da parte dei partecipanti, che – nelle scommesse regolamentate, registrate istantaneamente sui sistemi centrali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – emerge tramite il monitoraggio in tempo reale dei flussi di scommesse. Il sistema consente anche di produrre il patrimonio informativo disponibile per le autorità investigative tramite gli impianti di videosorveglianza obbligatori. Tutto ciò viene meno con il blocco delle attività. Occorre ricordare che nel 2019 il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, riguardo i ricavi da gioco, spiegava che ‘il volume dell’illegale in Italia è valutato intorno ai 20 miliardi l’anno’. Anche l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha sottolineato che ‘Il gioco illegale, secondo alcune stime, per volume è paragonabile al gioco legale’».

«L’impatto sui livelli occupazionali, in un settore che coinvolge oltre 150mila famiglie, è enorme. Allo stesso tempo la reiterata e totale interruzione delle attività sta incrementando esponenzialmente il rischio di riduzione del perimetro di legalità, favorendo la proliferazione di attività illegali. Gli operatori di dimensioni minori si trovano inoltre sempre più spesso in condizioni di pericolosa prossimità con l’usura. Le imprese più in difficoltà potranno diventare preda di infiltrazioni criminali, con sostituzione degli imprenditori con mandatari della criminalità. Gli effetti di tali dinamiche rischiano di diventare insostenibili a più livelli, considerando che il settore del gioco pubblico assicura alla casse dello Stato un gettito erariale pari a oltre 11 mld l’anno. Appare quindi sempre più urgente la riapertura delle attività, utilizzando i protocolli sanitari già disponibili che garantiscono assoluta sicurezza ai lavoratori e agli utenti», conclude Cardia.

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