«Se potessi ripartire da zero non cambierei il mio destino», l'alpino Luca Barisonzi ricorda l'attentato di nove anni fa in Afghanistan

«Se potessi ripartire da zero non cambierei il mio destino», l'alpino Luca Barisonzi ricorda l'attentato di nove anni fa in Afghanistan
di Ebe Pierini
Sabato 18 Gennaio 2020, 20:36
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Era il 18 gennaio del 2011. Erano entrambi di guardia a cop Highlander, un piccolo avamposto italiano nella valle del Murghab, in Afghanistan. Vennero avvicinati da un uomo che indossava una divisa dell’esercito afghano che fece fuoco contro di loro. Luca Sanna morì sotto i colpi dell’attentatore. Luca Barisonzi venne colpito da due colpi di arma da fuoco all’altezza della clavicola riportando la lesione di una vertebra cervicale e di una toracica. Due soldati della 6^ compagnia dell’8° reggimento alpini ma prima di tutto commilitoni legati da un affetto fraterno, quello che unisce coloro che condividono i pericoli di una missione così difficile, affrontano insieme le fatiche quotidiane, si proteggono a vicenda, rischiano ogni giorno la vita gomito a gomito. Come Luca Sanna e Luca Barisonzi. Il primo dall’Afghanistan è tornato in una bara avvolta nel tricolore. Il secondo è tornato con una vita stravolta. A causa dell’incidente è rimasto tetraplegico. I medici gli dissero che avrebbe mosso solo la testa. Lui, cocciuto come gli alpini sanno essere, ha fatto molto di più. Ha sposato la sua amata Sarah, è diventato papà di Bianca che quest’anno compirà 4 anni, ha scalato il Monte Rosa in sedia a rotelle e fa parte del Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa. Come ogni anno questa ricorrenza riapre in lui quella profonda ferita. A nove anni di distanza da quel giorno Luca ha deciso di affidare a un post su Facebook il ricordo per l’amico scomparso. Un messaggio che commuove, che colpisce per la sua crudezza ma anche per la sua profonda dolcezza. «Non sono più lo stesso – scrive l’alpino Barisonzi -  Nessuno di noi lo è più dopo quei mesi trascorsi in Afghanistan passati in una base avanzata, dove il lusso più grande era potersi fare una doccia calda e arrivare a fine giornata senza che ti avessero sparato addosso almeno una volta. Ognuno di noi avrebbe comunque lasciato qualcosa di sè in quei posti, ma quando le cose si mettono male sono concretamente parti di te che ti vengono strappate e gettate a terra, tra la sabbia. Forse sarai comunque così fortunato da poter rivedere casa, ma nonostante ciò non ci tornerai mai più completamente. Passano gli anni e ne sono trascorsi 9 da quel 18 gennaio. Ho già detto molto, eppure avrei tanto ancora da raccontare, di quei mesi, dei luoghi, degli uomini e delle donne che erano lì, di Luca Sanna. Ci sono momenti in cui mi è difficile mettere ordine nella mia testa, dovendo fare a meno di quei pezzi di me lasciati tra la sabbia, nel paese degli aquiloni. Ma è proprio in quei momenti, che cerco le persone con cui ero laggiù, e grazie a cui ritrovo le parti più intime e vere di me stesso e mi sento al sicuro. È un legame che forse risulta impossibile da spiegare con le parole; ci ho provato più volte, ma spesso penso che soltanto chi ha messo la propria vita nelle mani dell’uomo che è al suo fianco può capire di cosa sto parlando. In questo giorno, io ricordo, e ripenserò a noi, ai momenti trascorsi insieme a Luca – conclude - Se potessi ripartire da zero, seppure fossi consapevole che certe scelte mi porteranno a vivere in carrozzina, non cambierei il mio destino. Tornerei e torneremmo, lo so, lontano da casa, in mezzo a sabbia, fame freddo stanchezza e proiettili pur di essere ancora una volta tutti insieme». 
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