Al Baghdadi, Trump e Usa 2020: se la morte di un terrorista diventa un dramma della politica

Al Baghdadi, Trump e Usa 2020: se la morte di un terrorista diventa un dramma della politica
di Luca Marfé
Lunedì 28 Ottobre 2019, 18:00
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Al Baghdadi è morto.

«Dannazione!» sembra quasi strillare l’America democratica che grida oramai qualsiasi cosa purché sia contro Trump.
E «Dannazione!» non perché l’opposizione sia impazzita di colpo di antipatriottismo, ma assai più banalmente perché la vittoria contro l’Isis rischia di convertirsi nell’ennesimo tassello della sconfitta 2020.

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Dopo tanti falsi allarmi, il terrorista più ricercato al mondo questa volta è caduto per davvero e, panico, il presidente può fregiarsene sotto gli occhi del mondo intero.

Per quanto macabra, dentro e fuori dalle mura della Casa Bianca, una sorta di festa nazionale.
Una festa che tuttavia a sinistra assume i connotati di un vero e proprio dramma della politica.



«Non finisce qui», «Al Baghdadi è morto, l’Isis no», «Il califfato a un punto di svolta, pronto a rinascere».

I titoli di una certa stampa liberal si rincorrono e si accavallano quasi fossero speranze, da cui trapela, malcelata, la speranza di mettere all’angolo un tycoon che non si capisce nemmeno bene più contro chi dovrebbe battersi.

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Di sicuro, contro la narrazione ad oltranza dell’impeachment, rilanciata giusto in queste ore nel tentativo di offuscare il traguardo tagliato da intelligence e amministrazione.

Ai dem, però, servirebbe anche un candidato credibile.
Possibilmente, con una certa fretta.



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